Qualche giorno fa Libera mi ha segnalato la diffusione di una campagna internet contro Gardaland a fronte di un comportamento poco chiaro ripetutamente tenuto dai responsabili del parco nei confronti di persone disabili.
Tante campane risuonano su internet a tal proposito, su questo tema in rete esiste di tutto: testimonianze di diversi episodi simili, attacchi ad oltranza alla struttura, teorie e polemiche sul concetto di sicurezza, commenti sconsolati sulla diffidenza strisciante e sul conseguente apartheid nei confronti di chi soffre della sindrome di Down.
In rete si trova di tutto, dicevo, tranne una spiegazione chiara. Nel senso che non sono riuscita a trovare una risposta esplicita da parte dei responsabili di Gardaland al di là di frasi in burocratese del tipo "abbiamo rispettato gli obblighi di legge". Ho cercato allora un documento ufficiale che mi chiarisse quali sono le normative di riferimento, come vengono applicate nel parco e come vengono comunicate al pubblico.
In sostanza, da regolamento esposto, da cartellonistica affissa all'ingresso di ogni attrazione e dalle indicazioni riportate sul depliant a guida del parco, esistono norme specifiche per ospiti con tipologie di disabilità comportamentale e intellettiva (e mi piacerebbe aprire un ragionamento sulla definizione di "ospite" e di "disabilità intellettiva", ma poi il discorso si fa troppo lungo), così come per "ospiti" su sedia a rotelle, con problemi di vista o di udito, con protesi agli arti, affetti da epilessia o da cardiopatie.
Questo in linea di massima, oltre naturalmente a rispettare (come da risposta ufficiale) un obbligo di legge ed a minimizzare comunque le responsabilità della società in caso di incidenti, credo sia anche una forma importante di tutela per le persone che potrebbero avere difficoltà non solo a godere pienamente della singola attrazione ma soprattutto, nel caso si verificassero davvero guasti od incidenti, ad abbandonarla facilmente ed in totale sicurezza.
Si tratta in fin dei conti di buon senso, per quel che credo io, non di volontà discriminatorie, esattamente come ad esempio il divieto di accesso ad alcune giostre per i bambini alti meno di un metro, e penso che, per quanto possa essere amaro prenderne atto, nessuno se ne debba scandalizzare.
Diciamo che probabilmente sarebbe più cortese spiegare con maggiore chiarezza le motivazioni di alcune restrizioni in modo da evitare fraintendimenti. E fino a qui ci siamo, perché si resta nella teoria. Ma poi si arriva alla pratica, cioè all'applicazione del detto regolamento da parte di operatori che forse non sono stati adeguatamente formati con direttive operative chiare e condivise.
Perché se una persona in carrozzella o più bassa di un metro è facilmente identificabile come appartenente ad una delle categorie che prevedono delle limitazioni all'accesso di alcune attrazioni, per quanto riguarda un polpaccio artificiale coperto da un pantalone oppure una predisposizione ad attacchi epilettici... chi li sa distinguere così, a prima vista? E gli operatori dunque vanno a naso. O meglio: vanno a occhio.
Sotto la dicitura " tipologie di disabilità comportamentale e intellettiva" vengono infatti raggruppati differenti tipi di problemi, senza considerare che chi ha disturbi anche gravi del comportamento a causa di patologie mentali può avere un aspetto assolutamente rassicurante, chi invece è affetto da sindrome di Down sembra dichiarare con i propri tratti somatici chissà quali enormi e pericolose disabilità intellettive, quando sappiamo bene che non è per forza così.
Del problema della "discriminazione somatica" si parla con molto equilibrio in un post di Antonella su AT 21, blog sempre segnalatomi da Libera e che con lei ha lanciato la raccolta speziale di qualche settimana fa. Rimando a quel testo per l'approfondimento di un tema che conosco troppo in superficie per discettarne con coscienza.
La riflessione che mi sento di fare io in realtà va oltre slogan ritriti che ho letto spesso, tipo che i limiti per un portatore di handicap non sono dati dalle sue condizioni psicofisiche ma dai preconcetti delle persone che si relazionano con lui, oppure che è più facile vietare che venire incontro alle esigenze di chi più essere una differenza dallo standard e dunque un "fastidio".
Mi chiedo semplicemente perché in sostanza non sia stato ancora identificato uno strumento operativo pratico ed univoco che permetta al responsabile della sicurezza di ciascuna attrazione di lavorare davvero nel rispetto degli interessi e delle sensibilità di tutti.
Si potrebbe semplicemente agire a monte, all'ingresso proprio del parco, prima che i "disabili" si trovino davanti ad un'attrazione che non è consigliabile per loro e che è doloroso vedersi negare all'ultimo, magari dopo una lunga attesa in coda. Forse un certificato medico o l'accompagnamento di una persona responsabile potrebbero essere presentati e verificati all'ingresso del parco per chi soffre di disabilità nascoste, sindrome di Down compresa.
Non mi sembra che la cosa possa rivelarsi avvilente per "gli ospiti". Si tratterebbe per il pubblico di presentare semplicemente un documento, un po' come serve la carta d'identità per i film vietati ai minori o il certificato medico per iscriversi in palestra.
In effetti il parco ha uno sportello di ingresso dedicato agli "ospiti con disabilità", dunque si potrebbe formare quell'operatore specifico (magari selezionandolo anche in base a studi legati a medicina e affini) in modo che sappia accertare le dovute "garanzie" e consigliare cosa è adatto o meno ad ogni singolo caso, magari dotando anche le persone di un bracciale di un certo colore o di una tessera che il controllore di ogni attrazione sappia decodificare.
Oppure, se formare professionalmente gli addetti all'ingresso specializzato risulta complesso (o troppo oneroso...?!) e lascia comunque spazio ad un certo grado di arbitrarietà, quello stesso sportello potrebbe rilasciare un libretto informativo completo che specifichi per ogni attrazione i pericoli reali per ogni patologia, in modo da aiutare l'accompagnatore nella selezione delle giostre da proporre al suo compagno prima ancora di avvicinarcisi.
Ovvio, il problema continuerebbe a porsi per chi è consapevole di una propria patologia e volutamente la cela, ma questa è una difficoltà che affronta qualsiasi struttura pubblica e privata aperta al pubblico. E di solito non è certo creata da persone con sindrome di Down o dai loro accompagnatori.
Se le mie considerazioni sono utopistiche... forse i responsabili di Gardaland potrebbero semplicemente volgere lo sguardo alla concorrenza. Inutile passare il confine, dove le leggi e le coscienze possono essere differenti, basta verificare come mai in analoghi parchi italiani (tipo Mirabilandia, che molti citano come esempio positivo) le limitazioni sono molto minori ed in ogni caso suggerite e non imposte.
Dato che anche gli altri parchi ovviamente rispettano in pieno le normative italiane in tema di sicurezza e di certo tutelano pure i propri interessi nel prevenire possibili contenziosi... che trucco useranno mai per riuscire ad essere più garbati e rispettosi dei diritti e dei doveri di tutti? Magari qualche dirigente di Gardaland potrebbe farsi suonare questo campanello in testa e porsi questa domanda per cercare risposte operative differenti dal "seguiamo solo le leggi".
Dai fatti narrati sembra che l'attenzione alla disabilità a Gardaland si limiti a qualche cartello di divieto ed all'offerta dell'ingresso gratuito, giustamente concesso a chi si rivolge al famoso sportello dedicato presentando i dovuti certificati. Non metto in dubbio che tutto ciò possa essere rispettoso della legge, forse nessuno dei dirigenti finora si è posto il problema che il rispetto è dovuto anche alle persone. Che si tratti di disabili, di accompagnatori e pure di operatori che stanno in prima linea senza corretti strumenti di lavoro.
Non me la sento sinceramente di utilizzare il banner "boicotta Gardaland" come molti fanno e come forse dovrei, se seguissi la logica che per muovere le cose servono solo azioni di forza. Credo purtroppo ancora che dovrebbero bastare le parole. E quando la legge italiana parla di rispetto credo che vada intesa così: rispettare le regole dovrebbe essere funzionale proprio a rispettare le persone.
Se questo campanello suonasse nella testa dei dirigenti di Gardaland probabilmente non solo migliorerebbero di molto i servizi offerti dalla loro struttura, ma dimostrerebbero la straordinaria capacità imprenditoriale di risolvere un problema concreto in modo efficace ed efficiente. Lo trasformerebbero in effetti in un valore aggiunto, ribaltanto così l'immagine attuale della loro azienda da maldestra, imprecisa ed insensiblile ad esempio di rispetto ed intelligenza in tema di diversità.
Mi accorgo rileggendo che ho usato spesso la parola "semplicemente" nel proporre soluzioni pratiche e veloci al problema. Chissà se potrebbe davvero essere così semplice... In attesa comunque che risuonino questi famosi campanelli offro a Libera, ad Antonella e a tutti i loro amici speziali una piccola consolazione golosa.
E' una delle pochissime ricette che ho imparato in famiglia, per la precisione dalla mia nonna veneta, che ha smesso di lavorare dopo gli ottant'anni e da lì ha cominciato a dedicarsi di più alla cucina, scoprendo ed utilizzando con grande gusto e perizia prodotti semilavorati o surgelati, frutta esotica, forno a microonde e varie amenità tipiche degli anni '80.
Chiamarla tarte tatin mi sembra esagerato, ne è una versione veloce e molto semplificata che per me è rimasta "la torta della nonna". Ciò spiega perché io abbia cominciato a cucinare strano fin da ragazzina...
Torta di mele rovesciata, un pochino tatin
ingredienti per 10/12 persone:
500 gr. di pasta sfoglia pronta
1 kg. di mele
100 gr. di mandorle a lamelle
100 gr. di zucchero
100 gr. di burro a temperatura ambiente
Distribuire il burro morbido sul fondo di una teglia che vada sia sul fuoco che al forno, grossomodo della stessa misura della sfoglia stesa, spalmarvelo in modo uniforme e distribuirvi sopra lo zucchero.
Sbucciare le mele, privarle del torsolo e tagliarle il 6 o 8 spicchi, adagiandolo nella teglia in modo ordinato a mano a mano che vengono pronti.
Mettere la teglia su fuoco basso, muovendola delicatamente ma senza mescolare fino a che lo zucchero si fonde e comincia a caramellare; quando è leggermente dorato spegnere, distribuirvi sopra le mandorle e lasciar raffreddare.
Stendere la sfoglia sopra le mele rimboccandola bene sui bordi in modo che rimangano un po' più spessi del resto e bucherellarne leggermente tutta la superficie con una forchetta.
Cuocere in forno statico a 200° o ventilato a 180° fino a che la superficie della sfoglia è dorata; ci vorranno dai 20 ai 30 minuti.
Capovolgere subito la torta su un piatto da portata e servire tiepida o fredda.
Se la torta rimane invece nella teglia, per sformarla la si deve passare di nuovo qualche minuto in forno o sulla fiamma per sciogliere caramello che altrimenti farebbe aderire le mele alla teglia.
Tante campane risuonano su internet a tal proposito, su questo tema in rete esiste di tutto: testimonianze di diversi episodi simili, attacchi ad oltranza alla struttura, teorie e polemiche sul concetto di sicurezza, commenti sconsolati sulla diffidenza strisciante e sul conseguente apartheid nei confronti di chi soffre della sindrome di Down.
In rete si trova di tutto, dicevo, tranne una spiegazione chiara. Nel senso che non sono riuscita a trovare una risposta esplicita da parte dei responsabili di Gardaland al di là di frasi in burocratese del tipo "abbiamo rispettato gli obblighi di legge". Ho cercato allora un documento ufficiale che mi chiarisse quali sono le normative di riferimento, come vengono applicate nel parco e come vengono comunicate al pubblico.
In sostanza, da regolamento esposto, da cartellonistica affissa all'ingresso di ogni attrazione e dalle indicazioni riportate sul depliant a guida del parco, esistono norme specifiche per ospiti con tipologie di disabilità comportamentale e intellettiva (e mi piacerebbe aprire un ragionamento sulla definizione di "ospite" e di "disabilità intellettiva", ma poi il discorso si fa troppo lungo), così come per "ospiti" su sedia a rotelle, con problemi di vista o di udito, con protesi agli arti, affetti da epilessia o da cardiopatie.
Questo in linea di massima, oltre naturalmente a rispettare (come da risposta ufficiale) un obbligo di legge ed a minimizzare comunque le responsabilità della società in caso di incidenti, credo sia anche una forma importante di tutela per le persone che potrebbero avere difficoltà non solo a godere pienamente della singola attrazione ma soprattutto, nel caso si verificassero davvero guasti od incidenti, ad abbandonarla facilmente ed in totale sicurezza.
Si tratta in fin dei conti di buon senso, per quel che credo io, non di volontà discriminatorie, esattamente come ad esempio il divieto di accesso ad alcune giostre per i bambini alti meno di un metro, e penso che, per quanto possa essere amaro prenderne atto, nessuno se ne debba scandalizzare.
Diciamo che probabilmente sarebbe più cortese spiegare con maggiore chiarezza le motivazioni di alcune restrizioni in modo da evitare fraintendimenti. E fino a qui ci siamo, perché si resta nella teoria. Ma poi si arriva alla pratica, cioè all'applicazione del detto regolamento da parte di operatori che forse non sono stati adeguatamente formati con direttive operative chiare e condivise.
Perché se una persona in carrozzella o più bassa di un metro è facilmente identificabile come appartenente ad una delle categorie che prevedono delle limitazioni all'accesso di alcune attrazioni, per quanto riguarda un polpaccio artificiale coperto da un pantalone oppure una predisposizione ad attacchi epilettici... chi li sa distinguere così, a prima vista? E gli operatori dunque vanno a naso. O meglio: vanno a occhio.
Sotto la dicitura " tipologie di disabilità comportamentale e intellettiva" vengono infatti raggruppati differenti tipi di problemi, senza considerare che chi ha disturbi anche gravi del comportamento a causa di patologie mentali può avere un aspetto assolutamente rassicurante, chi invece è affetto da sindrome di Down sembra dichiarare con i propri tratti somatici chissà quali enormi e pericolose disabilità intellettive, quando sappiamo bene che non è per forza così.
Del problema della "discriminazione somatica" si parla con molto equilibrio in un post di Antonella su AT 21, blog sempre segnalatomi da Libera e che con lei ha lanciato la raccolta speziale di qualche settimana fa. Rimando a quel testo per l'approfondimento di un tema che conosco troppo in superficie per discettarne con coscienza.
La riflessione che mi sento di fare io in realtà va oltre slogan ritriti che ho letto spesso, tipo che i limiti per un portatore di handicap non sono dati dalle sue condizioni psicofisiche ma dai preconcetti delle persone che si relazionano con lui, oppure che è più facile vietare che venire incontro alle esigenze di chi più essere una differenza dallo standard e dunque un "fastidio".
Mi chiedo semplicemente perché in sostanza non sia stato ancora identificato uno strumento operativo pratico ed univoco che permetta al responsabile della sicurezza di ciascuna attrazione di lavorare davvero nel rispetto degli interessi e delle sensibilità di tutti.
Si potrebbe semplicemente agire a monte, all'ingresso proprio del parco, prima che i "disabili" si trovino davanti ad un'attrazione che non è consigliabile per loro e che è doloroso vedersi negare all'ultimo, magari dopo una lunga attesa in coda. Forse un certificato medico o l'accompagnamento di una persona responsabile potrebbero essere presentati e verificati all'ingresso del parco per chi soffre di disabilità nascoste, sindrome di Down compresa.
Non mi sembra che la cosa possa rivelarsi avvilente per "gli ospiti". Si tratterebbe per il pubblico di presentare semplicemente un documento, un po' come serve la carta d'identità per i film vietati ai minori o il certificato medico per iscriversi in palestra.
In effetti il parco ha uno sportello di ingresso dedicato agli "ospiti con disabilità", dunque si potrebbe formare quell'operatore specifico (magari selezionandolo anche in base a studi legati a medicina e affini) in modo che sappia accertare le dovute "garanzie" e consigliare cosa è adatto o meno ad ogni singolo caso, magari dotando anche le persone di un bracciale di un certo colore o di una tessera che il controllore di ogni attrazione sappia decodificare.
Oppure, se formare professionalmente gli addetti all'ingresso specializzato risulta complesso (o troppo oneroso...?!) e lascia comunque spazio ad un certo grado di arbitrarietà, quello stesso sportello potrebbe rilasciare un libretto informativo completo che specifichi per ogni attrazione i pericoli reali per ogni patologia, in modo da aiutare l'accompagnatore nella selezione delle giostre da proporre al suo compagno prima ancora di avvicinarcisi.
Ovvio, il problema continuerebbe a porsi per chi è consapevole di una propria patologia e volutamente la cela, ma questa è una difficoltà che affronta qualsiasi struttura pubblica e privata aperta al pubblico. E di solito non è certo creata da persone con sindrome di Down o dai loro accompagnatori.
Se le mie considerazioni sono utopistiche... forse i responsabili di Gardaland potrebbero semplicemente volgere lo sguardo alla concorrenza. Inutile passare il confine, dove le leggi e le coscienze possono essere differenti, basta verificare come mai in analoghi parchi italiani (tipo Mirabilandia, che molti citano come esempio positivo) le limitazioni sono molto minori ed in ogni caso suggerite e non imposte.
Dato che anche gli altri parchi ovviamente rispettano in pieno le normative italiane in tema di sicurezza e di certo tutelano pure i propri interessi nel prevenire possibili contenziosi... che trucco useranno mai per riuscire ad essere più garbati e rispettosi dei diritti e dei doveri di tutti? Magari qualche dirigente di Gardaland potrebbe farsi suonare questo campanello in testa e porsi questa domanda per cercare risposte operative differenti dal "seguiamo solo le leggi".
Dai fatti narrati sembra che l'attenzione alla disabilità a Gardaland si limiti a qualche cartello di divieto ed all'offerta dell'ingresso gratuito, giustamente concesso a chi si rivolge al famoso sportello dedicato presentando i dovuti certificati. Non metto in dubbio che tutto ciò possa essere rispettoso della legge, forse nessuno dei dirigenti finora si è posto il problema che il rispetto è dovuto anche alle persone. Che si tratti di disabili, di accompagnatori e pure di operatori che stanno in prima linea senza corretti strumenti di lavoro.
Non me la sento sinceramente di utilizzare il banner "boicotta Gardaland" come molti fanno e come forse dovrei, se seguissi la logica che per muovere le cose servono solo azioni di forza. Credo purtroppo ancora che dovrebbero bastare le parole. E quando la legge italiana parla di rispetto credo che vada intesa così: rispettare le regole dovrebbe essere funzionale proprio a rispettare le persone.
Se questo campanello suonasse nella testa dei dirigenti di Gardaland probabilmente non solo migliorerebbero di molto i servizi offerti dalla loro struttura, ma dimostrerebbero la straordinaria capacità imprenditoriale di risolvere un problema concreto in modo efficace ed efficiente. Lo trasformerebbero in effetti in un valore aggiunto, ribaltanto così l'immagine attuale della loro azienda da maldestra, imprecisa ed insensiblile ad esempio di rispetto ed intelligenza in tema di diversità.
Mi accorgo rileggendo che ho usato spesso la parola "semplicemente" nel proporre soluzioni pratiche e veloci al problema. Chissà se potrebbe davvero essere così semplice... In attesa comunque che risuonino questi famosi campanelli offro a Libera, ad Antonella e a tutti i loro amici speziali una piccola consolazione golosa.
E' una delle pochissime ricette che ho imparato in famiglia, per la precisione dalla mia nonna veneta, che ha smesso di lavorare dopo gli ottant'anni e da lì ha cominciato a dedicarsi di più alla cucina, scoprendo ed utilizzando con grande gusto e perizia prodotti semilavorati o surgelati, frutta esotica, forno a microonde e varie amenità tipiche degli anni '80.
Chiamarla tarte tatin mi sembra esagerato, ne è una versione veloce e molto semplificata che per me è rimasta "la torta della nonna". Ciò spiega perché io abbia cominciato a cucinare strano fin da ragazzina...
Torta di mele rovesciata, un pochino tatin
ingredienti per 10/12 persone:
500 gr. di pasta sfoglia pronta
1 kg. di mele
100 gr. di mandorle a lamelle
100 gr. di zucchero
100 gr. di burro a temperatura ambiente
Distribuire il burro morbido sul fondo di una teglia che vada sia sul fuoco che al forno, grossomodo della stessa misura della sfoglia stesa, spalmarvelo in modo uniforme e distribuirvi sopra lo zucchero.
Sbucciare le mele, privarle del torsolo e tagliarle il 6 o 8 spicchi, adagiandolo nella teglia in modo ordinato a mano a mano che vengono pronti.
Mettere la teglia su fuoco basso, muovendola delicatamente ma senza mescolare fino a che lo zucchero si fonde e comincia a caramellare; quando è leggermente dorato spegnere, distribuirvi sopra le mandorle e lasciar raffreddare.
Stendere la sfoglia sopra le mele rimboccandola bene sui bordi in modo che rimangano un po' più spessi del resto e bucherellarne leggermente tutta la superficie con una forchetta.
Cuocere in forno statico a 200° o ventilato a 180° fino a che la superficie della sfoglia è dorata; ci vorranno dai 20 ai 30 minuti.
Capovolgere subito la torta su un piatto da portata e servire tiepida o fredda.
Se la torta rimane invece nella teglia, per sformarla la si deve passare di nuovo qualche minuto in forno o sulla fiamma per sciogliere caramello che altrimenti farebbe aderire le mele alla teglia.
- rivoli affluenti:
- per tutti gli aggiornamenti della vicenda e per altri approfondimenti sul tema della sindrome di Down il blog di Antonella
- per iniziative di sensibilizzazione in rete le indicazioni sul blog di Libera.
Grazie :-)
RispondiEliminaSono semplicemente d'accordo con quanto hai espresso in maniera così equilibrata...
RispondiEliminaciao loredana
Hai espresso la tua opinione su un argomento ostico mantenendo equilibrio e stile esprimendo un punto di vista che a mio parere è condivisibile punto per punto. Riprendendo un mio compaesano (Giobbe Covatta) a volte "Basta poco, che cè vo!".
RispondiEliminaPS
Un dolce?? tutto ok??
Mancavo qui da un pò appena posso vado anche a ritroso...devo aspettarmi ganache e coperture fondenti?! :P ahahhhaah
@libera: e de che?
RispondiElimina@loredana: speriamo davvero che il parlarne serva a cambiare qualcosa...
@gambetto: sai, a noi può sembrare un parere equilibrato ma bisogna vedere che ne pensa chi è davvero coinvolto da questi disagi.
A ritroso in verità trovi cioccolato col coniglio. Però anche biscotti ai pinoli, volendo. Indubbiamente di recente ho un dente più dolce. Brutto segno...
Ciao, ho sentito Antonella e sembra che le "voci" siano arrivate a destinazione e che qualcosa stia per cambiare...:-)
RispondiEliminaAllora...non sai come é difficile formare le persone su questi temi.
RispondiEliminaScisa se faccio un confronto con una patalogia cosí innocua come la celiachia: ma se fior di chef, personale di sala che viene regolarmente formato non riesce a imparare cosa é la celiachia e preferisce non darti da mangiare, ossia offrirti il nulla assoluto, immaginati cosa succede per altre disabilitá o malattie ben piú gravi.
E' un problema complesso di formazione, cultura e valori..un mix micidiale.
L'unica cosa..resistere, anche tirando qualche cannonata.magari ci sono effetti secondari, ma di sicuro il bersaglio lo centri.
Un dolce...sono preoccupata come Gambetto...stai bene ?..Oh a me é piaciuto tanto..
Bacioni
@libera: dai, stiamo a vedere se succede qualcosa davvero...
RispondiElimina@glu.fri: eppure se si riuscisse a comunicare meglio, quindi a formare meglio, "specializzando" anche solo un addetto o due per ogni struttura... Uno dei cuochi della brigata, per riferirmi al tuo esempio, come nel caso in esame si diceva il solo impiegato dello sportello specifico. Per dire: se il un ristorante il cameriere chiede il supporto del somelier per consigliare un vino perchè non può chedere a uno dei comis di cucina di uscire a spiegare cosa quel giorno è stato preparato per la clientela celiaca?
La formazione professionale è la base di qualsiasi alternativa lavorativa e relazionale dell'incerto futuro che ci aspetta. Come mai è tanto difficile capire (o investirci, fosre)questa csa che è ogni giorno sotto gli occhi di tutti?
Sì, sto intensificando la produzione di dolci, me ne accorgo. E un po' inorridisco pure...
E' estremamente difficile tracciare un confine netto tra la reale volontà di salvaguardia del disabile ed il desiderio di declinare ogni responsabilità per non essere coinvolti.
RispondiEliminaA scuola si assiste a cose che voi umani...
Leggendo i commenti ho visto che già Simonetta ti ha detto ciò che volevo scritverti anche io e mi astengo...
RispondiEliminaIo lavoro con le persone disabili e ti assicuro che i preconcetti sono tantissimi e a scuola proprio quelli che non "mostrano" una disabilità sono i meno considerati e i più maltrattati... Ma come gira il mondo?
Infine: anche io stupitissima di un dolce e rallegrata dalla tua frsae "ciò spiega perché io abbia cominciato a cucinare strano fin da ragazzina..." ! :DDD
@virò e @fantasie: preconcetti e diffidenze sono cose tristi ancor più nella scuola, dove il comportamento dei singoli adulti oltre a quello delle istituzioni funge anche da esempio formativo per i giovani. Posso comprendere alcuni impacci ed anche alcune paure dovuti alla scarsa conoscenza del problema, ma la reazione dovrebbe essere quella di informarsi meglio, non quella di scappare o di schermarsi con superficialità dietro la burocrazia.
RispondiEliminaSe le strutture non fanno formazione e nemmeno i singoli operatori sono interessati ad approfondire ovvio che il risultato continua ad essere purtroppo quello che vediamo.
Cara acquaviva, entro in questo "dialogo" con riluttanza...chi commenta spesso si spaccia per "socialmente impegnata" però poi nel piccolo è "discriminante". Il "falso buonismo imperversa" e fa "audience".
RispondiEliminaTu sei a conoscenza della "Raccolta speziale" ideata e tenuta da me, blogger controversa, scomoda e chi più ne ha ne metta.
Alla fine della raccolta, nonostante i miei appelli per avere l'indirizzo (o recapito) dove spedire il libro che Antonella (Trisomia 21) ci teneva a regalare e divulgare..beh, il deserto, a parte te e poche altre blogger si sono "degnate" di passare da lei anche a dirle "no, grazie", neanche Alessandra d MT ha risposto all'appello, pur essendo stata la mia forte spalla in questa iniziativa...poi lei parla di blog di serie A e di serie B, e parla dell'MTC per gli Amici...insomma, mi dispiace dirlo, ma tutto ed il contrario di tutto.
Tanta, troppa ippocrisia, mi sorge il dubbio che spesso la solidarietà sia un pretesto per scalare le classifiche...
Scusami se ho pubblicato questo commento, sei libera di cancellarlo e sei libera di cancellarmi dal blog roll, comunque tu sarai sempre una persona (e, credimi, l'ultima sulla quale avrei scommesso)che mi ha aiutata e sostenuta .."malgrado tutto".
Ti abbraccio e grazie...