Qualche giorno fa stavo preparando un post su un piatto giapponese che adoro e non sapevo come tradurne il nome in italiano. Al di là del significato specifico della parola chawanmushi, infatti, avrei voluto che il titolo della ricetta rendesse l'idea della consistenza specifica di questa "crema solida di uova" che racchiude piccoli bocconcini a sorpresa, ma non sapevo come fare.
Poi ho pensato che c'è una preparazione italiana che conosco bene e che ha la stessa consistenza: in Piemonte tutti la conoscono come bunet o bonet ma nel resto d'Italia definiremmo un budino al cacao ed amaretti. Senza entrare poi in disquisizioni sulle differenze tra budino e flan, sulla presenza o meno di farina nel "vero" budino eccetera, quel che mi importava era aver trovato una definizione per quella specifica consistenza: il chawanmushi si potrebbe raccontare come un "budino salato".
A questo punto probabilmente sembrerebbe logico continuare a parlare del chawanmushi... Sono giornate particolari queste però, in cui agisco d'impulso e concentro tutta la parte pensante delle mie energie nel sostenere una causa davvero impegnativa, che per sua intrinseca natura mi allontana dalla cucina e mi fa quasi sentire in colpa nel mangiare.
Sto ingegnandomi nell'inventarmi sostanze nutrienti ma liquide che possano essere interpretate come bevande, e dunque assunte da una persona in sciopero della fame senza venire meno ai suoi principi. Dopo il tè al latte di qualche giorno fa ci sono stati frullati di frutta fresca e zucchero diluiti con l'acqua minerale, brodini di pollo e verdura, latte caldo in cui ho sciolto biscotti frullati e cioccolato, una stracciatella passata al setaccio per lasciare qualche sostanza nel brodo anche in assenza di particelle solide...
Se continua così nell'arco di pochi giorni probabilmente dovremo chiedere a qualche medico dei consigli nutrizionali coerenti con la volontà di astenersi dal cibo che permettano però a questa persona di non subire danni fisici davvero pericolosi. Non è questa comunque la sede per approfondire il discorso, ho messo in calce il link al gruppo facebook nato attorno alla vicenda per chi fosse davvero interessato od avesse qualche consiglio utile per aiutare Alexandra.
Non parlo qui oggi dunque ne' di Giappone ne' di Varese, ma di quel dolce piemontese che ho trovato tanto affine per metodo di preparazione e consistenza finale al mio famoso "budino salato giapponese": il bunet. Perché quando si vivono stati d'animo un po' alterati la famiglia è uno dei pensieri che più ti confortano ed io una famiglia piemontese l'ho avuta davvero per un po'. E guarda caso è rispuntata proprio in questi giorni, con memorie affettuose e piccole golosità in dono.
Così mettendo insieme le riflessioni sulle consistenze con il bagnomaria del chawanmushi, gli amaretti piemontesi con tutte le mie recenti manipolazioni di biscotti frullati e cioccolato... il bunet mi si è come presentato da solo tra le mani. E mi ha aiutato a sentirmi più coccolata e meno impotente, avvolta dalla consistenza imprevista dell'abbraccio delle cose buone, che non cambiano nonostante tutto. E mi ha pure lasciato qualche cucchiaio di caramello profumato, da sciogliere nel frappè di fragole con cui riempire il termos di oggi...
Il bunet della mia (ex)-famiglia
ingredienti per 8 persone:
4 uova
250 gr. di zucchero
100 gr. di amaretti
50 gr. di cacao
500 ml. di latte
1/2 bicchierino di rum
Mettere da parte qualche amaretto per la decorazione e frullare il resto per ottenere una polvere fina. (*)
Accendere il forno a 180°statico e mettervi da subito una teglia con 2 dita di acqua ampia a sufficienza per contenere lo stampo del bunet.
Riempire lo stampo del bunet di acqua bollente e lasciarlo scaldare fino ad un momento prima dell'uso, svuotandolo ed asciugandolo poi perfettamente.
Fondere 100 gr. di zucchero a fuoco basso in un padellino e, quando ha un bel colore ambrato, versare il caramello nello stampo asciutto e caldo, ruotando il contenitore perché il caramello rivesta bene sia il fondo che i lati, consolidandosi leggermente. questa procedura eviterà che il dolce si attacchi alle pareti dello stampo.
Sbattere le uova con una frusta insieme al resto dello zucchero fino ad avere un composto liscio e ben amalgamato ma senza incorporare troppa aria.
Unire alle uova il cacao, la polvere di amaretti ed il rum mescolando con cura.
Scaldare il latte in un pentolino senza farlo bollire, spegnere prima che cominci a fremere e versarlo a filo, molto lentamente, nel composto di uova , rimestando continuamente, fino ad averlo incorporato tutto.
Versare il composto nello stampo caramellato, mettere lo stampo nella teglia di acqua bollente che è in forno e cuocere a bagnomaria circa 1 ora e 10. I tempi di cottura dipendono molto dallo stampo. Il mio è una cassetta da plumcake in alluminio pesante da 10 x 25 cm alta 6 cm., ma se si usa uno stampo più largo e basso il tempo di cottura si riduce a circa una cinquantina di minuti. La cosa importante è che l'acqua del bagnomaria non arrivi mai a bollore e che non superi in altezza 1/3 dello stampo del bunet, altrimenti il dolce non resterà compatto ma presenterà delle bollicine d'aria al suo interno.
Quando un coltello entra nel bunet uscendone quasi pulito il dolce è pronto: levare la coppia di teglie dal forno e lasciar raffreddare senza estrarre lo stampo dall'acqua. Coprire poi lo stampo piccolo con la stagnola e tenerlo in frigo almeno una notte, in modo che il bunet si assesti ed il caramello sul fondo torni a sciogliersi.
Al momento di servire rovesciare lo stampo su un piatto da portata e decorare con gli amaretti tenuti da parte, interi o sbriciolati grossolanamente.
Servire freddo oppure a temperatura ambiente, tagliando il bunet a fette spesse ed irrorandole con il caramello fuso raccolto dal piatto di portata e con quello che eventualmente rimane nello stampo.
(* la mia ex suocera piemontese, che apprezza particolarmente un bunet più aromatico, suggerisce di usare 120 gr. di amaretti frullati calcolando in più quelli per il decoro e di utilizzare liquore all'amaretto invece del rum)
Poi ho pensato che c'è una preparazione italiana che conosco bene e che ha la stessa consistenza: in Piemonte tutti la conoscono come bunet o bonet ma nel resto d'Italia definiremmo un budino al cacao ed amaretti. Senza entrare poi in disquisizioni sulle differenze tra budino e flan, sulla presenza o meno di farina nel "vero" budino eccetera, quel che mi importava era aver trovato una definizione per quella specifica consistenza: il chawanmushi si potrebbe raccontare come un "budino salato".
A questo punto probabilmente sembrerebbe logico continuare a parlare del chawanmushi... Sono giornate particolari queste però, in cui agisco d'impulso e concentro tutta la parte pensante delle mie energie nel sostenere una causa davvero impegnativa, che per sua intrinseca natura mi allontana dalla cucina e mi fa quasi sentire in colpa nel mangiare.
Sto ingegnandomi nell'inventarmi sostanze nutrienti ma liquide che possano essere interpretate come bevande, e dunque assunte da una persona in sciopero della fame senza venire meno ai suoi principi. Dopo il tè al latte di qualche giorno fa ci sono stati frullati di frutta fresca e zucchero diluiti con l'acqua minerale, brodini di pollo e verdura, latte caldo in cui ho sciolto biscotti frullati e cioccolato, una stracciatella passata al setaccio per lasciare qualche sostanza nel brodo anche in assenza di particelle solide...
Se continua così nell'arco di pochi giorni probabilmente dovremo chiedere a qualche medico dei consigli nutrizionali coerenti con la volontà di astenersi dal cibo che permettano però a questa persona di non subire danni fisici davvero pericolosi. Non è questa comunque la sede per approfondire il discorso, ho messo in calce il link al gruppo facebook nato attorno alla vicenda per chi fosse davvero interessato od avesse qualche consiglio utile per aiutare Alexandra.
Non parlo qui oggi dunque ne' di Giappone ne' di Varese, ma di quel dolce piemontese che ho trovato tanto affine per metodo di preparazione e consistenza finale al mio famoso "budino salato giapponese": il bunet. Perché quando si vivono stati d'animo un po' alterati la famiglia è uno dei pensieri che più ti confortano ed io una famiglia piemontese l'ho avuta davvero per un po'. E guarda caso è rispuntata proprio in questi giorni, con memorie affettuose e piccole golosità in dono.
Così mettendo insieme le riflessioni sulle consistenze con il bagnomaria del chawanmushi, gli amaretti piemontesi con tutte le mie recenti manipolazioni di biscotti frullati e cioccolato... il bunet mi si è come presentato da solo tra le mani. E mi ha aiutato a sentirmi più coccolata e meno impotente, avvolta dalla consistenza imprevista dell'abbraccio delle cose buone, che non cambiano nonostante tutto. E mi ha pure lasciato qualche cucchiaio di caramello profumato, da sciogliere nel frappè di fragole con cui riempire il termos di oggi...
Il bunet della mia (ex)-famiglia
ingredienti per 8 persone:
4 uova
250 gr. di zucchero
100 gr. di amaretti
50 gr. di cacao
500 ml. di latte
1/2 bicchierino di rum
Mettere da parte qualche amaretto per la decorazione e frullare il resto per ottenere una polvere fina. (*)
Accendere il forno a 180°statico e mettervi da subito una teglia con 2 dita di acqua ampia a sufficienza per contenere lo stampo del bunet.
Riempire lo stampo del bunet di acqua bollente e lasciarlo scaldare fino ad un momento prima dell'uso, svuotandolo ed asciugandolo poi perfettamente.
Fondere 100 gr. di zucchero a fuoco basso in un padellino e, quando ha un bel colore ambrato, versare il caramello nello stampo asciutto e caldo, ruotando il contenitore perché il caramello rivesta bene sia il fondo che i lati, consolidandosi leggermente. questa procedura eviterà che il dolce si attacchi alle pareti dello stampo.
Sbattere le uova con una frusta insieme al resto dello zucchero fino ad avere un composto liscio e ben amalgamato ma senza incorporare troppa aria.
Unire alle uova il cacao, la polvere di amaretti ed il rum mescolando con cura.
Scaldare il latte in un pentolino senza farlo bollire, spegnere prima che cominci a fremere e versarlo a filo, molto lentamente, nel composto di uova , rimestando continuamente, fino ad averlo incorporato tutto.
Versare il composto nello stampo caramellato, mettere lo stampo nella teglia di acqua bollente che è in forno e cuocere a bagnomaria circa 1 ora e 10. I tempi di cottura dipendono molto dallo stampo. Il mio è una cassetta da plumcake in alluminio pesante da 10 x 25 cm alta 6 cm., ma se si usa uno stampo più largo e basso il tempo di cottura si riduce a circa una cinquantina di minuti. La cosa importante è che l'acqua del bagnomaria non arrivi mai a bollore e che non superi in altezza 1/3 dello stampo del bunet, altrimenti il dolce non resterà compatto ma presenterà delle bollicine d'aria al suo interno.
Quando un coltello entra nel bunet uscendone quasi pulito il dolce è pronto: levare la coppia di teglie dal forno e lasciar raffreddare senza estrarre lo stampo dall'acqua. Coprire poi lo stampo piccolo con la stagnola e tenerlo in frigo almeno una notte, in modo che il bunet si assesti ed il caramello sul fondo torni a sciogliersi.
Al momento di servire rovesciare lo stampo su un piatto da portata e decorare con gli amaretti tenuti da parte, interi o sbriciolati grossolanamente.
Servire freddo oppure a temperatura ambiente, tagliando il bunet a fette spesse ed irrorandole con il caramello fuso raccolto dal piatto di portata e con quello che eventualmente rimane nello stampo.
(* la mia ex suocera piemontese, che apprezza particolarmente un bunet più aromatico, suggerisce di usare 120 gr. di amaretti frullati calcolando in più quelli per il decoro e di utilizzare liquore all'amaretto invece del rum)
- rivoli affluenti:
- per saperne di più sulla vicenda di Alexandra e contribuire con consigli alla soluzione del problema (o almeno alla conservazione della sua salute): Varese per Alexandra
- AGGIORNAMENTO: Alexandra sarà ospite di Piazza Pulita stasera, giovedì 5 aprile, alle 21 su La 7 e andrà in onda un servizio sul suo caso venerdì 6 alle 17 a La Vita in Diretta su Rai 1.
..ma allora senza saperlo, un chawanmushi l'ho fatto pure io... con finocchi, mandorle e zafferano! Anche se direi che proprio giapponese non è! Meglio aspetto a vedere la tua versione salata, per adesso rimango attaccata a questo bunet che potrei mangiarne all'infinito... ma mi sento in colpa soltanto a pensarlo, sapendo di Alexandra e la sua crociata e il destino che "s'incapunisce"...
RispondiEliminabaci a te e ad Alexandra
Potresti preparare un frullato con i sapori del bunet per Alexandra, così sarà un po' come se ne avesse mangiato una fetta anche lei, insieme a noi :-)
RispondiEliminaIncrocio le dita e spero davvero che qualcuno possa risolvere i suoi problemi!
Leggo i tuoi post successivi a quello di Alexandra con uno stato di sospensione per sapere (e sperare) di qualche piccolapositiva svolta. Che tu sia una persona eccezionale non v'è dubbio, che tu abbia bisogno a tua volta di essere supportata è un dato di fatto constatabile dal Bunet che oggi ti fa attraversare le tue passioni orientali sulla tangenziale che dalla proprie inclinazioni ti porta direttamente al concreto di un problema.
RispondiEliminaDita incrociate per Alexandra!
@mai: dovrei imparare da te l'efficacia del tuo italiano fantastico! Mi sento in colpa anch'io, sarà per quello che in questi giorni cucino poco e solo cose semiliquide... La prossima comunque è la ricetta del chawanmushi vero.
RispondiElimina@muscaria: perchè, cosa credi che fosse il terzo termos? Cioccolata calda con sciolta dentro polvere di amaretti!
@gambetto: guardati di nuovo Piazza Pulita su La 7 giovedì sera...
(PS: sappi che sto arrivando da quelle parti, tra un paio di settimane. E preparati: non ci verrò con un bunet...)
Ora si che mi preoccupo.... :P ahahahahahahah
RispondiEliminaChe tu sia una grande non avevo dubbi...non ho altro da aggiungere...
RispondiEliminaMi è venuto un dubbio "futile e banale": che tu fossi una grande...è così? Ma comunque anche sbagliando "tempo" rimani una grande ;-)
RispondiElimina@gambetto: appunto... Ti consiglierei di sentire direttamente chi di dovere, così combiniamo davvero un incontro filosofico-gastronomico tra Oriente ed Occidente
RispondiElimina@libera: senti chi parla... (parlò? parlerà? tanto vale lo stesso!)
anche io ho poastato il bonet del resto per una piemontese e'quasi dóbbligo.tanti auguri!
RispondiEliminaSembra veramente delizioso
RispondiElimina@lucy: grazie per la segnalazione, ora mi segno le varianti e la prossima volta lo preparo a modo tuo!
RispondiElimina@roberta: a dir la verità lo era anche... strano: io con i dolci non ci sono mai andata particolarmente d'accordo!
Ho letto della tua amica... Mi auguro che il suo sciopero della fame raggiunga lo scopo... Mi auguro per lei e per l'Italia tante cose...forse utopiche... Intanto applaudo chi ha il coraggio di lottare ...ed anche chi come te sostiene e supporta! ...nelle piccolecose si trova la vera grandezza... Brava!
RispondiElimina@terry: nelle piccole cose, hai ragione. Grazie per la solidarietà, speriamo che la sua protesta divenga tanto visibile da ottenere qualche risultato prima che il suo fisico si faccia davvero male.
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