Passa ai contenuti principali

nuove presenze

George disse che siccome il tempo non ci mancava, avrebbe colto l'occasione per prepararci una cenetta coi fiocchi. Disse che ci avrebbe dimostrato che cosa si poteva fare, anche accampati sul fiume, e propose che con le verdure e i resti del manzo freddo e tutti gli altri avanzi preparassimo uno stufato all'irlandese. 
Sembrava un'idea attraente. George raccolse la legna e accese il fuoco, io e Harris cominciammo a sbucciare le patate. Non avrei mai creduto che fosse tanto faticoso. L'impresa si rivelò la più impegnativa del genere da me mai affrontata. Cominciammo spensieratamente, si potrebbe quasi dire baldanzosamente, ma prima che avessimo finito di sbucciare la prima patata la nostra leggerezza era scomparsa. 
Più sbucciavamo e più buccia da togliere sembrava rimanere. Dopo averla tolta tutta, compreso ogni più piccolo nodo, della patata non restava niente, o perlomeno niente che valesse la pena di prendere in considerazione. George si avvicinò a guardarla: aveva le dimensioni di una nocciolina americana. Disse: "Oh, così non va! Ne buttate via troppo. Dovete raschiarle". 
Così le raschiammo, e fu ancora più faticoso che sbucciare. Hanno forme così straordinarie, le patate, tutte bitorzoli, protuberanze e cavità. Lavorammo senza sosta per 25 minuti pulendo quattro patate. Poi ci fermammo. Avremmo avuto bisogno del resto della serata per raschiare noi stessi.  
Non ho mai visto niente come la raschiatura di una patata per conciare un uomo da buttar via. Era difficile credere che il sudiciume che ci ricopriva dalla testa ai piedi provenisse da quattro patate soltanto. Ciò dimostra che cosa si riesce a fare con la parsimonia e l'attenzione. 
George disse che era assurdo mettere quattro patate in uno stufato irlandese, e quindi ne lavammo un'altra mezza dozzina o più, e le mettemmo nella casseruola con la buccia. Aggiungemmo anche un cavolo e un bel po' di piselli. George mescolò il tutto e dichiarò che c'era ancora molto spazio disponibile, quindi svuotammo le ceste alla ricerca di altri avanzi. 
C'erano mezzo pasticcio di maiale e un pezzo di lardo bollito e freddo, e li aggiungemmo. Poi George trovò mezza scatoletta di salmone e la vuotò nella pentola. Ci spiegò che era proprio quello il vantaggio dello stufato irlandese: ci si liberava di un sacco di avanzi. Pescai un paio di uova che si erano rotte nella cesta e misi anche quelle. Secondo George avrebbero addensato l'intingolo. Non ricordo tutti gli ingredienti, ma so che niente andò sprecato [...] 
Fu un grande successo, quello stufato irlandese. Credo di non aver mai apprezzato altrettanto un piatto. Aveva qualcosa di fresco e piccante. Il palato si stanca di sentire sempre i soliti sapori: ecco invece un piatto dall'aroma insolito, diverso da qualsiasi altro nutrimento al mondo.  
Ed era nutriente. Come disse George, era fatto di roba buona. I piselli e le patate sarebbero potuti essere un po' più cotti, ma eravamo tutti dotati di buone dentature, perciò la cosa rivestiva un'importanza secondaria; e in quanto al sugo, era una poesia... un po' troppo sostanzioso, forse, per uno stomaco debole, però nutriente.
Sto leggendo questo libro cercando di sopravvivere agli attacchi di risa che, per certi episodi narrati, si spingono fino alle lacrime. Ho in casa patate ma rinuncio a riprodurre quello stufato irlandese che immagino irripetibile, incastonato com'è nella storia della letteratura insieme alla scatoletta di ananas ed al panetto di burro in teiera di questo stesso viaggio lungo il Tamigi di tre gentiluomini inglesi di fine Ottocento.

Questo giugno niente Gran Bretagna per me se non attraverso le letture, e forse è anche meglio, viste le attuali torride temperature, che tutto potrebbero ispirare tranne stufati. Mi asciugo le lacrime e comincio a sbucciare le patate...

Mi accorgo che c'è del bello anche nel caldo eccessivo, nei pensieri sudati, nelle forze che mancano, nelle giornate che non finiscono più. E continuo a ridere tra me e me dei barcaioli improvvisati mentre le mie patate diventano giapponesi. Di colpo si alza un refolo d'aria che scompiglia le pagine del libro: è la porta d'ingresso che si apre.  


Jagaimo mochi - Schiacciatine giapponesi di patate

ingredienti per 8 pezzi:
3 o 4 patate medie (circa 500 gr.)
3 cucchiai di fecola di patate oppure di farina di grano duro (circa 35-40 gr.)
2 cucchiai di latte
1,5 cucchiai di salsa di soia
1,5 cucchiai di mirin (vino dolce di riso)
1 cucchiaino di semi di sesamo tostati
1 foglio di alga nori
1 cucchiaio di olio di arachidi
sale

Lavare, asciugare e  pelare le patate e tagliarle a cubotti di circa 2 cm.; tagliare l'alga nori in 8 rettangoli da circa 4 x 8 cm.

Mettere le patate in un tegame (meglio se antiaderente) che le contenga a misura in uno strato solo (indicativamente 20 cm. di diametro) e coprire a filo di acqua fredda.

Unire un pizzico di sale, coprire e portare a bollore l'acqua, dopo di che abbassare la fiamma e lasciar sobbollire, sempre coperto, per circa 12 minuti.

Scolare l'acqua, rimettere le patate nel tegame e farle asciugare a fuoco bassissimo, agitando il tegame in modo che non si attacchino al fondo e poi rimestando con le bacchette che comincino a spappolarsi. Ci vorranno 2 o 3 minuti.

Rovesciare le patate in una ciotola e terminare di schiacciarle grossolanamente con le bacchette o con il dorso di un cucchiaio, in modo da ottenere un purè irregolare. In alternativa a questo metodo tradizionale ci possono cuocere le patate con la buccia al microonde, lasciandole intere, disponendole a raggiera senza che si tocchino e cuocendole coperte a 900w per 6 o 7 minuti, quindi spellarle, tagliarle a pezzetti e poi schiacciarle.

Unire alle patate la fecola, il latte ed i semi di sesamo, se serve regolare di sale, mescolare bene e formare poi con l'impasto 8 polpettine uguali, tonde ed un po' schiacciate, a mo' di pancakes, lasciandole riposare poi una decina di minuti.

Scaldare l'olio in un ampio tegame e dorarvi le schiacciatine a fuoco medio per 3 o 4 di minuti da ogni lato, fino a che sono colorate in modo uniforme. Si tratta di un impasto abbastanza morbido, poco meno sodo di quello degli gnocchi di patate, meglio dunque maneggiare le schiacciatine con una spatola.

Miscelare il mirin alla soia e, quando le patate sono ben dorate, spegnere il fuoco e versare la miscela nel tegame, scuotendolo perché il liquido si distribuisca in modo uniforme e poi voltando le schiacciatine con la spatola perché si insaporiscano anche sull'altro lato. Alla fine il fondo del tegame deve rimanere perfettamente asciutto.


Servire le schiacciatine tiepide o a temperatura ambiente, accompagnate con i rettangoli di alga nori a parte, che serviranno per impugnarle e poterle mangiare con le mani.

  • rivoli affluenti:
  • irresistibilmente: Jerome K. Jerome, Tre uomini in barca (per non parlar del cane), 1889 (traduzione di Katia Bagnoli per Feltrinelli, 1997)
  • la ricetta delle schiacciatine giapponesi è una reinterpretazione di questa.

Commenti

  1. Buongiorno, come sempre qui tutto è pace, poesia, tranquillità e cose buone da mangiare.
    Darei una pentola di stufato per poter scrivere come te, spero davvero un giorno di rivedere quella meravigliosa giacchina verde :-)

    RispondiElimina
  2. Ciao! Mi imbatto nel tuo bellissimo blog alla ricerca di un piatto indiano, scavando nelle memorie di un lontano viaggio. Che meraviglia! Ti seguo :-)

    RispondiElimina
  3. @libera: non è detto che non accada, magari dalle tue parti, magari d'estate...

    @muchoperros: senti chi parla di blog interessanti... Abbiamo decisamente molto in comune. Bentrovata sul web, che anche se non sembra a volte ha anche un suo perchè.

    RispondiElimina
  4. Ciao!
    Partecipa al nostro contest online di Tigre: http://www.sorelleinpentola.com/2012/06/quel-buon-sapore.html

    RispondiElimina
  5. @chiara: grazie per l'invito, ho un luglio incasinatissimo e non sono sicura di riuscire ad essere operativa per tempo ma vengo senz'altro a curiosare.

    RispondiElimina
  6. Solo leggere questo pezzo sullo stufato irlandese che raccoglie ogni avanzo mi ha fatto voglia di correre a comprar il libro!!! ...segnompure queste schiacciatine troppo stuzzicanti!

    RispondiElimina
  7. @terry: vedrai che passerai qualche ora di sane risate, nonostante sia stato scritto più di cento anni fa...

    RispondiElimina
  8. Pero' quello stufato irlandese col salmone,le uova ed un po' di maiale avresti dovuto farlo...Niente Londra anche per me,e' la stagione dei monsoni li' e l'idea di passare un estate in stivali di gomma proprio non mi andava..Sento che queste schiacciatine entreranno a far parte della mia routine.
    A presto!

    RispondiElimina
  9. @edit.pilaff: hai ragione... che dire... aspetterò il clima adatto, cercherò un fiume con una barca vuota sopra e mi cimenterò. Mi mancano due amici e un cane però. Anzi: un amico e un cane, perchè tu non puoi non essere mia socia in cotale impresa, vero?!

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran...

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo ...

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,...

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento ...

peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m...

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz...

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!