E. viveva in un mondo tutto suo. Nel suo pulitissimo bilocale in un palazzone fuori città, con un marito lavoratore e gentile, due figli irruenti, le piccole incombenze quotidiane a farle compagnia quando i suoi uomini erano fuori, le bambole in costume sedute in fila sul letto e sul divano a parlarle di tempi e di luoghi che lei non avrebbe mai visto.
Non era facile. Le spese centellinate per far studiare i figli, la famiglia di origine davvero complicata, quella del marito forse di più, due bimbi in crescita da educare all'interno di un turbinio di tensioni.
Poco per volta le difficoltà avevano finito per intaccarla, sfilacciando nel tempo il suo legame con la realtà ed i rapporti con i figli ormai grandi, che inevitabilmente avevano lasciato casa appena terminata l'università.
Il marito poi in pensione, i ritmi più pacati, i figli gradualmente recuperati attraverso la distanza del telefono, le tensioni della vecchia famiglia allontanate dal tempo non erano stati sufficienti a ristabilire per lei un equilibrio. E. continuava a vivere nel suo mondo personale e a rielaborare la realtà attraverso uno sguardo altro, facendone un mondo magico.
Uno mondo fatto di foto, collage, pelouche e piccoli oggetti luccicanti sparsi per tutta casa, forse ad addomesticare ricordi altrimenti dolorosi. Un mondo fatto di fettine di vitella come unica carne ammissibile, forse perché da bambina una volta gliel'avevano preparata dopo una grave malattia e quindi "fa bene". Un mondo chiuso nel presepe pronto a metà ottobre perché i pastori "sono bellilli". E quest'anno "perché non so se arrivo a Natale".
L'ho conosciuta prima attraverso racconti altrui, poi grazie ai piccoli doni che ogni tanto mi faceva arrivare. Oggetti del suo genere, piccoli, decoratissimi e luccicanti. Impacchettati in carta colorata e ben bene avvolti nel nastro adesivo, perché la confezione non si aprisse per sbaglio rivelando la sorpresa prima del tempo.
Da quando l'ho incontrata di persona mi ha accolto sempre con un pranzo speciale: lo spaghetto a vongole, la vitella con piselli e una guantiera di paste. E per tutto il tempo, ogni volta, non ha mai smesso di parlarmi, di mostrarmi foto e disegni e lavoretti ed i cappottini confezionati ai figli quando erano bambini e la bambolina in abito da sposa sullo scaffale alto che è la più bella di tutte...
Mi ha dato accesso al suo mondo magico, costruito con pazienza e dolore usando tantissime cose piccole, carine, delicate, scintillanti, che riempivano gli occhi di tutto il bello che la vita non le aveva mai direttamente mostrato.
A Natale è arrivata, per un pelo. Poi l'ospedale se l'è presa, e ce l'ha restituita qualche giorno fa. In casa senza di lei tutti i suoi ninnoli hanno perso la magia ed è come se brillassero per conto loro, assopiti, nascondendoci la bellezza speciale che era dedicata solo ai suoi occhi.
L'importante è che continui ad essere visibile a lei, e che magari ora, da una differente prospettiva, E. possa vedere anche tutta l'altra bellezza di cui la sua vita è stata ricca: un marito devoto, dei figli speciali, dei parenti affezionati, dei vicini solidali, una salute accettabile fino a poco tempo fa. Soprattutto l'amore che ha lasciato nei cuori di molte persone, al di là di tutto, quando invece pensava di essere sola.
Purtroppo gli anni l'avevano resa cieca di dolore, il rifugio nel suo mondo magico era l'unico modo per lei di venire a patti con la vita. Così non me l'ha insegnata, la ricetta della vitella con piselli. La teneva certamente custodita nel forziere dei segreti come specialità da dedicare alle occasioni, come una pozione portata dalle sue mani nel mondo reale per renderlo un po' magico almeno per il tempo di un pranzo.
Provo oggi a ricostruirla, partendo da quella che credo fosse la ricetta d'origine a cui si riferiva lei e che poi ha semplificato: il capretto piselli e uova tipico della sua tradizione regionale in tempo di Pasqua. Nella sua versione scomparivano uova e formaggio, che io qui lascerei, sostituendo però la carne ovina con la vitella, come appunto faceva lei. Per me è un omaggio alle sua visione della vita a cui però voglio fortemente legare il bello/buono a cui si è inconsapevolmente costretta a rinunciare.
Il significato originale della parola Pasqua indica il "passaggio". L'altro giorno è veramente stata una giornata di passaggio: per lei che ha raggiunto un mondo di sola bellezza, per noi che siamo restati qui e facciamo i conti con i suoi ninnoli, i suoi segreti, l'eredità del suo amore viscerale e nascosto nei confronti di tutto ciò che, dal suo magico mondo a parte, non era tristemente in grado di vedere come reale.
Regolare se serve di sale, spolverizzare con il prezzemolo, volendo con altro pepe, distribuire in piatti molto colorati, se ci sono anche magici, e servire ben caldo, accompagnato con pane buono.
Non era facile. Le spese centellinate per far studiare i figli, la famiglia di origine davvero complicata, quella del marito forse di più, due bimbi in crescita da educare all'interno di un turbinio di tensioni.
Poco per volta le difficoltà avevano finito per intaccarla, sfilacciando nel tempo il suo legame con la realtà ed i rapporti con i figli ormai grandi, che inevitabilmente avevano lasciato casa appena terminata l'università.
Il marito poi in pensione, i ritmi più pacati, i figli gradualmente recuperati attraverso la distanza del telefono, le tensioni della vecchia famiglia allontanate dal tempo non erano stati sufficienti a ristabilire per lei un equilibrio. E. continuava a vivere nel suo mondo personale e a rielaborare la realtà attraverso uno sguardo altro, facendone un mondo magico.
Uno mondo fatto di foto, collage, pelouche e piccoli oggetti luccicanti sparsi per tutta casa, forse ad addomesticare ricordi altrimenti dolorosi. Un mondo fatto di fettine di vitella come unica carne ammissibile, forse perché da bambina una volta gliel'avevano preparata dopo una grave malattia e quindi "fa bene". Un mondo chiuso nel presepe pronto a metà ottobre perché i pastori "sono bellilli". E quest'anno "perché non so se arrivo a Natale".
L'ho conosciuta prima attraverso racconti altrui, poi grazie ai piccoli doni che ogni tanto mi faceva arrivare. Oggetti del suo genere, piccoli, decoratissimi e luccicanti. Impacchettati in carta colorata e ben bene avvolti nel nastro adesivo, perché la confezione non si aprisse per sbaglio rivelando la sorpresa prima del tempo.
Da quando l'ho incontrata di persona mi ha accolto sempre con un pranzo speciale: lo spaghetto a vongole, la vitella con piselli e una guantiera di paste. E per tutto il tempo, ogni volta, non ha mai smesso di parlarmi, di mostrarmi foto e disegni e lavoretti ed i cappottini confezionati ai figli quando erano bambini e la bambolina in abito da sposa sullo scaffale alto che è la più bella di tutte...
Mi ha dato accesso al suo mondo magico, costruito con pazienza e dolore usando tantissime cose piccole, carine, delicate, scintillanti, che riempivano gli occhi di tutto il bello che la vita non le aveva mai direttamente mostrato.
A Natale è arrivata, per un pelo. Poi l'ospedale se l'è presa, e ce l'ha restituita qualche giorno fa. In casa senza di lei tutti i suoi ninnoli hanno perso la magia ed è come se brillassero per conto loro, assopiti, nascondendoci la bellezza speciale che era dedicata solo ai suoi occhi.
L'importante è che continui ad essere visibile a lei, e che magari ora, da una differente prospettiva, E. possa vedere anche tutta l'altra bellezza di cui la sua vita è stata ricca: un marito devoto, dei figli speciali, dei parenti affezionati, dei vicini solidali, una salute accettabile fino a poco tempo fa. Soprattutto l'amore che ha lasciato nei cuori di molte persone, al di là di tutto, quando invece pensava di essere sola.
Purtroppo gli anni l'avevano resa cieca di dolore, il rifugio nel suo mondo magico era l'unico modo per lei di venire a patti con la vita. Così non me l'ha insegnata, la ricetta della vitella con piselli. La teneva certamente custodita nel forziere dei segreti come specialità da dedicare alle occasioni, come una pozione portata dalle sue mani nel mondo reale per renderlo un po' magico almeno per il tempo di un pranzo.
Provo oggi a ricostruirla, partendo da quella che credo fosse la ricetta d'origine a cui si riferiva lei e che poi ha semplificato: il capretto piselli e uova tipico della sua tradizione regionale in tempo di Pasqua. Nella sua versione scomparivano uova e formaggio, che io qui lascerei, sostituendo però la carne ovina con la vitella, come appunto faceva lei. Per me è un omaggio alle sua visione della vita a cui però voglio fortemente legare il bello/buono a cui si è inconsapevolmente costretta a rinunciare.
Il significato originale della parola Pasqua indica il "passaggio". L'altro giorno è veramente stata una giornata di passaggio: per lei che ha raggiunto un mondo di sola bellezza, per noi che siamo restati qui e facciamo i conti con i suoi ninnoli, i suoi segreti, l'eredità del suo amore viscerale e nascosto nei confronti di tutto ciò che, dal suo magico mondo a parte, non era tristemente in grado di vedere come reale.
Omaggio di vitella con piselli
ingredienti per 4 persone:
800 g di spezzatino di vitello a pezzi piccoli
200 g di piselli sgranati (qui surgelati)
200 g di piselli sgranati (qui surgelati)
1 cipolla
2 uova
1/2 bicchiere di vino bianco
80 g di parmigiano grattugiato
2 uova
1/2 bicchiere di vino bianco
80 g di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
2 cucchiai di olio extravergine
sale
2 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe bianco al mulinello
Tritare finemente la cipolla e appassirla nell'olio fino a
che diventa trasparente.
Levare la cipolla dal tegame, alzare il fuoco e nello stesso
condimento unire la carne e farla rosolare su tutti i lati.
Sfumare con il vino bianco, rimettere le cipolle nel tegame, salare ed unire 1 bicchiere
circa di acqua calda, quindi coprire e cuocere per circa 45 minuti, unendo un pochino di acqua se si dovesse asciugare troppo.
Unire quindi i piselli e cuocere 15 minuti a fuoco scoperto,
in modo da asciugare leggermente il fondo ma lasciare la carne bella morbida.
A parte sbattere le uova con il pecorino e una bella
macinata di pepe ed unire poi qualche cucchiaio del fondo di cottura.
Spegnere il fuoco, attendere un minuto quindi unire le uova
nel tegame e mescolare con vigore perché si amalgamino al fondo
formando una crema.
Regolare se serve di sale, spolverizzare con il prezzemolo, volendo con altro pepe, distribuire in piatti molto colorati, se ci sono anche magici, e servire ben caldo, accompagnato con pane buono.
- rivoli
affluenti:
- la ricetta tradizionale dell'agnello che ha ispirato E. avrebbe potuto essere simile a quella (con anche strutto, lardo, parmigiano e limone) che ho trovato in: Jeanne Caròla Francesconi, La vera cucina di Napoli. Alla scoperta delle ricette tipiche di una delle tradizioni gastronomiche più celebri d'Italia, 2002, Newton Compton, ISBN 88-8289-586-6.
la ricetta, anche se in secondo piano rispetto alla storia, non potrà che essere perfetta!
RispondiElimina@ilaria: sinceramente lo spezzatino così è davvero gustoso, ma il suo aveva dentro qualcosa...
RispondiEliminaUn racconto bellissimo toccante e umano e leggendo mi sembrava di vedere tutte le cose che descrivevi e "LEI" ferma nel suo tempo. Vengo qui da te si per le tue ricette ma anche per quello che precede che sono sempre scritti bellissimi e si sente l'amore e l'attenzione che dai alle tue righe.
RispondiEliminaLa ricetta...si non perdiamola di vista buona nella sua semplicità e quindi da provare e gustare pensando ad un passato necessariamente non al suo ma anche al proprio.
Un abbraccio carissima e grazie di tutto e buona giornata.
@edvige: grazie a te
RispondiEliminaCiao;
RispondiEliminaè bello; Il tuo sito! C'è molto da vedere e conoscere ... ho messo nei miei preferiti e mi sarebbe sicuramente.
Buona fortuna e lunga vita al vostro blog!