Avrei voluto pubblicare ieri questo post perché era l'11 marzo. Data che in Italia non dice niente a ma che è scritta con le lacrime nella memoria giapponese.
Il mio legame con il terremoto di quattro anni fa è personale per la circostanza che stavo vivendo quel giorno e, soprattutto, per il mio sentirmi un pochino nipponica inside. Quindi fatico a scordare. E come me tutte le persone che mi circondano e che hanno in qualche modo a che fare con il Giappone.
Ho assistito in questi anni a moltissime iniziative concrete per supportare la rinascita di aree davvero devastate e di un paio voglio parlare per bene appena avrò il tempo e la testa. Magari non per forza vicino all'11 marzo, intendo...
Perché un evento così non si ricorda solo il giorno dell'anniversario: ti entra nella pelle e fa parte del tuo vissuto quotidiano come qualsiasi altra cicatrice di cui porti i segni ogni giorno. E vale la pena in qualsiasi giorno dell'anno ricordare che esistono anche dei balsami che possono a volte alleviare la sofferenza.
Propongo oggi semplicemente una ricetta, delicata, minima, quasi defilata, che fonde in modo yoshoku una delle mie origini (il nonno francese!) con uno dei miei attuali mondi acquisiti. Una ricetta scura, silente, un po' shabby. Come l'umore che si vela ogni volta che ripenso a quanto accaduto.
Zuppa di cipolle yoshoku
ingredienti per 3 o 4 persone:
800 g di cipolle
2 cucchiai di tamari (salsa di soia senza frumento)
1 cucchiaio di olio di sesamo
1 pizzico zucchero di canna
1 cucchiaino di aceto di riso
1 ramettino di timo
1 cucchiaino di sesamo bianco tostato
Affettare sottili le cipolle e stufarle con in timo nell'olio di sesamo in un tegame alto a fuoco minimo, per 10-15 minuti, fino a quando sono morbidissime.
Unire 1lt di acqua bollente, la salsa tamari, zucchero e aceto, riportare a bollore, abbassare le fiamma e lasciar sobbollire pianissimo per un'ora abbondante, fino a che le cipolle sono quasi disfate.
Dividere nelle ciotole individuali e servire spolverizzato con i semi di sesamo. Più buona se si consuma pensando senza malinconia alle sofferenze che si possono riscattare.
Il mio legame con il terremoto di quattro anni fa è personale per la circostanza che stavo vivendo quel giorno e, soprattutto, per il mio sentirmi un pochino nipponica inside. Quindi fatico a scordare. E come me tutte le persone che mi circondano e che hanno in qualche modo a che fare con il Giappone.
Ho assistito in questi anni a moltissime iniziative concrete per supportare la rinascita di aree davvero devastate e di un paio voglio parlare per bene appena avrò il tempo e la testa. Magari non per forza vicino all'11 marzo, intendo...
Perché un evento così non si ricorda solo il giorno dell'anniversario: ti entra nella pelle e fa parte del tuo vissuto quotidiano come qualsiasi altra cicatrice di cui porti i segni ogni giorno. E vale la pena in qualsiasi giorno dell'anno ricordare che esistono anche dei balsami che possono a volte alleviare la sofferenza.
Propongo oggi semplicemente una ricetta, delicata, minima, quasi defilata, che fonde in modo yoshoku una delle mie origini (il nonno francese!) con uno dei miei attuali mondi acquisiti. Una ricetta scura, silente, un po' shabby. Come l'umore che si vela ogni volta che ripenso a quanto accaduto.
Zuppa di cipolle yoshoku
ingredienti per 3 o 4 persone:
800 g di cipolle
2 cucchiai di tamari (salsa di soia senza frumento)
1 cucchiaio di olio di sesamo
1 pizzico zucchero di canna
1 cucchiaino di aceto di riso
1 ramettino di timo
1 cucchiaino di sesamo bianco tostato
Affettare sottili le cipolle e stufarle con in timo nell'olio di sesamo in un tegame alto a fuoco minimo, per 10-15 minuti, fino a quando sono morbidissime.
Unire 1lt di acqua bollente, la salsa tamari, zucchero e aceto, riportare a bollore, abbassare le fiamma e lasciar sobbollire pianissimo per un'ora abbondante, fino a che le cipolle sono quasi disfate.
Dividere nelle ciotole individuali e servire spolverizzato con i semi di sesamo. Più buona se si consuma pensando senza malinconia alle sofferenze che si possono riscattare.
- rivoli affluenti:
- cito per ora velocemente solo un progetto, assolutamente degno di attenzione: quello di Orto dei Sogni, che aiuta i bambini colpiti dalle radiazioni di Fukushima a trascorrere qualche settimana rigenerante in salubri località italiane
C'è una cara amica Titti che è giapponese doc alla quale piace tantissimo l'Italia tanto d'averla girata in lungo e in largo. Mi piace come racconta le feste ecc. della sua terra e ovviamente della sua famiglia con grande semplicità. Infatti il 3 marzo le ho dedicato un post con la ricorrenza Festa della bambole o delle Bambine.
RispondiEliminaMi piaccio anche i sapori certamente non tutti ma purtroppo alimenti qui a Trieste non sono di facile reperibilità ma la Tamari so che la trovo. Voglio provare questa ricetta.
Grazie carissima amica come al solito piacevole lettura. Buona giornata
Io sono molto lontana da quei luoghi, eppure ho vissuto la tragedia di chi guarda e non può fare niente. Il Giappone è un gran Paese e si rialzerà , ancora una volta
RispondiEliminaI sapori giapponesi sono alquanto un mistero per me: dovrò studiarla meglio
Ciao Isabel
@edvige: sarei curiosa di sapere cosa ne pensa la tua amica giapponese di una ricetta così "ibrida"!
RispondiElimina@isabel: parole sante...
@antonio: obrigada, bem-vindo
una ricetta sobria, una ricetta della memoria..
RispondiElimina@ilaria: grazie
RispondiEliminaSempre così emozionante e tanta diversità, sono contento io sono disabile mi porti la felicità. Continuare questo!
RispondiEliminaGrazie a voi, ho imparato molte cose interessanti. Spero di saperne di più. Mi congratulo con voi per questi meravigliosi condivisione. Continuare questo!
RispondiEliminaSinceramente