Ho riflettuto a lungo su che pane proporre nel contest sui Lievitati della Nonna e la prima idea è stata quella di un pane orientale imparato dalla nonna di un'altra famiglia... Perché, in realtà, i nonni paterni sono mancati quando ero piccolina e la nonna con cui ho vissuto più a lungo era veneta ma non aveva per niente l'anima della casalinga!
Ha lavorato fuori casa fino a che la salute gliel'ha permesso e di lei ricordo pochissimi piatti, cucinati con cura ed efficienza ma solo nelle occasioni importanti, mentre per il resto preparava pasti molto semplici e veloci. Di pane fatto in casa, ovviamente, nemmeno l'ombra... Il goloso di casa era forse più il nonno, ma il rimpianto per il suo Veneto lontano lo spingeva decisamente verso la polenta: non mancava mai di richiederla ad ogni occasione per accompagnare qualsiasi pietanza ed ignorava quasi il pane, che a volte nemmeno compariva a tavola.
Poi mi sono ricordata di certe merende di bambina con gli altri nonni... ed il pane è arrivato da solo! Lui francese dell'Alsazia, lei svizzera del Ticino, i miei nonni "stranieri" me li sono goduti troppo poco, però ricordo merende epiche a casa loro, impresse vivissime nella memoria nonostante non andassi ancora a scuola.
Le opzioni di solito erano due: pane all'uvetta (quello che a Milano è il pan tranvai, mia seconda tentazione panificatoria per questa occasione, ma che i nonni acquistavano pronto), oppure fette di pane rustico imbottite con formaggio stagionato e un velo marmellata di fragole e rabarbaro.... Sì, ero gourmet fin da piccina!
In questo caso a volte la nonna non comprava il pane ma lo impastava in casa ed in qualche occasione ho assistito alla sua preparazione. Si trattava di un pane ibrido, preparato con farina bigia come il classico pane ticinese, ma con alcuni dettagli che volevano farlo assomigliare al pain à la bière alsaziano, di cui mio nonno era goloso ma che allora non si trovava al di fuori della regione di produzione.
Mia nonna, di fatto, preparava il pane con la farina che allora era più comune nella sua zona e con cui aveva confidenza, ma arricchiva l'impasto con una manciata di farina di segale, una patata lessa e un po' di birra, ingredienti base del pane amato dal marito. E gli dava pure forma di pagnotta triangolare, come usa in Alsazia...
Anche se non si preoccupava di formare la crosticina in superficie che caratterizza il pane alsaziano, quello strano pane di famiglia, che di due tradizioni non riusciva a completarne una, era un puro gesto d'amore. Per questo oggi è protagonista di questa sfida con me stessa, che devo cercare di ricreare quel gusto senza averne condiviso i dettagli di preparazione con la nonna.
Ho assistito al suo trafficare sulla spianatoia un paio di volte, quando con il naso arrivavo appena al piano del tavolo, e lei di questo pane non ha lasciato traccia scritta, ma ho tentato di ricostruirne i trucchi oggi con l'aiuto delle farine di Grandi Molini.
La base del pane bigio, così chiamato in Ticino perché la farina con cui si prepara non è bicolore come la farina semintegrale ma ha un tono grigio uniforme, è una farina di grano che contiene sia endosperma che crusca e tutto è macinato con la stessa grana medio-fine.
Ne ho qui evocato il sapore miscelando farina di tipo 1 e farina integrale, con l'aggiunta poi di una patata lessa per rendere l'impasto più soffice, più una manciata di farina di segale ed un goccio di birra a profumare, come faceva mia nonna.
Il metodo di preparazione non è sofisticato: ho integrato, è vero, i gesti che ricordo della nonna con qualche lettura di approfondimento, giusto per regolarmi un po' con le proporzioni degli ingredienti, ma ho tralasciato bighe, paste madri e poolish vari, che stanno alla base del lavoro del vero panettiere alsaziano o ticinese, perché non appartengono alla "casalinghitudine" del pane franco-elvetico di mia nonna.
Lei usava anche il pane leggermente indurito: lo tagliava a dadi e lo serviva con la fondue fromage, piatto di cui sono rimasta golosissima e che la nonna preparava fondendo vari formaggi svizzeri con vino bianco e profumandoli con kirsch e aglio.
In ricordo sia di questo utilizzo nella fondue che del sapore fantastico del pane "ibrido" della merenda abbinato a formaggio e marmellata, ho pensato ad una piccola variazione del mio strano pane di famiglia: ne ho confezionato una parte in un formato più piccolo e con una sorpresina all'interno. I miei panini "personalizzati" hanno un cuore di gruyère, formaggio che, guarda un po', viene prodotto sia in Svizzera che in Francia!
Nella tradizione locale di entrambi i pani originali, l'alsaziano e il bigio, il burro non compare. Ma a casa di mia nonna si usava, quindi l'ho lasciato. Dal punto di vista calorico non penso turbi nessuno dato che si tratta di una quantità modesta, meno di quanto usasse lei (per quanto ricordi a livello visivo la nonna ne metteva almeno il triplo!), ma non ho voluto privarmi del tutto del suo sapore.
Al pane familiare di allora, grazie alle letture, ho solo aggiunto di mio la crosticina alsaziana mentre, per la versione al formaggio, ho confezionato dei panini triangolari decisamente più piccoli della sua "classica" pagnotta, adatti ad una ipotetica merenda per bambini... perché, in occasioni così, piccina ci ritorno volentieri!
Pane di famiglia interculturale, un po' alsaziano e un po' ticinese
ingredienti per 2 pagnotte o 12 panini:
380 g di farina tipo 1 (più una manciata per la spianatoia)
200 g di farina integrale
50 g di farina di segale
250 g di patate
90 g di birra chiara, ideale una lager alsaziana
25 g di burro
12 g di lievito di birra granulare
10 g di sale
1 cucchiaino di miele
zucchero
per la copertura:
100 g di birra, come sopra
70 g di farina di segale, più una manciata
1 g di lievito di birra granulare
sale
per la versione al formaggio (dose per metà impasto):
60 g di gruyère
Per il pane setacciare insieme le tre farine per un paio di volte in modo da miscelarle bene, arieggiarle ed eliminare eventuali grumi, ma riunire poi alle farine le fibre scure della farina integrale rimaste nel setaccio.
Nel frattempo preparare la pastella per la copertura: sciogliere la farina e il lievito nella birra con un frustino ed unire appena un pizzichino di sale. Lasciar riposare a temperatura ambiente fino all'uso coperto con pellicola.
Tagliare il formaggio a fettine sottili per farcire i panini. Schiacciare leggermente ogni pezzo allungandolo leggermente, adagiare su un lato una fettina di formaggio lasciando liberi i bordi, piegare la pasta libera sopra il formaggio e sigillare bene il perimetro, quindi sagomare in piccoli panini triangolari e far riposare anche loro 20 minuti sotto un telo.
Spalmare delicatamente la superficie dei pani con la pastella di copertura, spolverizzarli con farina di segale e lasciar lievitare un'altra ora fuori da correnti d'aria.
Accendere il forno in modalità statica al massimo della temperatura (nel mio caso 270 °C) e porre sul fondo una ciotolina piena di acqua.
Nel caso dei bocconcini "personalizzati" incidere la superficie con motivi decorativi, creando un motivo a rete con un coltello o imprimendovi dei tagli con delle sagome da biscotti. Qui i tre cuoricini rappresentano il nonno alsaziano, la nonna svizzera e la nipote italiana. La pagnotta invece, senza incisioni, formerà una crosta dal craquelé "naturale".
Consiglio dunque, per una merenda super, semplici o completati con l'aggiunta di salumi (...o di una goccia di marmellata!), di scaldarli comunque leggermente. Vanno bene invece a temperatura normale se sono serviti in tavola o se sono affettati per accompagnare qualche stuzzichino da aperitivo.
Con questa ricetta, legata ad una tradizione tutta familiare dalla duplice origine storico-geografica, partecipo al contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Grandi Molini Italiani.
Le farine di GMI qui utilizzate sono la #1 e la Integrale della linea Frumenta.
Ha lavorato fuori casa fino a che la salute gliel'ha permesso e di lei ricordo pochissimi piatti, cucinati con cura ed efficienza ma solo nelle occasioni importanti, mentre per il resto preparava pasti molto semplici e veloci. Di pane fatto in casa, ovviamente, nemmeno l'ombra... Il goloso di casa era forse più il nonno, ma il rimpianto per il suo Veneto lontano lo spingeva decisamente verso la polenta: non mancava mai di richiederla ad ogni occasione per accompagnare qualsiasi pietanza ed ignorava quasi il pane, che a volte nemmeno compariva a tavola.
Poi mi sono ricordata di certe merende di bambina con gli altri nonni... ed il pane è arrivato da solo! Lui francese dell'Alsazia, lei svizzera del Ticino, i miei nonni "stranieri" me li sono goduti troppo poco, però ricordo merende epiche a casa loro, impresse vivissime nella memoria nonostante non andassi ancora a scuola.
Le opzioni di solito erano due: pane all'uvetta (quello che a Milano è il pan tranvai, mia seconda tentazione panificatoria per questa occasione, ma che i nonni acquistavano pronto), oppure fette di pane rustico imbottite con formaggio stagionato e un velo marmellata di fragole e rabarbaro.... Sì, ero gourmet fin da piccina!
In questo caso a volte la nonna non comprava il pane ma lo impastava in casa ed in qualche occasione ho assistito alla sua preparazione. Si trattava di un pane ibrido, preparato con farina bigia come il classico pane ticinese, ma con alcuni dettagli che volevano farlo assomigliare al pain à la bière alsaziano, di cui mio nonno era goloso ma che allora non si trovava al di fuori della regione di produzione.
Mia nonna, di fatto, preparava il pane con la farina che allora era più comune nella sua zona e con cui aveva confidenza, ma arricchiva l'impasto con una manciata di farina di segale, una patata lessa e un po' di birra, ingredienti base del pane amato dal marito. E gli dava pure forma di pagnotta triangolare, come usa in Alsazia...
Anche se non si preoccupava di formare la crosticina in superficie che caratterizza il pane alsaziano, quello strano pane di famiglia, che di due tradizioni non riusciva a completarne una, era un puro gesto d'amore. Per questo oggi è protagonista di questa sfida con me stessa, che devo cercare di ricreare quel gusto senza averne condiviso i dettagli di preparazione con la nonna.
Ho assistito al suo trafficare sulla spianatoia un paio di volte, quando con il naso arrivavo appena al piano del tavolo, e lei di questo pane non ha lasciato traccia scritta, ma ho tentato di ricostruirne i trucchi oggi con l'aiuto delle farine di Grandi Molini.
La base del pane bigio, così chiamato in Ticino perché la farina con cui si prepara non è bicolore come la farina semintegrale ma ha un tono grigio uniforme, è una farina di grano che contiene sia endosperma che crusca e tutto è macinato con la stessa grana medio-fine.
Ne ho qui evocato il sapore miscelando farina di tipo 1 e farina integrale, con l'aggiunta poi di una patata lessa per rendere l'impasto più soffice, più una manciata di farina di segale ed un goccio di birra a profumare, come faceva mia nonna.
Il metodo di preparazione non è sofisticato: ho integrato, è vero, i gesti che ricordo della nonna con qualche lettura di approfondimento, giusto per regolarmi un po' con le proporzioni degli ingredienti, ma ho tralasciato bighe, paste madri e poolish vari, che stanno alla base del lavoro del vero panettiere alsaziano o ticinese, perché non appartengono alla "casalinghitudine" del pane franco-elvetico di mia nonna.
In ricordo sia di questo utilizzo nella fondue che del sapore fantastico del pane "ibrido" della merenda abbinato a formaggio e marmellata, ho pensato ad una piccola variazione del mio strano pane di famiglia: ne ho confezionato una parte in un formato più piccolo e con una sorpresina all'interno. I miei panini "personalizzati" hanno un cuore di gruyère, formaggio che, guarda un po', viene prodotto sia in Svizzera che in Francia!
Nella tradizione locale di entrambi i pani originali, l'alsaziano e il bigio, il burro non compare. Ma a casa di mia nonna si usava, quindi l'ho lasciato. Dal punto di vista calorico non penso turbi nessuno dato che si tratta di una quantità modesta, meno di quanto usasse lei (per quanto ricordi a livello visivo la nonna ne metteva almeno il triplo!), ma non ho voluto privarmi del tutto del suo sapore.
Al pane familiare di allora, grazie alle letture, ho solo aggiunto di mio la crosticina alsaziana mentre, per la versione al formaggio, ho confezionato dei panini triangolari decisamente più piccoli della sua "classica" pagnotta, adatti ad una ipotetica merenda per bambini... perché, in occasioni così, piccina ci ritorno volentieri!
Pane di famiglia interculturale, un po' alsaziano e un po' ticinese
ingredienti per 2 pagnotte o 12 panini:
380 g di farina tipo 1 (più una manciata per la spianatoia)
200 g di farina integrale
50 g di farina di segale
250 g di patate
90 g di birra chiara, ideale una lager alsaziana
25 g di burro
12 g di lievito di birra granulare
10 g di sale
1 cucchiaino di miele
zucchero
per la copertura:
100 g di birra, come sopra
70 g di farina di segale, più una manciata
1 g di lievito di birra granulare
sale
per la versione al formaggio (dose per metà impasto):
60 g di gruyère
Per il pane setacciare insieme le tre farine per un paio di volte in modo da miscelarle bene, arieggiarle ed eliminare eventuali grumi, ma riunire poi alle farine le fibre scure della farina integrale rimaste nel setaccio.
Pesare 150 g del mix di farine, versarlo in una ciotola ed unire il lievito, un pizzichino di zucchero e 200 ml di acqua tiepida, mescolando delicatamente per ottenere una pastella
omogenea. Far lievitare coperto in luogo tiepido (idealmente a 28° C) per 40 minuti, fino a quando il composto sarà raddoppiato di volume e ci saranno delle bollicine in superficie. (*)
Nel frattempo lessare la patata con la buccia (oppure, come ho fatto io, sbucciarla, tagliarla a pezzi e cuocerla a vapore nel microonde per 6 minuti a 900 w, in un cestello dentro un contenitore chiuso con 1 cm di acqua sul fondo, in modo che risulti morbida e asciuttissima), quindi passarla allo schiacciapatate e lasciar intiepidire.
Levare il burro dal frigo e ridurlo a dadini, lasciandolo poi ammorbidire coperto a temperatura ambiente per una ventina di minuti.
Versare la pastella di lievito nel mix di farine, unire la patata, la birra, il miele, il burro e per ultimo il sale. Lavorare con energia l'impasto su una spianatoia leggermente infarinata (nel mio caso per 6 minuti nella planetaria, con il gancio), quindi coprire e lasciar lievitare per mezz'ora in luogo tiepido e lontano da correnti d'aria.
Stendere l'impasto in un rettangolo spesso 2 o 3 cm e rivoltarne i lati corti uno sopra l'altro, in modo da ottenere un panetto a tre strati. Appiattire di nuovo leggermente e ripetere delicatamente l'operazione, sempre partendo dai lati corti del rettangolo, per altre tre volte; lasciar quindi lievitare per un'altra mezz'ora o più, fino a che l'impasto è di nuovo raddoppiato di volume.
Nel frattempo preparare la pastella per la copertura: sciogliere la farina e il lievito nella birra con un frustino ed unire appena un pizzichino di sale. Lasciar riposare a temperatura ambiente fino all'uso coperto con pellicola.
Per ottenere due pagnotte dividere l'impasto in due parti uguali e, senza schiacciarlo troppo, formare con ogni metà un disco, rivoltandone tre lati verso in centro in modo da formare un triangolo.
Disporre su una placca rivestita di carta forno con le giunte sul lato inferiore, coprire con un panno e lasciar lievitare 20 minuti. Per i bocconcini al formaggio dividere invece l'impasto in 12 pezzi. Io ho preparato in tutto una pagnotta e 6 bocconcini.
Disporre su una placca rivestita di carta forno con le giunte sul lato inferiore, coprire con un panno e lasciar lievitare 20 minuti. Per i bocconcini al formaggio dividere invece l'impasto in 12 pezzi. Io ho preparato in tutto una pagnotta e 6 bocconcini.
Tagliare il formaggio a fettine sottili per farcire i panini. Schiacciare leggermente ogni pezzo allungandolo leggermente, adagiare su un lato una fettina di formaggio lasciando liberi i bordi, piegare la pasta libera sopra il formaggio e sigillare bene il perimetro, quindi sagomare in piccoli panini triangolari e far riposare anche loro 20 minuti sotto un telo.
Spalmare delicatamente la superficie dei pani con la pastella di copertura, spolverizzarli con farina di segale e lasciar lievitare un'altra ora fuori da correnti d'aria.
Accendere il forno in modalità statica al massimo della temperatura (nel mio caso 270 °C) e porre sul fondo una ciotolina piena di acqua.
Nel caso dei bocconcini "personalizzati" incidere la superficie con motivi decorativi, creando un motivo a rete con un coltello o imprimendovi dei tagli con delle sagome da biscotti. Qui i tre cuoricini rappresentano il nonno alsaziano, la nonna svizzera e la nipote italiana. La pagnotta invece, senza incisioni, formerà una crosta dal craquelé "naturale".
Quando il forno è in temperatura infornare il pane e cuocere per 15 minuti, quindi abbassare la temperatura a 200 °C, scambiare la posizione delle teglie e cuocere per altri 20 minuti.
Estrarre se si tratta di panini, oppure voltare le teglie fronte/retro e proseguire la cottura per altri 15 minuti circa se sono pagnotte, fino a che il pane ha la superficie croccante e screpolata e, battuto sul fondo, suona "vuoto". Far raffreddare su una gratella.
Estrarre se si tratta di panini, oppure voltare le teglie fronte/retro e proseguire la cottura per altri 15 minuti circa se sono pagnotte, fino a che il pane ha la superficie croccante e screpolata e, battuto sul fondo, suona "vuoto". Far raffreddare su una gratella.
Così si presenta la pagnotta di forma tradizionale, che pesa circa 450 g. Il sapore è molto vicino a quello della mia memoria e ne sono felicissima. Per l'occasione quindi ho avvolto il pane in un canovaccio del corredo di mia nonna (su cui da ragazza aveva pure ricamato le cifre).
E così si presenta la sua mollica, che resta bella morbida per un paio di giorni se il pane è conservato dentro un sacchetto di carta chiuso in un sacchetto di plastica.
Questi invece i panini con la superficie decorata, che pesano circa 70-80 g l'uno e che sono ottimi anche il giorno dopo,
con il piccolo cuore di formaggio fuso all'interno. La foto è scattata da freddo, ma il panino che mi sono sbafata tiepido aveva il gruyère morbidissimo ed era fantastico.
E così si presenta la sua mollica, che resta bella morbida per un paio di giorni se il pane è conservato dentro un sacchetto di carta chiuso in un sacchetto di plastica.
Questi invece i panini con la superficie decorata, che pesano circa 70-80 g l'uno e che sono ottimi anche il giorno dopo,
con il piccolo cuore di formaggio fuso all'interno. La foto è scattata da freddo, ma il panino che mi sono sbafata tiepido aveva il gruyère morbidissimo ed era fantastico.
Con questa ricetta, legata ad una tradizione tutta familiare dalla duplice origine storico-geografica, partecipo al contest indetto da Cucina Semplicemente in collaborazione con Grandi Molini Italiani.
Le farine di GMI qui utilizzate sono la #1 e la Integrale della linea Frumenta.
- rivoli affluenti:
- qualche lume sul pane bigio svizzero qui; per il pane alsaziano qui.
- * ho scoperto solo da grande che quella pastellina di lievito della nonna appartiene ad un metodo preciso di panificazione: si chiama "lievitino" ed è un preimpasto semplice e veloce che conferisce al pane più gusto e migliore conservabilità rispetto alla semplice aggiunta del lievito direttamente agli altri ingredienti.
Bellissima interpretazione dei pani Alsaziani e bellissimi ricordi. Lo sapevo che saresti arrivata alla GRANDE!!!! Senza dubbio queste farine ci aiutano a recuperare quell'idea del pane bigio del quale parlavano i nostri nonni.
RispondiEliminaA presto!!!
Nora
@nora: so che mi capisci! Adoravo il pane bigio e devo dire che questo ci somiglia parecchio...
RispondiEliminaBellissimi e con una bella storia da leggere.
RispondiEliminaGrazie, anche la tua pizza dolce/salata ha una storia che intenerisce!
RispondiEliminaChe bei panini: mi ricordano l'ultimo viaggio a Strasburgo, dove ho mangiato l'impossibile, anche le vetrine delle pasticcerie e boulangeries!!! Avrei tanto voluto conoscere i miei bisononni, alsaziano lui e tedesca lei,ma attingendo alla tradizione culinaria, riesco quasi a inserire quel tassello che mi manca nei miei ricordi
RispondiEliminaCiao
Isabel
@isabel: grande risorsa, ammettiamolo, la famiglia multietnica!
RispondiEliminaStupendi!! e una bella tradizione da leggere e da gustare!! e siccome il pane fatto in casa è un'abitudine che mantengo puntualmente ogni settimana da quasi 8 anni ( x me con lievito madre) sono curiosa di provare quanto prima queste tue bellissime versioni!
RispondiElimina@ilaria: be', sono curiosa io, adesso, di sentire in merito il parere di una panificatrice seriale!
RispondiEliminaCiao a tutti, Hai fatto un ottimo lavoro. Non mancherò di digg e da parte mia suggerire ai miei amici. Sono fiducioso che sarà essere beneficiato da questo sito web.
RispondiEliminaCiao, mi piace molto quello che fai mi chiedo come potrei aver perso il tuo blog
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