Non sarà giapponese la mia chiusura d'anno, ne' a tavola ne' nello spirito. In partenza il tema gastronomico avrebbe dovuto essere jap, poi ha virato sul thai, poi ha rischiato di darsi all'americano e invece all'ultimo è diventato peruviano. E questa volta, caso strano, non sarò neppure io a cucinare. Per una volta poco male: ho altro da fare.
La parte jap di me reclama un po' però, così, per predispormi serenamente all'ultimo giorno dell'anno, mi metto a sbucciare una radice di daikon. Intanto tiro le somme dell'annata in chiusura e penso a cosa ho imparato dal 2015.
E' stato un anno pieno di piccole soddisfazioni e di grandi delusioni. Protagonisti indiscussi sono l'enorme stima verso una persona che ha saputo essere affettuosa, trasparente, paziente e surreale in dosi perfette, e l'affetto grande nei confronti di chi è stato ultimamente colpito in modo duro, vive immerso nelle difficoltà e purtroppo non sono ancora in grado di supportare come vorrei.
Poi è presente, per la prima volta nella mia vita, anche una decisa avversione. La provo nei confronti di qualcuno che invece non conosce il buon senso ed ha messo (poco) denaro davanti a rispetto, fiducia, pazienza e lealtà. Una coppia che ha ricevuto tutte queste cose a piene mani per anni dandole per scontate, senza essere nemmeno in grado di rendersi conto di cosa fossero, costassero ed implicassero, e poi ha causato danni incalcolabili a persone buone ed oneste. Così, non per reale necessità, solo per frettolosa grettezza.
Ho sempre pensato che i sentimenti negativi andassero contenuti, elaborati e trasformati in qualcosa di costruttivo, che la risposta più nobile e saggia alla cattiveria gratuita fossero pazienza e perdono, che porgendo l'altra guancia non sarebbero cambiati i fatti ma mi sarei sentita almeno in pace con me stessa.
Nel 2015 ho invece imparato che un'evoluzione possibile può essere anche la rabbia. Ovviamente costruttiva, perché non posso cambiare davvero la mia anima, però il gesto con cui mi sento di chiudere questo anno è proprio il rifiuto adirato, la rottura violenta.
Sempre più convinta di essere nel giusto mollo il coltello, rovisto nel ripostiglio, esco in cortile e scaglio contro il muro un oggetto regalatomi da quella bella coppia di campioni. Frantumo la loro illusione di essere persone onorevoli, ne getto con disprezzo i cocci nel bidone dei rifiuti indifferenziati perché non voglio lasciare che queste persone contino per me più di quello.
Io sono profondamente grata alla vita che mi ha insegnato quanto valgano l'onestà e la gratitudine, fiera di saperne godere in famiglia e con gli amici indipendentemente dalle difficoltà e dalle ristrettezze economiche. Mai delle schegge di porcellana mi hanno fatto sentire tanto appagata... Mi auguro che ne rimangano feriti nell'anima.
Sempre che ce l'abbiano. Ma in fondo anche no... tanto è gente che non ha modo di imparare niente; da questo momento non perderò nemmeno più tempo a compatire la loro triste visione del benessere legato solo al denaro: ora che anche il valore monetario del loro prezioso ninnolo si è volatilizzato per opera mia sorrido della povertà delle loro azioni.
Risolta così la questione posso tornare al mio daikon, all'esercizio di cura e pazienza che implica il tagliarlo tutto a fettine identiche, alla serenità che spigiona dal cuore insieme al profumo del brodo dashi in cui lo coccolo.
Chiuderò l'anno con una serata poco spirituale questa volta, assolutamente lontana dal raccoglimento e dalla pace di un capodanno giapponese. Forse non dipende solo dalle cause banali che hanno condizionato la scelta del tema, probabilmente sotto sotto ho voluto un capodanno sfrenato, visto che niente succede per caso.
Mi gusto per ora il daikon in una ricetta casalinga, inventata sulla base di una tradizione semplice e pulita e che mi infonde assoluta leggerezza. Forse il daikon da solo non sarebbe bastato, ma è un ottimo supporto sia gastronomico che morale. Tra poco deciderò come prepararmi per una serata di musica andina, causa rellena, tamales de cerdo e pavo al horno. Seguirà allegro reportage. Se ne esco sana...
Daikon al sesamo
ingredienti per 4 porzioni occidentali o 8-10 giapponesi:
1 daikon intero
800 ml di acqua di sciacquatura del riso (*)
1 spicchio di aglio
1 tazzina da caffè di brodo dashi
2 cucchiai di riso Originario
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di mirin
1 cucchiaino di semi di sesamo tostati
1 cucchiaio di olio di arachidi
1/2 cucchiaino di olio di sesamo
pepe bianco al mulinello
In una pentola larga e bassa portare a bollore circa 800 ml di acqua di risciacquo del riso (oppure unire il riso crudo prima di accendere il fuoco ad acqua semplice; meglio chiuderlo in una garzina per renderne più facile l'eliminazione a fine cottura).
Nel frattempo pelare il daikon e ridurlo a rondelle spesse circa 1 cm.
Tuffarlo nell'acqua in ebollizione in modo che ne sia appena coperto. Se l'acqua fosse molto abbondante levarne un po' con un mestolo, se fosse poca aggiungerne di bollente. (**)
Cuocere il daikon circa 6-8 minuti, fino a che le rondelle sono leggermente ammorbidite, quindi scolarlo e lasciarlo scolare bene. La regola lo vorrebbe pronto quando si trapassa facilmente con una bacchetta di legno, ma io lo preferisco un po' più croccante.
Intanto sbucciare l'aglio e pestarlo una o due volte con la lama di un coltello posta di piatto, in modo che si apra leggermente,
Poco prima di servire scaldare i due olii in un ampio tegame con l'aglio. Disporvi le rondelle di daikon in un solo strato e dorarle un paio di minuti per lato. Se si vuole che assorbano meglio il condimento si possono leggermente incidere a croce da un lato.
Miscelare velocemente il dashi con soia e mirin, versarlo nel tegame, alzare il fuoco e cuocere a fiamma viva un paio di minuti per lato, in modo che il liquido si consumi quasi tutto e le rondelle si caramellino leggermente.
Spegnere il fuoco, eliminare l'aglio, cospargere con il sesamo e una abbondante macinata di pepe e servire, caldo o tiepido, meglio in pezzi dispari. Moooolto più buono il giorno dopo, appena riscaldato.
[*Se non si ha sottomano l'acqua del primo risciacquo del riso, come accade invece quotidianamente in ogni casa giapponese (e almeno un paio di volte a settimana a casa mia...), si può ovviare unendo una manciata di riso all'acqua di cottura.]
La parte jap di me reclama un po' però, così, per predispormi serenamente all'ultimo giorno dell'anno, mi metto a sbucciare una radice di daikon. Intanto tiro le somme dell'annata in chiusura e penso a cosa ho imparato dal 2015.
E' stato un anno pieno di piccole soddisfazioni e di grandi delusioni. Protagonisti indiscussi sono l'enorme stima verso una persona che ha saputo essere affettuosa, trasparente, paziente e surreale in dosi perfette, e l'affetto grande nei confronti di chi è stato ultimamente colpito in modo duro, vive immerso nelle difficoltà e purtroppo non sono ancora in grado di supportare come vorrei.
Poi è presente, per la prima volta nella mia vita, anche una decisa avversione. La provo nei confronti di qualcuno che invece non conosce il buon senso ed ha messo (poco) denaro davanti a rispetto, fiducia, pazienza e lealtà. Una coppia che ha ricevuto tutte queste cose a piene mani per anni dandole per scontate, senza essere nemmeno in grado di rendersi conto di cosa fossero, costassero ed implicassero, e poi ha causato danni incalcolabili a persone buone ed oneste. Così, non per reale necessità, solo per frettolosa grettezza.
Ho sempre pensato che i sentimenti negativi andassero contenuti, elaborati e trasformati in qualcosa di costruttivo, che la risposta più nobile e saggia alla cattiveria gratuita fossero pazienza e perdono, che porgendo l'altra guancia non sarebbero cambiati i fatti ma mi sarei sentita almeno in pace con me stessa.
Nel 2015 ho invece imparato che un'evoluzione possibile può essere anche la rabbia. Ovviamente costruttiva, perché non posso cambiare davvero la mia anima, però il gesto con cui mi sento di chiudere questo anno è proprio il rifiuto adirato, la rottura violenta.
Sempre più convinta di essere nel giusto mollo il coltello, rovisto nel ripostiglio, esco in cortile e scaglio contro il muro un oggetto regalatomi da quella bella coppia di campioni. Frantumo la loro illusione di essere persone onorevoli, ne getto con disprezzo i cocci nel bidone dei rifiuti indifferenziati perché non voglio lasciare che queste persone contino per me più di quello.
Io sono profondamente grata alla vita che mi ha insegnato quanto valgano l'onestà e la gratitudine, fiera di saperne godere in famiglia e con gli amici indipendentemente dalle difficoltà e dalle ristrettezze economiche. Mai delle schegge di porcellana mi hanno fatto sentire tanto appagata... Mi auguro che ne rimangano feriti nell'anima.
Sempre che ce l'abbiano. Ma in fondo anche no... tanto è gente che non ha modo di imparare niente; da questo momento non perderò nemmeno più tempo a compatire la loro triste visione del benessere legato solo al denaro: ora che anche il valore monetario del loro prezioso ninnolo si è volatilizzato per opera mia sorrido della povertà delle loro azioni.
Risolta così la questione posso tornare al mio daikon, all'esercizio di cura e pazienza che implica il tagliarlo tutto a fettine identiche, alla serenità che spigiona dal cuore insieme al profumo del brodo dashi in cui lo coccolo.
Chiuderò l'anno con una serata poco spirituale questa volta, assolutamente lontana dal raccoglimento e dalla pace di un capodanno giapponese. Forse non dipende solo dalle cause banali che hanno condizionato la scelta del tema, probabilmente sotto sotto ho voluto un capodanno sfrenato, visto che niente succede per caso.
Mi gusto per ora il daikon in una ricetta casalinga, inventata sulla base di una tradizione semplice e pulita e che mi infonde assoluta leggerezza. Forse il daikon da solo non sarebbe bastato, ma è un ottimo supporto sia gastronomico che morale. Tra poco deciderò come prepararmi per una serata di musica andina, causa rellena, tamales de cerdo e pavo al horno. Seguirà allegro reportage. Se ne esco sana...
Daikon al sesamo
ingredienti per 4 porzioni occidentali o 8-10 giapponesi:
1 daikon intero
800 ml di acqua di sciacquatura del riso (*)
1 spicchio di aglio
1 tazzina da caffè di brodo dashi
2 cucchiai di riso Originario
1 cucchiaio di salsa di soia
1 cucchiaio di mirin
1 cucchiaino di semi di sesamo tostati
1 cucchiaio di olio di arachidi
1/2 cucchiaino di olio di sesamo
pepe bianco al mulinello
In una pentola larga e bassa portare a bollore circa 800 ml di acqua di risciacquo del riso (oppure unire il riso crudo prima di accendere il fuoco ad acqua semplice; meglio chiuderlo in una garzina per renderne più facile l'eliminazione a fine cottura).
Nel frattempo pelare il daikon e ridurlo a rondelle spesse circa 1 cm.
Tuffarlo nell'acqua in ebollizione in modo che ne sia appena coperto. Se l'acqua fosse molto abbondante levarne un po' con un mestolo, se fosse poca aggiungerne di bollente. (**)
Cuocere il daikon circa 6-8 minuti, fino a che le rondelle sono leggermente ammorbidite, quindi scolarlo e lasciarlo scolare bene. La regola lo vorrebbe pronto quando si trapassa facilmente con una bacchetta di legno, ma io lo preferisco un po' più croccante.
Intanto sbucciare l'aglio e pestarlo una o due volte con la lama di un coltello posta di piatto, in modo che si apra leggermente,
Poco prima di servire scaldare i due olii in un ampio tegame con l'aglio. Disporvi le rondelle di daikon in un solo strato e dorarle un paio di minuti per lato. Se si vuole che assorbano meglio il condimento si possono leggermente incidere a croce da un lato.
Miscelare velocemente il dashi con soia e mirin, versarlo nel tegame, alzare il fuoco e cuocere a fiamma viva un paio di minuti per lato, in modo che il liquido si consumi quasi tutto e le rondelle si caramellino leggermente.
Spegnere il fuoco, eliminare l'aglio, cospargere con il sesamo e una abbondante macinata di pepe e servire, caldo o tiepido, meglio in pezzi dispari. Moooolto più buono il giorno dopo, appena riscaldato.
(**Prelesso il daikon nell'acqua di risciacquo del riso per evitarne "l'odore di rapa", brasandolo poi molto più velocemente di quanto vorrebbe la tradizione, che lo sbollenta a più riprese cambiando l'acqua ogni volta e poi lo cuoce lentamente, senza il passaggio nell'olio e senza dashi, per una mezz'oretta. L'alternativa è seguire il procedimento classico)
il daikon l'ho trovato da tempo e cercando nel web anche come farlo. L'ho provato crudo in insalata e anche cotto, ho letto che la punta è più dura rispetto al resto ??? ma non ne sono rimasta soddisfatta. Ora ecco la tua ricetta voglio riprovarci. Gli ingredienti li ho tutti meno il mirin ma forse va bene lo stesso.
RispondiEliminaLe tue considerazioni sono veramente ok e sincere mi piacciono.
Auguri carissima buon anno 2016 a te e famiglia, salute in primis e poi tutto quello che desideri.
Un abbraccio.
@edvige: la punta è leggermente più piccante, non più dura, mentre la parte più dolce è quella dalla parte delle foglie. Al posto del mirin usa vermputh bianco oppure sakè con un pizzico di zucchero. Auguri sinceri anche a te, grazie.
RispondiEliminaIl tuo blog è davvero grande, vengo su ogni giorno e ogni volta trovo qualcosa che mi si addice
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