In Giappone non esistono "dolci da dessert", in compenso si è perfezionata nei millenni un'arte pasticcera che ha sviluppato piccoli dolcetti dall'aspetto meraviglioso e dai sapori molto delicati.
Non essendo in antichità un Paese ricco di frutteti ed amando consistenze per noi relativamente insolite, come quelle della crema morbida e compatta dei dolcetti invernali e quella gelatinosa in estate, in genere i dolci giapponesi sono un po' spiazzanti per gli Occidentali.
La dolcezza dello zucchero, ingrediente anticamente molto costoso e presente in minima parte in quasi tutti i piatti della gastronomia giapponese, non è particolarmente ricercata nei wagashi, i dolcetti giapponesi tradizionali, che si affidano più alle note dolci di castagne, batatas, zucca e fagioli, a cui basta poco zucchero per esaltare le note più golose.
Non fanno eccezione a questo gusto anche dolci più recenti, ispirati alla pasticceria occidentale ed entrati in uso in Giappone dai primi del '900, in quella che potremmo considerare la "pasticceria yoshoku" nipponica.
Ne è esempio perfetto il dorayaki, che in epoca Edo (dal 1603 al 1867) era una sorta di crepe sottile, farcita e piegata in due, e che nel 1914 la pasticceria Usagiya (la Bottega del Coniglietto) di Tokyo provò a confezionare con una pastella più gonfia, cercando la sofficità dei dolci occidentali.
Il pasticcere si ispirò al pan di Spagna, che in Giappone già era arrivato grazie ai mercanti portoghesi che un paio di secoli prima commerciavano con Nagasaki. I Portoghesi lo chiamavano pão de Castela, pane di Castiglia, e quando i pasticceri del luogo cominciarono a riprodurlo, considerandolo un dolce di estremo lusso data la quantità di zucchero necessaria, enorme dal punto di vista di un nipponico, ne giapponesizzarono il nome in castella o kasutera.
Il pasticcere di Usagiya rese pastella dei dorayaki antichi più gonfia, rendendoli più simili a dei pancake ma senza i latticini che fanno parte della ricetta occidentale (i motivi storici? qui).
Ne conservò però l'antico nome (dora significa gong, yaki è cotto alla piastra) non solo perché la forma del pancake ora si manteneva tonda e con la farcitura si bombava leggermente, assomigliando davvero ad un gong, ma anche perché la tradizione ne legava il nome ad una leggenda che esaltava l'accoglienza e la cortesia.
Si narra che il monaco guerriero Benkei, vissuto nel 12° secolo e le cui gesta sono rappresentate tradizionalmente dal teatro No, una volta, gravemente ferito, cercasse rifugio nella povera casupola di una coppia di anziani sconosciuti.
Senza porgli domande la coppia lo accudì come potè e, per ridargli forza, gli servì una crespella fatta con le poche uova che avevano e cotta sopra un gong, creando così il primo dorayaki.
Il pasticcere di Tokyo farcì il suo nuovo dolcetto yoshoku, cioè ad ispirazione occidentale, con una golosità tutta giapponese, l'an o anko, una pasta dolce di fagioli azuki, che viene detta tsubu-an se di aspetto rustico, con i fagioli ancora interi, tsubushi-an se i fagioli sono in pezzi, e koshi-an se è cremosa e vellutata.
La ricetta per i dorayaki è qui di seguito nel post, quella per l'an... vale la pena di scoprirla al cinema! Esce in questi giorni infatti in Italia il film "An", intitolato in italiano "Le ricette della signora Toku".
Le storie dei protagonisti si incrociano all'interno di un negozietto di dorayaki, dove la signora Tokue svela ai compagni di lavoro e a noi spettatori, insieme alle esperienze della sua vita, anche i segreti per preparare un perfetto tsubu-an.
Per quanto mi riguarda, il film non ha solo un interesse "gastronomico". Rivela infatti anche tutta la dolcezza ed il riserbo della mentalità giapponese, la profondità di certi silenzi ed il valore di certi sguardi che spesso sfuggono agli Occidentali, e poi riesce a calare lo spettatore nell'intensità del legame che i Giapponesi conservano con le stagioni anche se vivono in città.
Un film assolutamente da vedere se si vuol uscire dagli stereotipi sul Giappone e comprenderne un pochino meglio la poesia. E ovviamente anche se si vuol imparare a preparare in casa un perfetta marmellata di fagioli azuki! Nel mio caso tornerò a vederlo più volte perché vorrei carpire meglio tutti gli insegnamenti del film, gastronomici e non.
Al momento dunque non oso cimentarmi nella preparazione dell'an e farcisco i miei dorayaki tradizionali con un altro ripieno, sempre tradizionale e molto amato in Giappone: è il kuri kinton (pasta di castagne), lo stesso usato per farcire i dolcetti autunnali e anche nel trionfo del monburan, la versione giapponese del monte bianco italiano (...e dei vermisei svizzeri!). Pasticceria giapponese dunque che "per tradizione" lancia un ponte goloso verso occidente...
Kuri dorayaki - Dorayaki alle castagne
ingredienti per 6 dorayaki:
per i pancake
2 uova medie
c.a 150 g di farina 00 (io farina per dolci)
c.a 75 g di miele (qui un mix di eucalipto e zagara)
c.a 60 ml di acqua a temperatura ambiente
c.a 40 g di zucchero
15 g di mirin (c.a 1 cucchiaio)
6 g di salsa di soia (c.a 1 cucchiaino)
5 g di olio di arachidi (c.a 1 cucchiaio)
2 g di bicarbonato (c.a 1/3 di cucchiaino)
per la pasta di castagne
500 g di castagne
80 g di zucchero
40 g di miele fluido
Pesare le uova con il guscio e poi senza guscio. Il peso medio che si ottiene, aumentato di metà, è il peso di farina da usare. Nel mio caso: con il guscio le uova pesavano 112 g, senza guscio 94 g, la media era circa 100 g così ho usato 150 g di farina.
Metà di questo peso è il miele da utilizzare, quindi nel mio caso 75 g, e metà del peso del miele è la dose dello zucchero, quindi qui 40 g per arrotondamento dei teorici 37,5 g. Per il resto degli ingredienti non ho seguito i calcoli ma l'occhio, per cui riporto i pesi indicativi.
Sbattere appena le uova per mischiare tuorlo e albume. Mescolare a parte il miele con lo zucchero, il mirin, la soia e l'olio, mescolando fino a che lo zucchero è perfettamente sciolto. Setacciare la farina con il bicarbonato.
Unire la miscela di miele alle uova e mescolare, quindi versare nel composto un terzo della farina, mescolando con cura fino a che è completamente assorbita.
Ripetere il passaggio con un altro terzo di farina e poi ancora, senza mescolare però in eccesso o i dorayaki resteranno troppo compatti.
Diluire il tutto con circa una tazzina da caffè di acqua (nel mio caso 60 g), fino a che il composto è abbastanza fluido da "scrivere" sulla superficie. Coprire l'impasto con pellicola e tenere in frigo un'oretta (ma anche tutta la notte).
Intanto preparare il kuri kinton: lessare le castagne; sbucciarle e spellarle quando sono ancora calde (il metodo giapponese è tagliarle in due in verticale ed astrarre la polpa con un cucchiaino) e passarle allo schiacciapatate.
Sciogliere zucchero e miele in un pentolino, unirvi la purea di castagne e far amalgamare bene, quindi spegnere e lasciar raffreddare.
Scaldare un tegame antiaderente e versare un cucchiaio e mezzo circa di impasto per ogni pancake, lasciando che nell'assestarsi raggiunga circa i 9 cm di diametro. Io ne preparo due per volta in modo da ottenere coppie con il diametro più simile possibile.
Lasciar cuocere per poco più di un minuto, fino a che la superficie tende ad asciugarsi e formare bollicine mentre sotto risulta dorata. Voltare i pancake con una spatola e cuocerli per qualche secondo anche sull'altro lato, premendo leggermente con la spatola.
Spostare su un piatto a lato e continuare con il resto della pastella: dovrebbero venire in tutto 12 pancake, che servono per 6 dorayaki.
Quando si sono un po' raffreddati disporre su 6 pancake una cucchiaiata a abbondante di crema di castagne, coprire con gli altri pancake e servire i dorayaki.
Oppure... impacchettarli in carta forno e portarseli al cinema!
Non essendo in antichità un Paese ricco di frutteti ed amando consistenze per noi relativamente insolite, come quelle della crema morbida e compatta dei dolcetti invernali e quella gelatinosa in estate, in genere i dolci giapponesi sono un po' spiazzanti per gli Occidentali.
La dolcezza dello zucchero, ingrediente anticamente molto costoso e presente in minima parte in quasi tutti i piatti della gastronomia giapponese, non è particolarmente ricercata nei wagashi, i dolcetti giapponesi tradizionali, che si affidano più alle note dolci di castagne, batatas, zucca e fagioli, a cui basta poco zucchero per esaltare le note più golose.
Non fanno eccezione a questo gusto anche dolci più recenti, ispirati alla pasticceria occidentale ed entrati in uso in Giappone dai primi del '900, in quella che potremmo considerare la "pasticceria yoshoku" nipponica.
Ne è esempio perfetto il dorayaki, che in epoca Edo (dal 1603 al 1867) era una sorta di crepe sottile, farcita e piegata in due, e che nel 1914 la pasticceria Usagiya (la Bottega del Coniglietto) di Tokyo provò a confezionare con una pastella più gonfia, cercando la sofficità dei dolci occidentali.
Il pasticcere si ispirò al pan di Spagna, che in Giappone già era arrivato grazie ai mercanti portoghesi che un paio di secoli prima commerciavano con Nagasaki. I Portoghesi lo chiamavano pão de Castela, pane di Castiglia, e quando i pasticceri del luogo cominciarono a riprodurlo, considerandolo un dolce di estremo lusso data la quantità di zucchero necessaria, enorme dal punto di vista di un nipponico, ne giapponesizzarono il nome in castella o kasutera.
Il pasticcere di Usagiya rese pastella dei dorayaki antichi più gonfia, rendendoli più simili a dei pancake ma senza i latticini che fanno parte della ricetta occidentale (i motivi storici? qui).
Ne conservò però l'antico nome (dora significa gong, yaki è cotto alla piastra) non solo perché la forma del pancake ora si manteneva tonda e con la farcitura si bombava leggermente, assomigliando davvero ad un gong, ma anche perché la tradizione ne legava il nome ad una leggenda che esaltava l'accoglienza e la cortesia.
Si narra che il monaco guerriero Benkei, vissuto nel 12° secolo e le cui gesta sono rappresentate tradizionalmente dal teatro No, una volta, gravemente ferito, cercasse rifugio nella povera casupola di una coppia di anziani sconosciuti.
Senza porgli domande la coppia lo accudì come potè e, per ridargli forza, gli servì una crespella fatta con le poche uova che avevano e cotta sopra un gong, creando così il primo dorayaki.
Il pasticcere di Tokyo farcì il suo nuovo dolcetto yoshoku, cioè ad ispirazione occidentale, con una golosità tutta giapponese, l'an o anko, una pasta dolce di fagioli azuki, che viene detta tsubu-an se di aspetto rustico, con i fagioli ancora interi, tsubushi-an se i fagioli sono in pezzi, e koshi-an se è cremosa e vellutata.
La ricetta per i dorayaki è qui di seguito nel post, quella per l'an... vale la pena di scoprirla al cinema! Esce in questi giorni infatti in Italia il film "An", intitolato in italiano "Le ricette della signora Toku".
Le storie dei protagonisti si incrociano all'interno di un negozietto di dorayaki, dove la signora Tokue svela ai compagni di lavoro e a noi spettatori, insieme alle esperienze della sua vita, anche i segreti per preparare un perfetto tsubu-an.
Per quanto mi riguarda, il film non ha solo un interesse "gastronomico". Rivela infatti anche tutta la dolcezza ed il riserbo della mentalità giapponese, la profondità di certi silenzi ed il valore di certi sguardi che spesso sfuggono agli Occidentali, e poi riesce a calare lo spettatore nell'intensità del legame che i Giapponesi conservano con le stagioni anche se vivono in città.
Un film assolutamente da vedere se si vuol uscire dagli stereotipi sul Giappone e comprenderne un pochino meglio la poesia. E ovviamente anche se si vuol imparare a preparare in casa un perfetta marmellata di fagioli azuki! Nel mio caso tornerò a vederlo più volte perché vorrei carpire meglio tutti gli insegnamenti del film, gastronomici e non.
Al momento dunque non oso cimentarmi nella preparazione dell'an e farcisco i miei dorayaki tradizionali con un altro ripieno, sempre tradizionale e molto amato in Giappone: è il kuri kinton (pasta di castagne), lo stesso usato per farcire i dolcetti autunnali e anche nel trionfo del monburan, la versione giapponese del monte bianco italiano (...e dei vermisei svizzeri!). Pasticceria giapponese dunque che "per tradizione" lancia un ponte goloso verso occidente...
Kuri dorayaki - Dorayaki alle castagne
ingredienti per 6 dorayaki:
per i pancake
2 uova medie
c.a 150 g di farina 00 (io farina per dolci)
c.a 75 g di miele (qui un mix di eucalipto e zagara)
c.a 60 ml di acqua a temperatura ambiente
c.a 40 g di zucchero
15 g di mirin (c.a 1 cucchiaio)
6 g di salsa di soia (c.a 1 cucchiaino)
5 g di olio di arachidi (c.a 1 cucchiaio)
2 g di bicarbonato (c.a 1/3 di cucchiaino)
per la pasta di castagne
500 g di castagne
80 g di zucchero
40 g di miele fluido
Pesare le uova con il guscio e poi senza guscio. Il peso medio che si ottiene, aumentato di metà, è il peso di farina da usare. Nel mio caso: con il guscio le uova pesavano 112 g, senza guscio 94 g, la media era circa 100 g così ho usato 150 g di farina.
Metà di questo peso è il miele da utilizzare, quindi nel mio caso 75 g, e metà del peso del miele è la dose dello zucchero, quindi qui 40 g per arrotondamento dei teorici 37,5 g. Per il resto degli ingredienti non ho seguito i calcoli ma l'occhio, per cui riporto i pesi indicativi.
Sbattere appena le uova per mischiare tuorlo e albume. Mescolare a parte il miele con lo zucchero, il mirin, la soia e l'olio, mescolando fino a che lo zucchero è perfettamente sciolto. Setacciare la farina con il bicarbonato.
Unire la miscela di miele alle uova e mescolare, quindi versare nel composto un terzo della farina, mescolando con cura fino a che è completamente assorbita.
Ripetere il passaggio con un altro terzo di farina e poi ancora, senza mescolare però in eccesso o i dorayaki resteranno troppo compatti.
Diluire il tutto con circa una tazzina da caffè di acqua (nel mio caso 60 g), fino a che il composto è abbastanza fluido da "scrivere" sulla superficie. Coprire l'impasto con pellicola e tenere in frigo un'oretta (ma anche tutta la notte).
Intanto preparare il kuri kinton: lessare le castagne; sbucciarle e spellarle quando sono ancora calde (il metodo giapponese è tagliarle in due in verticale ed astrarre la polpa con un cucchiaino) e passarle allo schiacciapatate.
Sciogliere zucchero e miele in un pentolino, unirvi la purea di castagne e far amalgamare bene, quindi spegnere e lasciar raffreddare.
Scaldare un tegame antiaderente e versare un cucchiaio e mezzo circa di impasto per ogni pancake, lasciando che nell'assestarsi raggiunga circa i 9 cm di diametro. Io ne preparo due per volta in modo da ottenere coppie con il diametro più simile possibile.
Lasciar cuocere per poco più di un minuto, fino a che la superficie tende ad asciugarsi e formare bollicine mentre sotto risulta dorata. Voltare i pancake con una spatola e cuocerli per qualche secondo anche sull'altro lato, premendo leggermente con la spatola.
Spostare su un piatto a lato e continuare con il resto della pastella: dovrebbero venire in tutto 12 pancake, che servono per 6 dorayaki.
Quando si sono un po' raffreddati disporre su 6 pancake una cucchiaiata a abbondante di crema di castagne, coprire con gli altri pancake e servire i dorayaki.
Oppure... impacchettarli in carta forno e portarseli al cinema!
- rivoli affluenti:
- per i cinefili golosi: il trailer e la presentazione del film.
Io aspetto che tu metta la ricetta della marmellata di fagioli azuki. La mia l'ho persa datami da un amica giapponese doc passati di qui amante dell'Italia ma purtroppo l'ho perduta assieme al suo recapito :-(
RispondiEliminaAlmeno una volta che ti dico NO le castagne in questo contesto non mi piacciono solo arroste e non mangio mai più di due solo per gradire...
Un abbraccio carissima e buona serata nonchè domenica.
@edvige: se vai al cinema cogli tutti i segreti tradizionali della marmellata di fagioli.. e vedi anche un bel film!
RispondiEliminaSono davvero orgoglioso di scoprire te stesso, il tuo blog è davvero grande! Mi piace la sua interfaccia, e mi è piaciuto anche il contenuto troppo. Soprattutto così continuare!
RispondiEliminaMio fratello mi ha suggerito potrebbe piacermi questo blog. Era del tutto giusto. Questo post veramente fatto il mio giorno. Cann't immaginare quanto tempo ho passato per questa informazione! Grazie!
RispondiEliminaFatti senza crema di castagne, ma con una marmellata di fagioli rossi. Perfetti. Grazie
RispondiEliminaCredo fosse la tsubusbi an di cui parli. Mi è stata regalata. Spero di trovare il film di cui parli. Mi hai incuriosito
RispondiEliminaLo vorrei vedere con te questo meraviglioso film. ti abbaraccio
RispondiEliminaLo vorrei vedere con te questo meraviglioso film. ti abbaraccio
RispondiElimina@cristiana: ma che bello!
RispondiElimina@fuocobio: basta che i fai un fischio quando passi di qua...
Lo sto guardando ora su Sky. 😍😍😍😍😍
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