Passa ai contenuti principali

la mia storia con il pesce per un brodetto romantico



La ricetta che presento questo mese per l’MTC n. 55 a tema brodetto adriatico proposto da Annamaria del blog La cucina di Q.B., risponde in modo molto semplice e diretto alla domanda da lei posta: Quando, nella vostra vita, un momento legato al cibo ha fatto la "differenza"?

Da piccolina andare dai nonni svizzero-francesi era una festa: l’orto che era in realtà un campo gigantesco in cui imparavo nomi e colori, le galline che razzolavano da rincorrere nel cortile, la scatola di caramelle nascosta nella credenza… tutto era un gioco stupendo! Purtroppo erano visite sporadiche ed il legame con la natura, e con il cibo che da essa proveniva, in realtà rimaneva per me “astratto”.

Quando io ero intorno ai 13 anni la mia famiglia traslocò in una casa con un bel prato e mio padre smise di trascorrere il tempo libero pescando per dedicarsi all'orto. Funzionò da rivelazione, per me, quel suo pezzettino di terra coltivato con intensissimo amore e cura smisurata. 

Finì che d'estate facevo colazione cogliendo pomodori maturi e divorandoli a morsi con appena una spolveratina di sale, la loro anima gocciolante sul mento. E che mi divertivo a far indovinare al mio fratellino piccolo quali fossero le foglioline di prezzemolo e quali le loro simili che allo strappo regalavano carote. E poi assistevo a magie che ricavavano vino e grappa dalla vite, burro e formaggio dal latte di un amico allevatore, marmellate dal pruno e dal ciliegio… La natura si faceva cibo e nutrimento!

Da allora hanno perso senso i pasti a base di sofficini, patate lesse e würstel, i preferiti della mamma (svizzera e lavoratrice a tempo pieno, che aveva dunque i suoi motivi…), ed è nata la curiosità di capire i sapori, di scoprirne le stagioni e gli umori, di abbinarne i sensi. Di cucinare davvero insomma, e di gustare con curiosa consapevolezza il cibo invece che nutrirsene per fame o per incosciente golosità.

La rivelazione sul pesce è arrivata decisamente più tardi. D'altronde abitavo in Lombardia, avevo famiglia di tradizioni svizzera e di montagna veneta, mio padre non pescava più... Uniche esperienze, infatti, rimanevano quelle di prima infanzia, che, tra un bastoncino surgelato, un filettino di sogliola al burro ed il pesce rosso nella boccia di vetro, aveva conosciuto una sola versione di pesce "vero”: le trote delle domeniche di pesca di mio padre. 

Lui me le faceva raccogliere dal prato dove le gettava con la canna ancora guizzanti: le dovevo staccare dall'amo ed infilare nel cestino di vimini. A me quella sensazione di vita viscida e nervosa tra le mani metteva soggezione e disagio e la trota cucinata nemmeno ricordo di averla anche assaggiata.

Qualche anno più tardi, grazie ad amici pescatori di mio padre, ripresero a girare per casa trote fresche. Io nel frattempo stavo sviluppando curiosità per la cucina, in particolare quella "etnica" e comunque fuori dalle righe. E riuscii un bel giorno a vedere quelle trote ricevute in dono come ingrediente invece che come animale. 

Il primo esperimento fu una ricetta tratta da una rivista (... nel frattempo non mi ero certo abbonata a periodici di moda o di gossip: ai tempi ero l'unica "sfigata" della classe che non conosceva Pierre Cosso  ma smaniava per i giornaletti di cucina!). Quella mitica ricetta di trote alle mandorle risultò sufficientemente esotica da farmi superare la diffidenza verso il viscido che ancora sentivo sulle mani, sufficientemente interessante da creare un imprinting, tanto che talvolta la replico ancora oggi. 

Da lì, comunque poco adusa ad utilizzare prodotti ittici, per togliermi la paura invece che a un corso di danza (il più in voga tra le mie compagne di allora) mi iscrissi ad un corso base di preparazione del pesce. E fu la svolta "tecnica". Anche se, lo devo ammettere, il mio rapporto con gli ingredienti di mare (ma anche di fiume e di lago) è rimasto nel tempo sempre un po’ meno spontaneo ed entusiasta del resto, forse per l'approccio iniziale eccessivamente "teorico".

Il piatto di oggi, lontano il brodetto adriatico dalle mie tradizioni familiari e dalle mie possibilità di reperire il giusto pescato, vuole riallacciarsi proprio alla memoria personale della “scoperta del gusto” attraverso l’orto paterno e insieme sfidare di nuovo le mie ataviche paure a tema ittico.

Il piatto cerca la pulizia di una preparazione che sia "spontaneamente" semplice. Forse, tecnicamente, più un “gran bollito” che un brodetto. Unisce verdure e pesce, i due temi che "hanno fatto la differenza", in una ricetta che vuole essere nitida, pura, senza tradizione, netta e scarna come ogni cosa nuova. 

Non è stato difficile resistere alle mille tentazioni che  quelle materie prime mi hanno suggerito: ne è uscita una ricetta (purtroppo) metropolitana ma che esalta ed armonizza con curiosità leggera i sapori naturali: pesci di stagione, pochi ma curati, mitili a far volume, verdure fresche, tutte, come i pesci, bianche verdi o arancioni. 

Non serve quasi niente altro se non, per avvicinarsi al brodetto, una nota acidula, qui più il profumo di un concetto che un vero sapore, e briciole di pane per una croccante citazione del “riempire meglio la pancia”. Ricetta moderna ma proiettata in una sensazione di cucina che di urbano ha ben poco. 

Come se la moglie accogliesse il pescatore appena sbarcato con il suo carico di golosità marine, cogliesse nell'orto di casa qualche primizia novella e le foglie dell'ultima verza rimasta e, ancora croccanti, le mettesse in pentola assieme ai doni del marito.

Intanto nel forno cuoce il pane appena impastato, e nell'aprire la credenza, decide di fargli una sorpresa usando anche quella strana polverina che il marito le ha portato dall'ultimo viaggio lungo, quando il peschereccio era approdato sulle coste della Turchia e lui le aveva raccontato di una zuppa di pesce locale arrossata da una strana spezia acidula. Un piatto preparato al momento, mentre il pescatore si leva di dosso la salsedine. Da gustarsi poi insieme, con calma. 

Gli ingredienti? Pesce e verdure, dicevamo, e una tovaglia fresca di bucato stesa sulla tavola appena fuori dalla porta di casa. Sole, mura alle spalle, orto a fianco, mare di fronte, rumore leggero di risacca. Un bicchiere di vino delicato e fresco posato vicino al piatto fumante e la mano del marito lì poco distante, dura e serena, ad accarezzare dolcemente quella della moglie.

Le dosi qui sono per quattro ma, ovviamente, sarebbe una zuppa amorevole, da preparare  per due...


Brodetto romantico a gran bollito, in bianco verde e arancio, con briciole all'arancia

ingredienti per 4 persone:
1 piccolo rombo da circa 1 kg
1 gallinella di mare da circa 300 g
4 triglie, in tutto circa 500 g
4 totani, in tutto circa 400 g
800 g di cozze
4 carote piccole e 1 carota grande
4 cipollotti
1 cipolla bionda
2 zucchine, in tutto c.a  260 g
8 fiori di zucca
150 g di taccole
120 g di foglie di verza
80 g di erbette (biete da taglio)
1 costa di sedano
1 dadino di zenzero fresco da 1,5 cm
2 rametti di prezzemolo
3 cucchiai di aceto di riso (o di mela, o aceto bianco molto delicato)
1/2 cucchiaio di summac
3 o 4 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe bianco in grani e al mulinello

per il pane all'arancia delle briciole (dosi per due filoni):
300 g di farina 0 (più una manciata per la spianatoia)
200 g di farina bigia
1 patata da circa 200 g
1 arancia
2 cucchiai di semi di girasole sbucciati
1 cucchiaio di semi di sesamo bianco
1 cucchiaio semi di sesamo nero
12 g di lievito di birra fresco
2 cucchiai di olio extravergine
sale
pepe bianco al mulinello



Per il pane lessare la patata (io l'ho cotta a pezzi a vapore al microonde per 7 minuti a 900 w), passarla allo schiacciapatate e lasciar raffreddare.

Miscelare le due farine ed arieggiarle bene. Sciogliere il lievito in 100 ml di acqua tiepida con un pizzico di zucchero e 2 cucchiai del mix di farine, lasciando riposare coperto una ventina di minuti.

Unire alle farine tutti i semi (tranne un pizzico di sesamo nero), la scorza dell'arancia grattugiata, una grattata decisa di pepe e un bel pizzico di sale. Spremere l'arancia, filtrarla e diluirla con acqua tiepida per arrivare a circa 200 ml di liquido totale.

Unire alle farine il lievito gonfiato, il purè di patate (tranne un cucchiaio) e l'acqua all'arancia, mescolando con cura; lavorare vigorosamente fino a che l'impasto risulta elastico ed omogeneo, unendo poca farina se risultasse troppo appiccicoso o un goccio di acqua se fosse duro. Coprire con pellicola e far lievitare un'ora.

Dividere l'impasto in due panetti; stenderne uno in un rettangolo spesso e piegarlo in tre per il lato lungo; spianare leggermente e ruotare di 90 ° il nuovo rettangolo, piegarlo di nuovo in tre lungo il lato lungo e poi ripetere altre due volte l'operazione. Formare alla fine un filone, ripetere con l'altro panetto e far lievitare i pani coperti per un'altra ora su una placca da forno leggermente infarinata.

Decorare la superficie dei pani con una striscia di purè di patate, cospargerla con il sesamo nero e un pizzico appena di sale grosso e cuocere a 180 °C in forno statico per circa 35 minuti. Far raffreddare i pani su una gratella.



Per la zuppa: privare il rombo di interiora e branchie, sfilettarlo incidendolo sul perimetro e lungo la spina dorsale, e privare i filetti della pelle. Si ottengono 4 filetti dal peso totale di circa 230 g e una carcassa ben nettata da circa 500 g. Tagliare i filetti in quattro quadrotti uguali, cospargerli con un pizzico di summac e tenerli frigo. Mettere la carcassa in una pentola.

Raschiare delicatamente le triglie per squamarle, privarle delle interiora e delle pinne e sfilettarle, senza spellare i filetti. Se ne ottengono circa 200 g. Tagliare i filetti in due.spolverizzarli con un pizzico di summac e mettere in frigo.

Privare la gallinella delle interiora, tranciare via la testa subito dietro le 4 pinne inferiori, ricavarne due filetti e spellarli. Dividere i filetti in tranciotti grossi come un dito eliminando il più possibile le spine, spolverizzarli di summac e tenere in frigo. 

Staccare il "cappello" dei totani, spellarli  partendo da una piccola incisione dietro le ali, aprirli a libro, sciacquarli bene e inciderli leggermente sul lato interno con leggeri tagli paralleli. Tagliare i ciuffi sotto gli occhi, eliminare il becco e sciacquarli bene. Conservare tutto in frigo.

Pulire le cozze dal bisso e spazzolarne con energia i gusci. Metterle in un tegame con 1 cucchiaio di olio e l'aceto, chiudere, mettere sul fuoco e scuotere il tegame fino a che sono tutte aperte. Sgusciarle, lasciandone 4 o 8 nel guscio per decorazione. 

Filtrare il loro fondo con una garza fine, misurarne 200 ml e tenerlo da parte; mettere le cozze a mollo nel resto del liquido filtrato e, se non si usano subito, far raffreddare e tenere in frigo.

Mettere teste e lische della gallinella e le teste di triglia nella pentola con la carcassa del rombo. Unire la cipolla privata solo della buccia esterna più secca e punzecchiata qua e là, lo zenzero sbucciato e leggermente schiacciato, la carota grande e il gambo di sedano mondati e ridotti a pezzettoni, gli steli di prezzemolo con le foglie e 4 o 5 grani di pepe.

Unire 2 litri di acqua fresca ed il liquido delle cozze tenuto da parte e salare appena; coprire, portare a leggero bollore e cuocere per 30 minuti circa, poi filtrare attraverso il telo fine e, se non si usa subito, far raffreddare il fumetto e porre in frigo.



Pulire le carotine e i cuori dei cipollotti e tagliarli in 2 per il lungo. Ridurre a pezzi uniformi le foglie di verza e le erbette, a bastoncini lunghi 5 o 6 cm le zucchine e a losanghe della stessa lunghezza le taccole. Privare i fiori di zucca del pistillo centrale e della corona di foglioline appuntite esterne. Salare delicatamente i pesci e i totani e insaporirli con una bella grattata di pepe.

Misurare 1,2 l di fumetto e portarlo a bollore. Tuffarvi verza, carote, cipollotti, zucchine e taccole e cuocere fino a che sono al dente, circa 5 minuti.

Intanto tagliare da un pane 16 fette sottilissime, spezzettarle in grosse briciole e tostarle in un tegame antiaderente ben caldo con 1 cucchiaio di olio fino a che sono dorate e croccanti.

Unire al brodetto i pesci, i totani, i fiori di zucca e le erbette e cuocere 4 minuti. Unire poi le cozze scolate e cuocere un altro minuto; regolare di sale se serve e spegnere.

Con un mestolo forato distribuire immediatamente pesci e verdure nei 4 piatti individuali, badando che ognuno abbia assaggi di ogni ingrediente. 



Versare un bel mestolo di fumetto in ogni piatto, cospargere con una cucchiaiata di briciole di pane e spolverizzare con il summac rimasto e una grattata di pepe. Servire il resto delle briciole tostate nei cucchiai posati a lato dei piatti.


Con questa ricetta partecipo entusiasta all'MTC di marzo 2016.

  • rivoli affluenti:
  • perchè l'arancia nel pane? Oltre ad una leggera citazione della bouilabaisse per la parte del nonno francese, ho in casa ancora qualche chilata di arance da smaltire, sempre per via di costui...
  • altre spettacolari proposte all'MTC sul tema brodetto qui!

Commenti

  1. Mamma mia Annalena, che poesia! Ma sai che nelle mie sconclusionate elucubrazioni pre gara avevo sfiorato l'idea del sumac? E avevo anche cominciato a fantasticare su un'ambientazione di fine Ottocento proprio qui a Scheveningen, quando ancora non era altro che un villaggio di pescatori. Poi non ti dico l'emozione nel leggere del tuo papà che lascia la barca per l'orto, perché anche il mio fece la stessa cosa quando non si sentì più di andar per mare...Bello bello bello tutto. E brava brava brava.

    RispondiElimina
  2. Dopo essermi andata a vedere chi fosse Pierre Cosso ed aver realizzato che anche la mia adolescenza ha percorso vie parallele a quelle delle mie coetanee...mi sono concentrata sul pane alle arance!
    Dalla foto si sente il profumo...

    RispondiElimina
  3. Ecco, il summac non so proprio che sapore ha..da solo. Però mi fido dalla tua ricetta e dal tuo racconto. Certo, Pierre Cosso è una mancanza gravissima ! Bello...il,brodetto intendo. Lui non è il mio tipo.

    RispondiElimina
  4. Sarà privo di tradizione, ma il tuo brodetto romantico mi intriga assai!!!!

    RispondiElimina
  5. @roberta: il mio pescava da riva (qui solo laghi e fiumi). Per il resto... te l'ho già detto che in qualche modo dobbiamo essere imparentate!

    @virò: strane adolescenze le nostre, no?!

    @marina: il summac è... aspro! Come se potessi ridurre in polvere il succo di limone, per darti l'idea, ma con un profumo leggermente differente. E sapessi quante altre mancanze fondamentali hanno segnato la mia adolescenza alternativa! Quando fanno i revival di musica dance sono totalmente spaesata, per dire...

    @mapi: perchè, quanto pensi che mi abbia sconvolto il tuo cuscus nero?! Piccolo genio...

    RispondiElimina
  6. Bello e buono il brodetto romantico ma... Il pane alle arance ha un aspetto spettacolare... Mi immagino il sapore... Complimenti!

    RispondiElimina
  7. Ciao Annalena, dopo essermi immersa nel tuo racconto, stacco un pezzo del tuo pane aromatizzato all'arancia e prendo spunto per trasformarlo in pane dolce da prima colazione: anche se sono Triestina non amo le preparazioni col pesce, lo so, sono "fuori" anche in questo :-D Ciao <3

    RispondiElimina
  8. @claudio: altrettanti complimenti a te... e al tuo stretto!

    @libera: be', su quel pane allora, senza nemmeno tante influenze dolci, perchè non ragionare di formaggi?! Sai quanto mi troveresti d'accordo...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mmmmm, già, mumble mumble, magari formaggi della mia adorata Regione <3

      Elimina
  9. Bel racconto di vita molto simpatico e quasi si vede leggendo tanto è curato e spontaneo nei particolari ricordi. "El brodeto" quasi espressione veneta ma a Trieste esiste ed è un piatto che viene presentato spesso nei locali, la maggioranza sulle rive, esclusivamente di pesce. Poi naturalmente bisogna conoscere quelle che è effettivamente ...buono in tutti i sensi sia di pescato fresco che di esecuzione. Molto interessante il tuo brodeto. I "brodeti" li ho un pò assaggiati in tutta Italia ovviamente le cittadine di costa più o meno saporiti. Di tutti mi piace se fatto bene il "caciucco" versione ligure ma se trovo il pescato fresco e buono (non facile qui..) lo vorrei proporre. Grazie cara preso nota e buona giornata.

    RispondiElimina
  10. Un brodetto romantico pieno di fascino e di cose buone! Lo adoro :)))

    RispondiElimina
  11. @edvige: ovviamente la ia è una versione decisamente anomala, con tutta quella verdura che so bene non appartenere ad alcuna tradizione. Trovare buon pesce, soprattutto a costi umani, è un po' un problema ovunque, credo.

    @ilaria: grazie ma tu sei sempre trooooppo di parte ;)

    RispondiElimina
  12. Il tuo post l'avevo letto due secondi dopo la pubblicazione e mi era piaciuto così tanto che ho deciso di ritornarci con calma e di non dedicargli solo una lettura superficiale in ufficio. Per cui oggi, a casa ammalata, ho riletto molto bene la ricetta (e pure la storia) e lo trovo ancora meglio di come la prima impressione me l'aveva mostrato; ancora non riesco ad immaginare il pane all'arancio perché mi suona nuovissimo come abbinamento però mi fido e credo a sensazione che quella zuppa abbia trovato un compagno perfetto.
    Un abbraccio, Lidia

    RispondiElimina
  13. @lidia: il realtà, davvero è poco più di un bollito in un semplice fumetto. Cercavo di ricreare lo "spirito" del brodetto originario più che il suo preciso sapore

    RispondiElimina
  14. Che colori e immagino i profumi, bella e sontuosa la tua proposta.

    RispondiElimina
  15. @rossella: i colori sono sgargianti ma il piatto in sé in realtà è molto semplice e "scarno"

    RispondiElimina
  16. Devi sapere che del pescato quanto non veniva venduto diventata merce di scambio che la moglie del pescatore utilizzava per rendere più ricca la sua dispensa. Qualche pesciolino, quindi, veniva barattato con gli ortaggi che finivano magari nella zuppa di pesce, come nella tua proposta curata nei minimi particolare e senza lasciar nulla al caso, con un occhio al Mediterraneo ed uno all'Adriatico, un piede in terra ed uno in acqua, così da poter godere di un'armonia davvero unica, frutto di tutte le tue contaminazioni familiari. Grazie di cuore per aver condiviso tutto questo con noi. Anna Maria

    RispondiElimina
  17. Che dire i tuoi piatti sono sempre dei grandi piatti,armonici,eleganti,mai banali...quel tuo pane all'arancia poi lo trovo favoloso. Bello anche il racconto dei tuoi ricordi.

    RispondiElimina
  18. @annamaria: nessuna filologia ittica in questo brodetto, come giustamente osservi. Solo la traccia del cuore, per un pescatore non si sa di quale sponda, semplicemente mediterraneo :D

    @francesca: se qui siamo armonici ed eleganti i tuoi gnudi di dentice e granchio a che livello li poniamo?!

    RispondiElimina
  19. Grazie per averci portato a rilassarsi, il vostro sito è meraviglioso, io sono ogni giorno più e non vedo fine quindi non ci sono novità.
    Grazie per averci dato tanta felicità!

    voyance gratuite par telephone

    RispondiElimina
  20. Grazie per questo bel post ... e sorridente (per nessun soggetto ovvio)!

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran...

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo ...

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,...

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento ...

peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m...

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz...

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!