Ho sviluppato, nell'arco della mia vita, diversi rapporti
con persone delle Marche ed ho così avuto negli anni tanti motivi differenti
per visitare la loro splendida regione: prima un fidanzatino di Osimo e poi uno di Falconara, rapporti professionali con realtà del Pesarese e di Tolentino, una conoscenza lavorativa
che si è trasformata in amicizia nell'Ascolano, un amico di infanzia che ora
insegna all'università a Macerata. Senza contare le esperienze da pura turista,
a volte nate come intere vacanze e a volte come brevi gite quando già mi trovavo nei paraggi:
Urbino, Loreto, Porto Recanati, solo per dirne qualcuna. E ogni volta che approfondivo la cultura gastronomica locale il legame con quella terra si approfondiva sempre di più e pensavo che non sarei più voluta ripartire!
A parte le scorpacciate di olive ascolane e di vincisgrassi,
di cresce sfogliate con infinite farciture di salumi e formaggi fantastici e di
brodetti di ogni profumo e colore, di coniglio in porchetta e di ciauscolo "del contadino", piatti che hanno resto la gastronomia marchigiana famosa in tutta Italia, c’è
un piccolo “oggetto gastronomico” che delle Marche mi ha sempre affascinato,
forse perchè in ogni luogo ne ho assaggiata una versione differente: i calcioni.
Chi li chiama caciuni, chi piconi e chi cargiù; chi li
frigge, chi li passa al forno e chi li interpreta a raviolo da lessare; chi nella
pasta dell'involucro usa lo strutto e chi l'olio, chi il lievito e chi il vino bianco; chi nel ripieno aggiunge erbe fresche e chi vaniglia, chi lo insaporisce con frutta secca e chi con limone… La sostanza ad ogni modo è sempre uno scrigno dolce e croccante (tranne nel raviolo) che racchiude una farcia a
base di pecorino e zucchero.
Le sue origini risalgono alle tradizioni medievali e
rinascimentali delle mense nobili, che non distinguevano nettamente come noi le
portate salate da quelle dolci e servivano bocconcini “ambigui” come questo insieme ad un misto di altri piattelli, tortelli e pasticci, indifferentemente salati, dolci o misti, nella stessa portata, detta
allora “servizio”.
Ora a volte si incontrano i calcioni nell'antipasto fritto insieme a olive farcite e crema dolce panata (anche questi di antico retaggio), altre volte invece rappresentano
uno snack fuori pasto. Spesso sono poi serviti come dessert, nella migliore tradizione classica che contempla
sotto questo termine sia i dolci che i formaggi, entrambi ora considerati una perfetta chiusura del pasto.
Ogni
località ha la propria versione di calcioni, per questo è difficile ricostruirne una
“classica”. Nemmeno nel trattato di cucina locale per antonomasia, quel
“Cuoco Maceratese” di Antonio Nebbia stampato per la prima volta nel 1781, se ne
trova traccia. Nebbia descrive sì dei bocconotti, una sfoglia di farina, strutto
(o burro o grasso di rognone), uova e sale, da farcire in vari modi, o dolci o
salati, e poi friggere o cuocere al forno, ma in nessuno dei ripieni che
propone compare questa fantastica commistione tra pecorino e ingredienti dolci.
Probabilmente perchè ai suoi tempi la distinzione tra dolce
e salato era già chiara e non intendeva tornare al passato con una ricetta tanto ibrida. Inoltre
ingredienti come lo zucchero erano ancora molto costosi, quindi riservati solo ai
dolci speciali della festa e anche su questo credo non volesse rischiare di creare confusione: nonostante il capitolo “torte” contenga sia ricette dolci che salate
senza indicazioni riguardo al momento più adatto per il servizio, si tratta
comunque di piatti tutti ben definiti nella loro “appartenenza di gusto”... o
dolci o salati!
L’utilizzo di un formaggio sapido insieme ad ingredienti
dolci è tipico di varie regioni italiane, soprattutto se si tratta di una
farcitura. Ma oggi ci concentriamo sui calcioni marchigiani, di cui io adoro la
versione fritta. E la frittura mi sembra un modo intrigante per avvicinare attraverso questa
specialità i paccheri di Pasta di Canossa alle Marche, destinazione del
quarto appuntamento con il #girodeiprimi
promosso da La Melagranata - Foode Creative Idea.
I paccheri sono un formato iconico della gastronomia campana
che in parte mi intimorisce perché difficilmente riesco a lessarli senza che
qualcuno si spezzi. In merito a ciò l'essere napoletano che vive con me a domanda risponde: “Eh, i paccheri rotti sono una cosa brutta... In famiglia lo accetti ma non è bello: sembra o scotto o trascurato, da soddisfazione vedere il pacchero perfettamente integro!”
Vero è che la qualità dei prodotti Pasta di Canossa,
tra cui questo formato è stato tra i primi ad entrare in produzione, è massima
grazie alle cure di cui si era parlato nelle “puntate precedenti”, compresa una
essiccazione lenta. Tecnicamente questo evita che la superficie esterna della
pasta perda umidità più velocemente che all'interno e l'essiccazione non risulti
uniforme, il che condiziona le caratteristiche organolettiche e nutrizionali
della pasta ed anche la sua tenuta in cottura. Da cui una rassicurazione in
merito al timore suddetto.
Ma nel frattempo mi è scattata un'altra tentazione che, al di là di tutto, salta a piè pari la questione: avendo deciso per paccheri ripieni della stessa farcitura dei calcioni, perchè non utilizzare i paccheri a mo' di guscio croccante e dunque... friggerli? Non parlo di pasta al salto, ma proprio di frittura a crudo, così come faccio spesso con i ravioli o con la pasta fresca. E, ovviamente frittura già farciti, altrimenti che calcioni sarebbero?
Questi il ripieno prescelto, le modalità di esecuzione per la frittura della pasta secca e l'escamotage che mi sono inventata per non far uscire la farcitura in cottura. Consistenza biscottata fuori, ripieno morbidissimo all'interno... non sono calcioni ma qualcosa, se possibile, di ancora più goloso!
Più pensato come un finger food che come un primo vero e proprio, scrivo le dosi per numero di pezzi e non per porzione. Anche perchè, in realtà, sono riusciti talmente gustosi che ce ne siamo poi scofanati una quintalata a testa... ed alla fine è si è rivelato un perfetto piatto unico! Nulla vieta, comunque di servirli a fine pasto come dessert goloso ed insolito...
Più pensato come un finger food che come un primo vero e proprio, scrivo le dosi per numero di pezzi e non per porzione. Anche perchè, in realtà, sono riusciti talmente gustosi che ce ne siamo poi scofanati una quintalata a testa... ed alla fine è si è rivelato un perfetto piatto unico! Nulla vieta, comunque di servirli a fine pasto come dessert goloso ed insolito...
Paccheri Pasta di Canossa a mo' di calcione marchigiano
ingredienti per 12 pezzi:
16 paccheri Pasta di Canossa
80 g di casciotta d'Urbino (*)
40 g di pecorino marchigiano stagionato
1 limone
1 uovo medio
1 cucchiaino colmo di zucchero (c.a 6 g)
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaino di maggiorana tritata
3 cucchiai di pinoli (c.a 30 g)
1 cucchiaiata di uva passa (almeno 12 chicchi)
3 cucchiai di Passerina delle Marche (o altro vino bianco marchigiano)
sale
pepe bianco al mulinello
olio di arachidi per friggere
Mettere l'uvetta a bagno nel vino; grattugiare il pecorino e tritare finissima la casciotta; grattugiare finemente tutta la scorza del limone.
Sbattere l'uovo in una ciotola e miscelarvi i formaggi, la scorza di limone, le erbe, lo zucchero, un terzo dei pinoli, una grattata abbondante di pepe e un pizzichino di sale (assaggiare prima perchè i formaggi sono sapidi).
Con un cucchiaino riempire di composto un pacchero fino a metà, inserire quindi un'uvetta scolata e terminare la farcitura con un altro cucchiaino di ripieno, premendo poi con le dita perchè si compatti bene: è perfetto se la farcia rientra di 1 mm rispetto al bordo del pacchero, perchè poi in cottura si gonfierà leggermente.
Ripetere con altri 11 paccheri, fino ad esaurimento del composto.
Frantulamre grossolanamente i 4 paccheri rimasti e frullarli a lungo con i pinoli tenuti da parte, in modo da ottenere una granella mista molto fine; mentre si scalda l'olio della frittura passare le estremità farcite dei paccheri nella granella premendo bene, in modo che la farcitura umida se ne ricopra completamente.
Friggere pochi paccheri per volta in olio caldo a 180 °C (una briciola di pane gettata nell'olio prima affonda e poi torna subito a galla sfrigolando) per 50 secondi circa, in modo che la pasta sia dorata ed il ripieno appena gonfio, e scolarli subito su carta assorbente.
Decorare i paccheri con un ciuffetto di erbe fresche e qualche spicchio di limone (oppure spolverarli di zucchero a velo...) e servirli belli croccanti, accompagnando con un calice di Passerina delle Marche freschissimo.
Mi sembrano un finger golosissimo!
RispondiElimina@virò: ...lo sono!
RispondiEliminaGolosi semplicemente partendo dal post! Grazie :)
RispondiEliminaGrazie per aver condiviso queste informazioni utili! Speriamo che si continuerà con il genere di cose che si fanno.
RispondiEliminavoyance gratuite mail