Come dicevo qualche tempo fa, sto cercando di raccontare sul blog le cose che imparo quando partecipo ad incontri con delle aziende produttrici, nonostante il tempo sia sempre poco, soprattutto quando si tratta di occasioni che risultano davvero formative.
E' il caso di una serata organizzata qualche settimana fa per la presentazione del Tabasco, la nota salsa piccante della Louisiana, e trascorsa in compagnia di Simone Rugiati e della sua dinamica visione della cucina, questa volta tutta a base proprio di Tabasco.
Non so perchè continuasse a sottolineare che non si trattava di una salsa messicana ma di un prodotto americano e a specificare che non si può parlare esattamente di salsa ma più di "insaporitore", adatto a millemila utilizzi, di cui in parte ha dato testimonianza e su cui in parte ha invitato gli astanti a sperimentare.
A me entrambi i concetti erano chiarissimi da sempre ed è sembrato strano sentirli ribadire, ma in effetti sono molti in Italia a confondere la cucina messicana con quella Tex-Mex o con quella degli Stati Uniti del Sud, che siano di confine o meno. D'altronde in quanti Americani pensano che sia tipico italiano qualsiasi piatto di pasta appaia nella gastronomia internazionale! Penso comunque che nessuno si sogni di utilizzare il Tabasco come una salsa a sé, versandone sulle patatine fritte o sulla sogliola a vapore una quantità simile al ketchup o alla bearnese...
Nonostante la serata certamente divertente (si trattava di ascoltare un mattatore simpatico e comunicativo prima ancora che un cuoco!), mi sono resa conto di quanto mi siano rimasti impressi, più delle ricette proposteci da Rugiati (per la cronaca: versione "tabascata" del cocktail Moscow Mule, insalata di verdure julienne con tofu e fave, astice con patate bianche e viola, sfilacci di costine di maiale con panelle) il racconto di come il Tabasco viene preparato, dal 1868 sempre nello stesso modo, e di quanto sia un prodotto teoricamente semplice nel concetto ma complesso nella realizzazione pratica.
Nella versione classica, quella che tutti conosciamo, si fa maturare il peperoncino rosso, prima ridotto in purea, con il sale estratto dalle miniere del posto (Avery Island, in Louisiana); riposa per 3 anni in botti di rovere in precedenza utilizzate per l'invecchiamento del bourbon, poi lo si diluisce con aceto distillato, si macera un altro mesetto, si filtra e si imbottiglia.
Lo stesso avviene per il Tabasco Green Pepper Sauce, la versione più delicata a base di peperoncino jalapeno verde, mentre si entra nel campo delle preparazioni più articolate per le altre versioni. Ad esempio nel Tabasco Chipotle Pepper Sauce, preparato, appunto, con la varietà chipotle, il peperoncino viene affumicato e dona alla salsa, che contiene anche aglio e cipolla, un profumo spettacolare.
Il Tabasco Habanero Sauce, quello very hot, non solo utilizza uno dei peperoncini più piccanti della scala Scoville, ma si ispira ad una salsa giamaicana, così nella sua composizione rientrano anche e banane, papaia, mango, pomodoro, cipolla e zucchero di canna.
E' utile forse raccontare a questo punto che la parola "salsa" nella cultura gastronomica Centro e Sudamericana definisce un insieme di verdura (e spesso frutta) tritato finissimo e condito con erbe e spezie, più simile nell'aspetto e nell'uso a un contorno o a un fresco intingolo che, come la intendiamo noi, ad una salsa cremosa di accompagnamento.
La definizione americana sauce che compare in etichetta, in realtà, non significa "salsa" ne' nel senso italiano ne' in quello senso sudamericano. E' semplicemente un'indicazione dell'utilizzo principale del Tabasco, ovvero un insaporitore "per" salse e per marinate, insomma un ingrediente per tutte quelle preparazioni che gli Statunitensi sono soliti spalmare su carne e pesce o utilizzare per condire insalate.
In questa logica, dell'aggiungere sapori intensi e particolari a qualsiasi preparazione, prendono senso anche altre tipologie di Tabasco non commercializzate in Italia, come quella dolce-speziata, molto mild, quella Buffalo-style perfetta con le alette di pollo, o quella raffinatamente pungente ai tre peperoncini e aglio, che non mirano solo a conferire il tocco piccante al piatto ma un intero bouquet di aromi.
Tra quelle presenti in Italia ed assaggiate durante la serata, la versione di Tabasco che ancora non conoscevo è ovviamente quella che mi sono accaparrata per future sperimentazioni casalinghe. Forse per i palati italiani rappresenta la meno immediata, ed ovviamente per me la più intrigante: quella Habanero di ispirazione caraibica.
L'ho abbinata a degli sgombri, che penso abbiano sufficiente carattere per sposarsi bene con questo aroma deciso, e che di solito cucino in forno su un letto di rondelle di limone, trucco che contribuisce a sgrassarli ed aromatizzarli.
Ho imparato questa finezza del letto di limone secoli fa da un vecchio numero de La Cucina Italiana. In quella ricetta ovviamente non compariva il Tabasco, ma solo limone, aglio e prezzemolo. Mi è piaciuto modificare qualcosa di quel grande classico proprio in omaggio all'origine del Tabasco prescelto, sottolineando il tocco fresco e caraibico con menta abbinata a limone.
Nella specifica versione del Tabasco Habanero le componenti acide sono fornite, oltre che dal classico aceto, anche dal tamarindo e in parte dalla frutta, che insieme allo zucchero di canna ne suggerisce anche le note dolci. Così ho pensato di evitare il succo di limone nell'emulsione finale del piatto classico, sostituendolo con un aceto molto delicato e vagamente dolce come quello di canna (che si può sostituire con altro aceto leggero, come quello di riso o di mele, con l'aggiunta di un pizzichino lievissimo di zucchero).
Ricetta italiana, sana e gustosa, con aromi un po' centroamericani e "salsa" statunitense: il mondo in un piatto!
Sgombri alla menta e Tabasco su letto di limone
ingredienti per 2 persone:
2 piccoli sgombri da circa 300 g l'uno
1 limone
1 spicchio di aglio
2 rametti di menta
1 cucchiaio di aceto di canna
4 gocce di Tabasco Habanero
2 cucchiai di olio extravergine leggero
sale
pepe bianco al mulinello
Eviscerare gli sgombri, eliminare le pinne, sciacquarli bene dentro e fuori sotto acqua corrente ed asciugarli con carta da cucina.
Tritare finemente l'aglio con le foglioline di menta, conservandone un paio per la decorazione; levare mezzo cucchiaino di trito e miscelare il resto con 4 gocce di Tabasco.
Tagliare a rondelle il limone ben lavato e disporre le fettine sul fondo di una pirofila da forno.
Salare gli sgombri dentro e fuori e farcirli con il trito al Tabasco.
Emulsionare velocemente olio e aceto e versarli sul pesce. Cuocere in forno ventilato a 180 °C (o statico a 200 °C) per circa 15 minuti, fino a che la polpa degli sgombri è bianca, l'occhio lattiginoso e la pelle leggermente dorata.
- rivoli affluenti:
- gli sgombri sul limone erano, mi pare, una ricetta di un numero estivo de La Cucina Italiana dei primi anni '90, ma non saprei ricostruire quale.
Ciao Annalena, ho rivalutato Simone Rugiati, mi era "scaduto" quando faceva la pubblicità ad una nota bibita gassata in abbinamento ai prodotti tradizionali della nostra splendida Italia... Ah, cosa non si fa per il denaro ;-) Buona giornata <3
RispondiElimina@ libera: ciao farfallina, di persona è ipercinetico e magari non per tutti la cosa è coinvolgente, ma quando cucina sa quello che fa. Secondo me diventa più interessante parlare con lui di cibo a telecamere spente.
RispondiEliminaLo credo anch'io, lo trovo immediato nell'ideare al momento una ricetta, sa di cosa parla ed ha una profonda conoscenza della materia prima, la nostra bella e brava gioventù. Ciao <3
RispondiEliminaCiao,
RispondiEliminauna breve nota per dire ti amo il tuo blog, quindi non privarmi!
Molto bel blog, grazie per i dettagli sulle riprese, sarà farmi crescere.
RispondiEliminavoyance en ligne