Dopo la popolarissima insalata di riso e i più "nordici" rösti, ecco il mio terzo (e ultimo, sigh!) contributo come ambasciatrice del Calendario del Cibo Italiano di AIFB, che oggi celebra la Giornata Nazionale di Luigi Veronelli.
Come dicevo è praticamente impossibile riassumere in poche righe l'importanza del lavoro di Veronelli per la cultura eno-gastronomica italiana ed il contributo che diede, in qualità di appassionato, di critico, di esperto e anche di promotore, allo sviluppo dell'enologia del nostro Paese.
Le sue trasmissioni televisive poi, insieme alle sue pubblicazioni e alle collaborazioni con esperti suo pari, aiutarono a diffondere la conoscenza della tradizione culinaria contadina e popolare, allora nota solo a livello locale e per lo più snobbata dalle nuove generazioni. Parte con lui, di fatto, il riscatto della "cucina povera", che lentamente si affranca dall'abbandono in cui era cascata con la ripresa del dopoguerra e viene rivalutata per la saggezza, la parsimonia e l'inventiva intrinseca delle sue ricette.
Per non disperderci nella citazione dell'infinito elenco delle sue opere, rischiando pure qualche omissione, racconto di un solo volume, scritto nel 1973 da Veronelli a quattro mani con il giornalista Gianni Brera e di cui ho la fortuna di avere sotto mano sia la recente ristampa che l'edizione originale: La Pacciada.
Nell'articolo per AIFB porto la testimonianza di una persona che collaborò alla sua pubblicazione e che ci racconta come lavorava Veronelli. Qui invece provo a sottolineare l'aspetto che più mi ha colpito dell'impostazione di questo libro nella selezione delle ricette: il recupero non solo del "popolare" ma proprio del "semplicissimo".
Mente a Brera erano affidate le pagine di inquadramento generale, di storia e di aneddotica sulla cucina lombarda "allargata" di cui tratta il testo, Veronelli si occupò di raccogliere le circa quattrocento ricette che ne illustravano la pratica a chi, in quell'epoca, ne stava smarrendo conoscenza proprio per la perdita totale di contatto con il mondo contadino dell'allora mitizzata "civiltà urbana".
E qui, tra i grandi classici che tutti si aspettano, come i risotti, le polente ed i piatti con pesci di acqua dolce, spuntano quelle ricette meno conosciute, semplici negli ingredienti ma complesse nei sapori, che facevano felici i nostri nonni ma che i più giovani guardavano con diffidenza: la Mariconda (Veronelli usa sempre le maiuscole, a rendere vero onore a quei capolavori!), una minestra di gnocchetti di pane, la Bissetta, un carpione di piccole anguille, la Frittata di rane, le Patate in umido o, mediamente abbastanza nota ai Lombardi, la Busecca, ovvero la trippa con cavoli e fagioli.
Ma la selezione dell'autore va oltre, citando preparazioni ancora più "povere", quelle messe insieme davvero con poco o nulla, tipo zuppe e frittate fatte quasi solo di pane e di erbe o dolci messi insieme con un uovo, castagne, anche qui pane, un pizzico di zucchero e poco altro. Tra queste alcune ricette fanno quasi tenerezza, come la Fitascetta, una focaccia di cipolle a cui si aggiungeva una spolverata di zucchero per la gioia dei bambini, o il Pan moià, una zuppa di acqua bollente su fette di pane, con erbe e un pochettino di lardo a condire.
L'intento di Veronelli è chiaro: sottolineare con rispetto la fantasia che ha fatto di materie prime umilissime capolavori e del riciclo una vera e propria arte. Questi piatti, quasi ignorati negli anni '70 in cui scrive, avevano sfamato le generazioni precedenti con sapori talmente corretti ed interessanti che sarebbe stato un peccato perdere per strada anche le ricette più semplici, come quella dei Borfadei, polenta e latte, o delle Uova in ciapp... le uova sode!
In omaggio alla volontà di valorizzazione di tutta quella sapienza popolare trascurata, con lo stesso spirito scelgo come piatto a commento di questa giornata la Busecca matta, l'imitazione di un piatto di trippa per chi nemmeno quel taglio poco nobile poteva permettersi.
La riporto con le parole di Veronelli:
La Busecca matta
Preparo con uova e burro tante frittatine sottili e morbide senza farle colorire; le lascio raffreddare; le taglio a tagliatelle. Preparo a parte un soffritto con dadini di pancetta magra, burro, erba salvia e cipollina; aggiungo un poco di salsa fresca di pomodoro e di brodo; condisco con sale; vi verso le frittatine e faccio sobbollire sino a che hanno assorbito tutto il liquido. Servo subito.
Dalle mie parti si aggiungono alla fine anche pepe nero e una spolverata di grana grattugiato, ma, ligia alla ricetta di Veronelli, qui non ho osato. Di seguito, in pratica, le dosi che ho usato:
per ogni persona:
2 uova
20 g di pancetta
mezza cipolla piccola (oppure 1 scalogno)
1 fogliolina di salvia
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro (non è stagione di salsa fresca, ora)
1 bicchiere di brodo vegetale leggero
10 g di burro
sale
Non conviene far aspettare la preparazione o le frittate assorbiranno completamente il sughetto e il piatto risulterà asciutto. Nel dubbio meglio abbondare di liquidi, perchè il buono (e saggio) del piatto è servirlo con tanto pane, fare scarpetta e riempirsi la pancia!
Mi auguro che molte altre persone ricordino, non solo oggi, la figura di Veronelli e che questa Giornata a lui dedicata, assolutamente dovuta, porti chi non lo conosce ad interessarsi all'immensa mole di conoscenze di vino, di cibo e di vita, che ci ha lasciato.
- rivoli affluenti:
- la foto di apertura è presa da qui
- la ristampa reperibile ora in libreria è: Gianni Brera, Luigi Veronelli, La pacciada. Mangiarebere in Pianura Padana,
Book Time, 2014, ISBN 978-88-6218-247-8
Complimenti per questa grande opera !!!
RispondiEliminagrazie, ma l'opera è quella di Veronelli, non la mia
EliminaMi sono imbattuto tuo sito da un retweet, così ho interagire e ho messo i commenti quando si tratta di me, e ne vale la pena.
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