Avvertenza: il post è lungo e pieno di sproloqui. Chi fosse interessato direttamente alla genesi del piatto può partire dal punto 1, chi volesse arrivare diritto alla ricetta parta dal punto 2. Per i masochisti la lettura inizia qui sotto.
La sfida dell'MTC n. 67 di settembre 2018 mi coglie alle spalle con la pasta col pesce, da ideare e preparare secondo le dettagliatissime indicazioni di Cristina di Poveri ma belli e buoni.
Il mio rapporto con il pesce è infatti controverso: da una parte tutte le mie famiglie antenate sono di origine montagnina o comunque terranea, dall'altra mia mamma cucinava poco in generale e in specifico il pesce praticamente mai.
Della mia infanzia erano protagonisti ittici i bastoncini surgelati e la sogliola al burro e salvia, proprio quando si esagerava. Mi padre a volte la domenica andava a pesca, portando a casa trote o lucci (da noi solo fiumi e laghi, il mare era per le vacanze estive e basta), che mia madre in genere regalava agli amici o al più cucinava au bleu, per dirla elegantemente, cioè lessati. O, di nuovo, friggeva nel burro.
Il mio primo esperimento di pesce fu, infatti, con una trota alle mandorle, ricetta trovata in un librino di ricette allegato come omaggio a non so più cosa (forse a un pacchetto di mandorle? Gli albori del marketing primi anni '80!). Una ricetta che a me, grossomodo quindicenne, parve geniale poiché spiegava come cuocere "creativamente" la trota nel burro e salvia (!) ma con l'aggiunta di mandorle a filetti.
Una pasta con trota e mandorle al burro e salvia è, in effetti, la prima idea che mi è venuta, per rispettare la parte di regolamento che suggeriva emozioni e ricordi. Ma tutto il resto delle istruzioni (fumetti, mantecature, senso negli abbinamenti, bla bla bla) sarebbe completamente mancato, così ho pensato che la storia strappalacrime della mia povera infanzia senza mare non bastasse e sono passata oltre. Con il senno di poi mi accorgo di essere stata pure fortunata: vista la superba pasta con trota, burro di yak, pinoli (e molto altro) di Eleonora non so che pesci avrei potuto pigliare!
Un'altra tentazione del cuore è stata pensare giapponese, luogo in cui sia pesce che pasta sono argomenti presi molto sul serio: esiste una ricchissima tradizione di pesce "povero", di cucina da pescatore e di preparazioni ittiche locali e di stagione che noi nemmeno possiamo immaginare, miseramente ridotti come siamo al binomio "cucina giapponese = sushi" come altri sanno pensare solo "cucina italiana = spaghetti".
Per quanto riguarda la pasta, invece, in Giappone non si mangia solo riso: ogni località ha il suo tipo di brodo e condimento per gli onnipresenti ramen, un po' come da noi per la pastasciutta, e molte sono le zone famose per la particolare farina, acqua o altri ingredienti, con cui si confezionano manualmente spaghetti e ravioli di differenti celerali, forme, dimensioni, sapori ed utilizzi.
Dunque la seconda tentazione stava prendendo corpo in una soba di grano saraceno (e anche qui, con il senno di poi, con le strepitose paste saracene che vedo avrei avuto davvero filo da torcere), da condire con kombu-dashi(brodo vegetale) e iwashi tsumire (polpette di sardine), in versione autunnale.
Se non che mi è successa una cosa imprevista: sabato scorso poco prima di uscire dall'ufficio, mentre già ripassavo mentalmente la lista della spesa per la domenica in cui avevo previsto di cucinare, ho saputo di dover lavorare tutti i weekend rimanenti della sfida, a partire proprio dal giorno dopo, e pure fuori sede, quindi senza cucine a disposizione.
1. Qui parte il racconto della ricetta
Così, mentre la sera del giorno successivo viaggiavo in treno di ritorno da Firenze, buio vellutato fuori e vicini di sedile appisolati, mi sono ricordata di un amore folle che mi era scattato mesi fa per uno sgombro vietnamita sciroppato nel succo di canna da zucchero fresco ed ho deciso: mi sarei ritagliata tempo di notte, avrei fotografato brutalmente con il flash ma, se avevo una sola opportunità di non perdere il treno per questa puntata dell'MTC, doveva essere per una cosa che mi tenesse sveglia dall'entusiasmo.
La galanga fresca è irreperibile nel supermercato sotto casa. Galanga e zenzero, però, appartengono alla stessa famiglia, nonostante il gusto della galanga sia più netto e pungente. Non ho modo di tuffarmi una mattina nel mercatino rionale, che è particolarmente multietnico e spesso mi riservava stupende sorprese vegetali, ma nel mio frigo non manca mai qualche rizoma di zenzero fresco, che questa volta userò in dosi abbondanti sperando faccia le veci della cugina.
Opto per il golden syrup, che mi permette di andare veloce ma al contempo eludere le alternative più lontane dal buonsenso. Lo diluisco non in acqua ma in brodo di pesce. L'abbondanza del fresco pungolìo dello zenzero, una serie di aromi umami come funghi e nuoc mam (una sorta di colatura di alici vietnamita che funge per tradizione da insaporitore al posto del sale), la piccantezza non del rau muong ma del più reperibile peperoncino e la forza dell'aglio mi aiuteranno a "distrarre" il palato dal dolce e ad arricchire il sapore finale del piatto.
Perché la parte in realtà più difficile (al di là di arrivare prima della chiusura del supermercato!) è ragionare su come proporre una pastasciutta allo sgombro e zucchero ad un palato italiano: noi dalla pasta, dal pesce e dal loro abbinamento ci aspettiamo di tutto fuorché la caramellosità!
La cucina orientale è abituata ad usare zucchero e affini nei piatti salati e in molte culture gastronomiche asiatiche non si chiude il pasto con un dolce perché dal punto di vista nutrizionale l'apporto di zucchero nel menù salato è già presente. Invece in Occidente, nonostante scalogno, funghi, aglio, peperoncino e colatura di alici possano certamente battere percorsi familiari sia ad una pasta che ad un pesce, quanto questi ingredienti "tranquilli" sono semplici aromatizzazioni in una salsa di base dolce ecco che noi ci cominciamo a perdere.
A me però l'idea di uno sciroppo come liquido di brasatura affascina parecchio. E allora decido di rompere gli schemi ed osare lo stesso: raffino la preparazione sfilettando lo sgombro per farne una brasatura più veloce, ne rivedo parzialmente il liquido, riproporziono la dolcezza del condimento e, soprattutto, decido di non usare noodle vietnamiti.
Ovviamente per il fumetto non era in previsione di usare le carcasse degli sgombri, secondo me inadatte, per cui ero già decisa a guardarmi in giro per un qualche pescetto da brodo. Ma, arrivata trafelata al supermercato, del nasello a cui miravo nemmeno l'ombra, ne' al banco avevano rimasugli di altro pesce adatti allo scopo!
Per non rinunciare ad un aroma di mare anche nello sciroppo ho optato per una piccola spigola, con cui tecnicamente non ho preparato un fumetto ma un semplice brodo, cuocendola con la polpa e senza tostature ne' rosolature.
La spigola lessata servirà poi altrove (non voglio turbare il protagonista sgombro con un comprimario di poca utilità), mentre il suo brodo, profumato ed armonioso, va a potenziare gli aromi orientali presenti nel piatto e conferisce la leggera speziatura (di solito più potente) dei brodi (anche con carne) vietnamiti. Se poi sono fuori concorso pazienza: più di così in una mezza nottata non avrei potuto combinare!
Ho però cercato una nota fresca, visto che per il gusto occidentale con questa carica zuccherina siamo ancora a rischio. Ecco il trito di menta finale e la pioggia di foglie all'ultimo. Una botta verde e fresca che aiuta anche visivamente il piatto, dai sapori tutti da intuire e nascosti dietro un aspetto abbastanza monocromatico.
Il procedimento segue il criterio orientale di preparare tutti gli ingredienti prima per dedicarsi all'ultimo a cotture veloci ed assemblaggio: basta organizzarsi e la realizzazione della ricetta è molto più semplice e spedita di quanto sembri ad una prima lettura. Di solito uso il wok ma qui ho preferito una padella spessa e antiaderente, per poter dare dei tempi di cottura facilmente replicabili.
Piccolo finale a sorpresa: apro la dispensa a sera inoltrata e non trovo il golden syrup che ricordavo (che sarebbe poi sciroppo di zucchero invertito),finito probabilmente da un po'. Momento di panico, poi mi viene incontro un vasetto di autentico miel de caña che non solo è proprio sciroppo di canna da zucchero ma è pure stato comprato in Spagna in un viaggio dai teneri ricordi. Ecco che, oltre all'ingrediente giusto al momento giusto, d'improvviso mi rispunta fuori il lato sentimentale della ricetta, che così alla fine è sorprendente davvero in tutti i sensi!
2. Qui parte la ricetta pura e semplice
Rigatoni di saragolla con sgombro in sciroppo aromatico di canna da zucchero, sulla falsariga di un ca nuc kho mia vietnamita
Ingredienti per 6 persone:
500 g di rigatoncini di semolato di grano duro Saragolla di Rustichella d'Abruzzo
4 sgombri interi, c.a 1 kg in tutto
200 g di funghi freschi, nel mio caso cremini (all'ora di chiusura il banco era vuoto di alternative)
6 piccoli scalogni
70 g di zenzero fresco
3 spicchi di aglio
25 g di zucchero di palma grattugiato (o muscovado)
20 g di sciroppo di canna da zucchero
2 cucchiai scarsi di nuoc mam
2 cucchiai di aceto di palma (o di riso)
2 peperoncini (meglio freschi, ma io li ho usati secchi)
8 rametti di menta fresca
6 cucchiai di olio di arachidi
sale
per il fumetto brodo di pesce:
1 piccola spigola intera, c.a 400 g
3 funghi cremini freschi
2 funghi shijtake secchi
1 scalogno
1 spicchio di aglio
1 rondella di zenzero spessa 5 mm
2 rametti di coriandolo
2 cucchiai di salsa di soia
1 bacca (non una stella intera!) di anice stellata
poche briciole di cannella
Per il brodo ammollare gli shijtake in 100 ml di acqua calda per 5 minuti; eliminare il gambo, tagliuzzarli e filtrarne l'acqua di ammollo.
Pulire la spigola, tagliarla a pezzi e disporla in pentola con i rametti interi di coriandolo, lo zenzero, i funghi freschi a pezzetti, i funghi ammollati e la loro acqua, lo scalogno e l'aglio spellati e tagliati in due, le spezie e la salsa di soia.
Coprire con 900 ml di acqua fredda, portare a leggero bollore e far cuocere 30 minuti a fuoco basso. Spegnere, filtrare, misurare 200 ml di brodo e sciogliervi lo sciroppo di canna da zucchero. Conservare il resto del brodo (circa mezzo litro) per la cottura della pasta.
Pulire gli sgombri, sfilettarli mantenendo la pelle (che ha un suo sapore) e privarli con cura delle lische usando una pinzetta: in merito i Giapponesi dicono che si devono cercare 13-15 spine per ogni filetto (meno impegnativo di un salmone, la cui baffa ne nasconde 27!).
Pestare in un mortaio (o frullare) 25 g di zenzero con 2 spicchi di aglio e mezzo cucchiaio di acqua, fino ad ottenere una pasta liscia e profumata. Tagliare il resto dello zenzero a bastoncini sottili e tritare finemente l'ultimo spicchio di aglio.
Tagliare a rondelle sottili gli scalogni e a fettine i funghi. Scaldare 2 cucchiai di olio in un ampio tegame, che possa poi contenere tutti i filetti di sgombro, e intanto assicurarsi di avere tutti gli ingredienti preparati a portata di mano.
Saltare i funghi nell'olio caldo a fuoco vivace con un pizzico appena di sale per 5 minuti circa, fino a che hanno rilasciato tutta la loro acqua, l'hanno consumata e si sono un pochino dorati.
Levarli dal tegame, unire in padella un altri 2 cucchiai di olio e, quando è caldo, versarvi gli scalogni, cuocendo a fuoco medio per 5 o 6 minuti fino a che sono morbidi e leggermente dorati.
Levarli dal tegame, unire in padella altri 2 cucchiai d'olio e l'aglio tritato, lasciandolo rosolare fino a che è dorato.
Versare nel tegame metà dello zenzero a filetti e la pasta di zenzero e aglio, cuocendo un minuto a fuoco vivace per un minuto, fino a che comincia a profumare intensamente.
Disporre nella padella i filetti di pesce con la pelle verso il basso e farli insaporire un minuto. Quando la polpa superiore comincia a schiarirsi levarli subito dal tegame.
Versare nella padella lo zucchero e 50 ml di brodo alla canna da zucchero, diluendoli bene a fuoco vivace: appena il liquido comincia a caramellare sui bordi levare dal fuoco ed attendere un minuto.
Versare nel caramello il resto dello zenzero a listelli ed il nuoc mam, mescolare fino a che lo zenzero è ben rivestito di salsa ed unire i filetti di sgombro, gli scalogni, i funghi e brodo alla canna da zucchero che copra giusto a filo il pesce (io c.a 120 ml).
Cuocere a fuoco basso per 8-10 minuti, mescolando ogni tanto in modo che il pesce, a mano a mano che cuoce, si sbricioli e si impregni di sciroppo.
Intanto lessare la pasta per 3 o 4 minuti meno di quanto indicato sulla confezione in acqua bollente a cui è stato aggiunto il brodo di pesce tenuto da parte (e, per i più coraggiosi, anche quello dolce eventualmente in avanzo). Assaggiare il liquido, ma non dovrebbe occorrere sale.
La salsa è pronta quando la polpa dello sgombro è morbida e sbriciolata in modo uniforme, le verdure ben saporite ed il fondo consumato e leggermente sciropposo (*).
Tritare grossolanamente le foglie di 3 rametti di menta ed unirle alla salsa. Versarvi poi i rigatoni e spadellare perché si insaporiscano bene e terminino di cuocere, se serve con un mestolino ancora del brodo di cottura della pasta.
Disporre la pasta nei piatti individuali, decorare con abbondanti foglie di menta fresca intere e servire.
Cristina ha scritto giorni fa che per un buon condimento bastano due ingredienti e motivazioni chiare. Qui abbiamo sgombro e canna da zucchero, e poi aromi e spiegazioni magari un filo sovrabbondanti, ma con questa ricetta partecipo lo stesso all'MTC n. 67 sulla pasta col pesce.
La sfida dell'MTC n. 67 di settembre 2018 mi coglie alle spalle con la pasta col pesce, da ideare e preparare secondo le dettagliatissime indicazioni di Cristina di Poveri ma belli e buoni.
Il mio rapporto con il pesce è infatti controverso: da una parte tutte le mie famiglie antenate sono di origine montagnina o comunque terranea, dall'altra mia mamma cucinava poco in generale e in specifico il pesce praticamente mai.
Della mia infanzia erano protagonisti ittici i bastoncini surgelati e la sogliola al burro e salvia, proprio quando si esagerava. Mi padre a volte la domenica andava a pesca, portando a casa trote o lucci (da noi solo fiumi e laghi, il mare era per le vacanze estive e basta), che mia madre in genere regalava agli amici o al più cucinava au bleu, per dirla elegantemente, cioè lessati. O, di nuovo, friggeva nel burro.
Il mio primo esperimento di pesce fu, infatti, con una trota alle mandorle, ricetta trovata in un librino di ricette allegato come omaggio a non so più cosa (forse a un pacchetto di mandorle? Gli albori del marketing primi anni '80!). Una ricetta che a me, grossomodo quindicenne, parve geniale poiché spiegava come cuocere "creativamente" la trota nel burro e salvia (!) ma con l'aggiunta di mandorle a filetti.
Una pasta con trota e mandorle al burro e salvia è, in effetti, la prima idea che mi è venuta, per rispettare la parte di regolamento che suggeriva emozioni e ricordi. Ma tutto il resto delle istruzioni (fumetti, mantecature, senso negli abbinamenti, bla bla bla) sarebbe completamente mancato, così ho pensato che la storia strappalacrime della mia povera infanzia senza mare non bastasse e sono passata oltre. Con il senno di poi mi accorgo di essere stata pure fortunata: vista la superba pasta con trota, burro di yak, pinoli (e molto altro) di Eleonora non so che pesci avrei potuto pigliare!
Un'altra tentazione del cuore è stata pensare giapponese, luogo in cui sia pesce che pasta sono argomenti presi molto sul serio: esiste una ricchissima tradizione di pesce "povero", di cucina da pescatore e di preparazioni ittiche locali e di stagione che noi nemmeno possiamo immaginare, miseramente ridotti come siamo al binomio "cucina giapponese = sushi" come altri sanno pensare solo "cucina italiana = spaghetti".
Per quanto riguarda la pasta, invece, in Giappone non si mangia solo riso: ogni località ha il suo tipo di brodo e condimento per gli onnipresenti ramen, un po' come da noi per la pastasciutta, e molte sono le zone famose per la particolare farina, acqua o altri ingredienti, con cui si confezionano manualmente spaghetti e ravioli di differenti celerali, forme, dimensioni, sapori ed utilizzi.
Dunque la seconda tentazione stava prendendo corpo in una soba di grano saraceno (e anche qui, con il senno di poi, con le strepitose paste saracene che vedo avrei avuto davvero filo da torcere), da condire con kombu-dashi(brodo vegetale) e iwashi tsumire (polpette di sardine), in versione autunnale.
Se non che mi è successa una cosa imprevista: sabato scorso poco prima di uscire dall'ufficio, mentre già ripassavo mentalmente la lista della spesa per la domenica in cui avevo previsto di cucinare, ho saputo di dover lavorare tutti i weekend rimanenti della sfida, a partire proprio dal giorno dopo, e pure fuori sede, quindi senza cucine a disposizione.
1. Qui parte il racconto della ricetta
Così, mentre la sera del giorno successivo viaggiavo in treno di ritorno da Firenze, buio vellutato fuori e vicini di sedile appisolati, mi sono ricordata di un amore folle che mi era scattato mesi fa per uno sgombro vietnamita sciroppato nel succo di canna da zucchero fresco ed ho deciso: mi sarei ritagliata tempo di notte, avrei fotografato brutalmente con il flash ma, se avevo una sola opportunità di non perdere il treno per questa puntata dell'MTC, doveva essere per una cosa che mi tenesse sveglia dall'entusiasmo.
E il ca nuc kho miavietnamita, letteralmente "pesce brasato in salsa di canna da zucchero", ne era capace!
So che lo sgombro è pesce più invernale ma so anche che la ricetta ha bisogno della sua anima grassa e del suo sapore intenso ed è scomoda da adattare a pesci azzurri correttamente tardo-estivi per la sua potenza.
So che lo sgombro è pesce più invernale ma so anche che la ricetta ha bisogno della sua anima grassa e del suo sapore intenso ed è scomoda da adattare a pesci azzurri correttamente tardo-estivi per la sua potenza.
Inoltre molte specie meno conosciute non hanno la diffusa reperibilità dello sgombro, che in questo caso è recuperabile nel supermercato vicino a casa anche a orario di chiusura, giusto quando il tram mi ci scarica davanti di ritorno dal lavoro! C'è pure un tocco di bieca praticità, insomma, tra le mie motivazioni, e l'espressione perplessa degli sgombri ne è testimonianza.
La ricetta vietnamita prevede di brasare il pesce intero con succo fresco di canna da zucchero, galanga a fettine e scalogno vietnamita e poi servirlo con riso bianco e solitamente tre contorni: castagne (base dolce), funghi (base sapida) e rau muong (verdura a foglie verdi leggermente piccante).
Il che significa che, per tradurre il ca nuc kho mia in un piatto di pasta, devo renderne più complesso il condimento, dargli una consistenza meno lenta e ricostruire nel modo più credibile possibile gli ingredienti originali di piatto e contorni.
Partiamo dai tre ingredienti base: per lo scalogno non mi pongo problemi perché si tratta dello stesso ortaggio che, un millennio fa, dal Medioriente è arrivato in Asia con i mercanti persiani ed in Europa con i Crociati: per avere un aroma più simile alla varietà vietnamita basta scegliere gli scalogni più piccoli e saporiti.
Per il succo fresco di canna da zucchero purtroppo qui (e credo nel resto d'Italia) c'è poco da fare: surrogati possibili, per quanto ne so, sono un caramello home-made molto liquido, il golden syrup diluito oppure, alla peggio, una bibita ricca di zucchero, tipo una di quelle lattine fintissime all'acqua di cocco che si trovano nei negozietti orientali (ma ho letto anche di qualcuno che usa coca cola!).
Opto per il golden syrup, che mi permette di andare veloce ma al contempo eludere le alternative più lontane dal buonsenso. Lo diluisco non in acqua ma in brodo di pesce. L'abbondanza del fresco pungolìo dello zenzero, una serie di aromi umami come funghi e nuoc mam (una sorta di colatura di alici vietnamita che funge per tradizione da insaporitore al posto del sale), la piccantezza non del rau muong ma del più reperibile peperoncino e la forza dell'aglio mi aiuteranno a "distrarre" il palato dal dolce e ad arricchire il sapore finale del piatto.
Perché la parte in realtà più difficile (al di là di arrivare prima della chiusura del supermercato!) è ragionare su come proporre una pastasciutta allo sgombro e zucchero ad un palato italiano: noi dalla pasta, dal pesce e dal loro abbinamento ci aspettiamo di tutto fuorché la caramellosità!
La cucina orientale è abituata ad usare zucchero e affini nei piatti salati e in molte culture gastronomiche asiatiche non si chiude il pasto con un dolce perché dal punto di vista nutrizionale l'apporto di zucchero nel menù salato è già presente. Invece in Occidente, nonostante scalogno, funghi, aglio, peperoncino e colatura di alici possano certamente battere percorsi familiari sia ad una pasta che ad un pesce, quanto questi ingredienti "tranquilli" sono semplici aromatizzazioni in una salsa di base dolce ecco che noi ci cominciamo a perdere.
A me però l'idea di uno sciroppo come liquido di brasatura affascina parecchio. E allora decido di rompere gli schemi ed osare lo stesso: raffino la preparazione sfilettando lo sgombro per farne una brasatura più veloce, ne rivedo parzialmente il liquido, riproporziono la dolcezza del condimento e, soprattutto, decido di non usare noodle vietnamiti.
La pasta in Vietnam sostanzialmente viene servita in brodo (vogliamo parlare del pho, praticamente il piatto nazionale?) oppure in insalata o saltata in padella ma, nonostante ce ne siano di diversi tipi, nessuno è strutturato per una cottura "all'italiana" come quella richiesta dal regolamento. Così per la pasta resto in Italia, abbandono il formato lungo orientale ed abbino lo sgombro e la sua salsa sciroppata ad un rustico rigatoncino di grano Saragolla (una varietà dell'antico korashan persiano, grano duro da cui deriva anche quella commercialmente chiamata kamut), il cui gusto intenso e antico accoglierà con la giusta attenzione e sicurezza un condimento tanto particolare.
Ovviamente per il fumetto non era in previsione di usare le carcasse degli sgombri, secondo me inadatte, per cui ero già decisa a guardarmi in giro per un qualche pescetto da brodo. Ma, arrivata trafelata al supermercato, del nasello a cui miravo nemmeno l'ombra, ne' al banco avevano rimasugli di altro pesce adatti allo scopo!
Per non rinunciare ad un aroma di mare anche nello sciroppo ho optato per una piccola spigola, con cui tecnicamente non ho preparato un fumetto ma un semplice brodo, cuocendola con la polpa e senza tostature ne' rosolature.
La spigola lessata servirà poi altrove (non voglio turbare il protagonista sgombro con un comprimario di poca utilità), mentre il suo brodo, profumato ed armonioso, va a potenziare gli aromi orientali presenti nel piatto e conferisce la leggera speziatura (di solito più potente) dei brodi (anche con carne) vietnamiti. Se poi sono fuori concorso pazienza: più di così in una mezza nottata non avrei potuto combinare!
A chiudere il cerchio una breve riflessione sull'acidità: a parte la presenza limonosa e pungente dello zenzero, nella ricetta originale non è previsto alcun ingrediente specificamente aspro e così ho voluto mantenere il mio piatto, aromatico ma sempre morbido nella sua latente dolcezza.
Ho però cercato una nota fresca, visto che per il gusto occidentale con questa carica zuccherina siamo ancora a rischio. Ecco il trito di menta finale e la pioggia di foglie all'ultimo. Una botta verde e fresca che aiuta anche visivamente il piatto, dai sapori tutti da intuire e nascosti dietro un aspetto abbastanza monocromatico.
Il procedimento segue il criterio orientale di preparare tutti gli ingredienti prima per dedicarsi all'ultimo a cotture veloci ed assemblaggio: basta organizzarsi e la realizzazione della ricetta è molto più semplice e spedita di quanto sembri ad una prima lettura. Di solito uso il wok ma qui ho preferito una padella spessa e antiaderente, per poter dare dei tempi di cottura facilmente replicabili.
2. Qui parte la ricetta pura e semplice
Ingredienti per 6 persone:
500 g di rigatoncini di semolato di grano duro Saragolla di Rustichella d'Abruzzo
4 sgombri interi, c.a 1 kg in tutto
200 g di funghi freschi, nel mio caso cremini (all'ora di chiusura il banco era vuoto di alternative)
6 piccoli scalogni
70 g di zenzero fresco
3 spicchi di aglio
25 g di zucchero di palma grattugiato (o muscovado)
20 g di sciroppo di canna da zucchero
2 cucchiai scarsi di nuoc mam
2 cucchiai di aceto di palma (o di riso)
2 peperoncini (meglio freschi, ma io li ho usati secchi)
8 rametti di menta fresca
6 cucchiai di olio di arachidi
sale
per il
1 piccola spigola intera, c.a 400 g
3 funghi cremini freschi
2 funghi shijtake secchi
1 scalogno
1 spicchio di aglio
1 rondella di zenzero spessa 5 mm
2 rametti di coriandolo
2 cucchiai di salsa di soia
1 bacca (non una stella intera!) di anice stellata
poche briciole di cannella
Per il brodo ammollare gli shijtake in 100 ml di acqua calda per 5 minuti; eliminare il gambo, tagliuzzarli e filtrarne l'acqua di ammollo.
Pulire la spigola, tagliarla a pezzi e disporla in pentola con i rametti interi di coriandolo, lo zenzero, i funghi freschi a pezzetti, i funghi ammollati e la loro acqua, lo scalogno e l'aglio spellati e tagliati in due, le spezie e la salsa di soia.
Coprire con 900 ml di acqua fredda, portare a leggero bollore e far cuocere 30 minuti a fuoco basso. Spegnere, filtrare, misurare 200 ml di brodo e sciogliervi lo sciroppo di canna da zucchero. Conservare il resto del brodo (circa mezzo litro) per la cottura della pasta.
Pulire gli sgombri, sfilettarli mantenendo la pelle (che ha un suo sapore) e privarli con cura delle lische usando una pinzetta: in merito i Giapponesi dicono che si devono cercare 13-15 spine per ogni filetto (meno impegnativo di un salmone, la cui baffa ne nasconde 27!).
(attenzione: NON usare mai taglieri di legno e coltelli da scalco per il pesce... neanche con la scusa che l'ora tarda confonde le idee!) |
Sciacquare bene i filetti e disporli in una vaschetta con 500 ml di acqua acidulata con l'aceto, lasciandoli riposare una decina di minuti. Sciacquarli poi, asciugarli con carta da cucina e spalmarne la polpa con i peperoncini tritati finemente (nel mio caso sbriciolati).
Pestare in un mortaio (o frullare) 25 g di zenzero con 2 spicchi di aglio e mezzo cucchiaio di acqua, fino ad ottenere una pasta liscia e profumata. Tagliare il resto dello zenzero a bastoncini sottili e tritare finemente l'ultimo spicchio di aglio.
Tagliare a rondelle sottili gli scalogni e a fettine i funghi. Scaldare 2 cucchiai di olio in un ampio tegame, che possa poi contenere tutti i filetti di sgombro, e intanto assicurarsi di avere tutti gli ingredienti preparati a portata di mano.
Saltare i funghi nell'olio caldo a fuoco vivace con un pizzico appena di sale per 5 minuti circa, fino a che hanno rilasciato tutta la loro acqua, l'hanno consumata e si sono un pochino dorati.
Levarli dal tegame, unire in padella un altri 2 cucchiai di olio e, quando è caldo, versarvi gli scalogni, cuocendo a fuoco medio per 5 o 6 minuti fino a che sono morbidi e leggermente dorati.
Levarli dal tegame, unire in padella altri 2 cucchiai d'olio e l'aglio tritato, lasciandolo rosolare fino a che è dorato.
Versare nel tegame metà dello zenzero a filetti e la pasta di zenzero e aglio, cuocendo un minuto a fuoco vivace per un minuto, fino a che comincia a profumare intensamente.
Disporre nella padella i filetti di pesce con la pelle verso il basso e farli insaporire un minuto. Quando la polpa superiore comincia a schiarirsi levarli subito dal tegame.
Versare nella padella lo zucchero e 50 ml di brodo alla canna da zucchero, diluendoli bene a fuoco vivace: appena il liquido comincia a caramellare sui bordi levare dal fuoco ed attendere un minuto.
Versare nel caramello il resto dello zenzero a listelli ed il nuoc mam, mescolare fino a che lo zenzero è ben rivestito di salsa ed unire i filetti di sgombro, gli scalogni, i funghi e brodo alla canna da zucchero che copra giusto a filo il pesce (io c.a 120 ml).
Cuocere a fuoco basso per 8-10 minuti, mescolando ogni tanto in modo che il pesce, a mano a mano che cuoce, si sbricioli e si impregni di sciroppo.
Intanto lessare la pasta per 3 o 4 minuti meno di quanto indicato sulla confezione in acqua bollente a cui è stato aggiunto il brodo di pesce tenuto da parte (e, per i più coraggiosi, anche quello dolce eventualmente in avanzo). Assaggiare il liquido, ma non dovrebbe occorrere sale.
La salsa è pronta quando la polpa dello sgombro è morbida e sbriciolata in modo uniforme, le verdure ben saporite ed il fondo consumato e leggermente sciropposo (*).
Tritare grossolanamente le foglie di 3 rametti di menta ed unirle alla salsa. Versarvi poi i rigatoni e spadellare perché si insaporiscano bene e terminino di cuocere, se serve con un mestolino ancora del brodo di cottura della pasta.
Disporre la pasta nei piatti individuali, decorare con abbondanti foglie di menta fresca intere e servire.
Cristina ha scritto giorni fa che per un buon condimento bastano due ingredienti e motivazioni chiare. Qui abbiamo sgombro e canna da zucchero, e poi aromi e spiegazioni magari un filo sovrabbondanti, ma con questa ricetta partecipo lo stesso all'MTC n. 67 sulla pasta col pesce.
(* per la precisione qui ho levato 2/3 del sugo, che poi congelerò, ed ho proseguito con la cottura ed il condimento di soli 180 g di pasta, per due porzioni)
- rivoli affluenti:
- altre appaganti ricette di pasta col pesce tutte da gustare nella pagina degli sfidanti!
- la pasta di Rustichella d'Abruzzo è questa
- la foto del ca nuc kho mia vietnamita è presa daqui.
sarà pure uno sproloquio, come dici tu, ma io l'ho letto tutto d'un fiato!Che punto 1 -2- 3 ... tutto molto interessante e anche divertente!
RispondiEliminaQuanto al piatto, a me ispira! Di vietnamita ho assaggiato solo delle verdure agrodolci qualche anno fa e mi erano piaciute, assaggerei volentieri questa pasta, ha tutte le carte in regola per essere favolosa! Complimenti!
Qui di vietnamita in effetti è rimasto più il concetto che il piatto, ma devo dire che se lo si assaggia senza conoscere l ricetta si sente gusto di oriente e non di dolce... quindi se ti stuzzica l'assaggio vai pure tranquilla!
EliminaI bambini mi hanno tirato giù dal letto alle 5:30 e dopo aver dato loro la colazione, sono venuta direttamente qui. A parte che grazie della citazione, ma sai che anche noi in un principio siamo partiti dall'idea della Truite Amandine? E ci siamo trovati con la tua stessa perplessità, diversa dalla perplessità dei tuoi sgombri :)
RispondiEliminaLa perplessità dello sgombro ora che ci penso potrebbe diventare il titolo di un best seller.
Mi piacciono tutti gli sproloqui che ti hanno condotta a questo risultato finale, la tua abilità nel descrivere i sapori convince anche chi sarebbe scettico sulla presenza dello sciroppo e dell'abbinamento con lo sgombro. E qui mi includo che quando ho letto il titolo ho detto: cosaaaaaa???? :) E poi mi hai convinta almeno ad assaggiare per ricredermi.
Per fortuna che lo sgombro si trova anche in questi mari.
Immensa sempre, Grazie!
Ecco, se lo rifaceste proprio voi sarei curiosissima dei pareri di tutta la banda!
EliminaA prescindere dal l'iniziale perplessità sulla cottura io amo leggere i tuoi post proprio perché partono da "Caro amico", raccontano il mondo, le varie culture, sono impregnati della conoscenza del mondo orientale sopratutto che bisognerebbe archiviarli a parte e cndultare come bibliografia ! Concordo...la perplessità dello sgombro è pari all'eleganza del riccio 😊
RispondiEliminaEcco vedi... ho proprio sbagliato il titolo della ricetta: l'avessi chiamata "rigatoni con sgombri perplessi dallo sciroppo" forse avrebbe reso meglio l'idea dello sconcerto sollevato dalla proposta! 😂
Eliminavabbè, che io ami tutto quello che proponi non è una novità, ma questa pasta mi attira forse più di tutto. Sei semplicemente pazzesca e ammiro la tua grande conoscenza della cucina asiatica nel suo vastissimo complesso, la tua padronanza degli ingredienti che ti permette di pensare e realizzare abbinamenti sempre adeguati e perfetti. Hai evocato bastoncini, trote e sogliole, per me erano sempre palombo in umido e sardine fritte, ma il palombo lo odierò per la vita... Grazie per un'altra chicca che va ad aggiungersi alle innumerevoli che ho deciso di fare..
RispondiEliminaSì, noi stiamo qui continuamente a farci complimenti ma... quando venite a cena allora?!!!!!!
EliminaMa quanto deve essere buona ... quanto!!! Complimenti
RispondiEliminaEh, all'essere napoletano è piaciuta tanto, il che significa che in fondo in fondo un suo senso c'è l'aveva. Comunque un pochino di sugo in freezer c'è l'ho, ci fossero dei volontari coraggiosi nei paraggi!
Elimina(NB: i due "c'è" al posto dei "ce" sono colpa del correttore automatico!)
EliminaSarei andata avanti a leggere Per ore. Hai un sapere sconfinato e amo il fatto che ce ne regali sempre un po' anche a noi comuni mortali. Anche io ho azzardato con un elemento dolce e vorrei avere la tua conoscenza ed esperienza x poter argomentare una scelta come quella. Ovviamente di strada ne devo fare parecchia. Praticamente è possibile assaggiare questo piatto anche dallo schermo da tanto è ben descritto.
RispondiEliminaCome risposta ti rivolgo la stessa considerazione di due commenti fa: e se non ora quando?!
Eliminaquesto sì che è argomentare e spiegare ma da te non mi stupisco né mi stupisco se ci proponi uno sgombro caramellato con i rigatoni! e seguo affascinata il filo dei tuoi pensieri e tutte le spiegazioni dettagliatissime che anche per chi non è avvezzo a certi sapori, fai capire benissimo il risultato finale. E perché mai dovresti essere fuori concorso? hai fatto il brodo di pesce, va benissimo, brodo, fumetto, bisque e altri liquidi di cottura dei pesce, tutto fa...brodo, appunto ;-)
RispondiEliminaGRazie
Bene, almeno sono riuscita con il post a rendere l'idea del sapore. Che poi sia una ricetta decisa di gusto e forte di pensiero, e che forse non arrivi completamente a chi è più avvezzo al gusto per il pesce di impronta italiana, be', questo è altrettanto vero ed è tutto un altro paio di maniche 😊
EliminaNon so se sarà nelle mie corde ma in un momento di "pazzia" ci posso provare. Io adoro lo sgombro aperto con aromi incluso aglio fatto sulla piastra oppure al forno ma, m'intriga il sapore che attraverso le parole mi hai trasmesso. Si aggiunge ad altre tue più complesse ma non dimenticate. Ci sono certi sapori=ingredienti e qualche utilizzo di quello che io chiamo "gli ordegni del cuoco" che io non ho i secondi ed i primi qui a Trieste sono di difficile reperibilità. Infatti acquisto sapori orientali durata un anno in Austria quando vado al campeggio in giugno e allora mi porto quello che posso dal megozio Thai e altri orientali. A me piacciono questi sapori all'altro...marito..non tanto e siamo solo due e fare solo per me non ho tanta voglia. :D Bene copiata e scusa la lunga chiaccherata. Buona giornata e settimana.
RispondiEliminanei tuoi commenti metti sempre a confronto la tua esperienza con la mia e questa cosa mi arricchisce molto: perché dovrei scusarti?! Al contrario: ti ringrazio assolutamente!
Elimina... eh si ho molto da imparare da te e ne faccio tesoro e ti ringrazio per la tua considerazione verso un "autodidatta". Un abbraccio.
EliminaAllora qui le "autodidatte" siamo in due! 😊
EliminaIl tuo sito mi ha aiutato molto a conoscere diverse cose, grazie mille.
RispondiEliminavoyance gratuite par mail
abbinamenti insoliti che del resto fanno parte del tuo stile..o meglio del tuo sapere culinario..che io neanche 100 vite mi basterebbero x poter assimilare e rendere mio... cmq io mi fido del tuo gusto e scommetto che il risultato è spaziale :)
RispondiEliminaIl risultato è orientale nell'anima raffinata e nell'armonia dei sapori, molto fusi uno nell'altro nonostante siano tutti abbastanza decisi. E forse il titolo ad effetto mette fin troppo in evidenza la dolcezza, che in realtà è solo una delle componenti
EliminaSalto subito alla ricetta e non perchè non mi sia goduta il post (al solito, un enorme piacere), quanto perchè, udite udite, CONOSCO QUESTO PIATTO!!!! tanto non riesco a trovare la quadra fra il mio palato e la cucina "cinese" di qui (hainanese, sostanzialmente), tanto non reggo i mix pungenti-dolci della cucina di Peranakan, quanto mi sciolgo di fronte a tutto quello che è vietnamita. Quindi, ho assaggiato questo sgombro e ho letto divertita di tutti i salti mortali che hai fatto per adattarlo a questa sfida. Concordo con la tua ultima precisazione, nel commento qui sopra, quando dici che la dolcezza è l'ultimo dei sapori. Diciamo che è l'elemento che attenua le punte pungenti di un piatto molto complesso come complessa è tutta la cucina viet (ah, la France...!) per cui plaudo all'idea di trasformarlo in un sugo coi maccheroni. Anzi, non vedo l'ora di fare vedere questa ricetta alle mie amiche oriunde, per sentire cosa ne pensano. E magari per provare a farlo qui. Sarebbe un bellissimo momento di cucina fusion (e di menti fusion :), ma guai al mondo se non ci fossero!
RispondiEliminaEcco: se lo cucinate davvero voglio non solo le foto, ma soprattutto tutte le critiche e tutti i consigli che emergeranno! Se penso a quanto sia confusa qui la definizione di "cucina orientale" e quanto abusato il termine "fusion" non vedo l'ora di interagire con gente seria, che invece conosce l'esatto significato del mondo che si apre dietro ad ognuna di queste parole. Lovvovi, indiscutibilmente.
EliminaIo rimango sempre stupita da come ti muovi e ragioni in cucina. Riesci a trasformare ricette e renderle tue. Fondere stili e sopratutto trasferirli in piatti totalmente diversi per provenienza e gusti é davvero difficile ma a te riesce così facile!!! É bellissimo poter leggere la genesi di questo piatto aiuta a capire come si dovrebbe pensare in cucina. Quindi che dire se non che adoro il tuo sgombro sciroppato, gli abbinamenti di sapore e l'idea genere che hai avuto?!!! E poi non c é cosa migliore di cucinare qualcosa di speciale che ci entusiasma riempendoci di energia!!! Alla fine quello é fondamentale :-)
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RispondiEliminaMile: no dai, io credo che ognuno abbia diritto a "pensare in cucina" esattamente come gli viene, e anche a cucinare senza pensare, ogni tanto, Certo, poi piatti come la tua pasta risottata alla ricciola senza pensiero non è che proprio escono per caso...
RispondiEliminaMi spiace non aver tempo di commentare, ma ho letto tutte le ricette e la tua è una di quelle che decisamente rifarei. E senza neppure stare a spiegare quanto i Giapponesi amino la ricciola...
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