Un po' difficile mantenere lo spirito natalizio, dopo la partenza di A. Da qualche hanno ci si era allontanati ma per un bel pezzo le nostre vite hanno avuto molto in comune. Soprattutto l'amore nei confronti di una persona, e poi anche la passione per i tessuti d'arredo e per la buona cucina.
Quello che gli ho sempre invidiato è la pacatezza. Certo, poi a volte si infiammava e quelli non erano momenti in cui prenderlo sotto gamba, ma nelle conversazioni tranquille, nel ritmo lento dei gesti, nei toni bassi della voce... ecco: era quello il lato di lui che mi affascinava, e che mi tranquillizzava, nel mio moto perpetuo e disordinato.
Veniva da una famiglia di panettieri e una volta si mise in testa, insieme a mio padre, di tradurre gli appunti dal quadernetto avita e fare il panettone in casa: da settembre ogni settimana ci arrivava sulla tavola una nuova prova, fino al trionfo del capolavoro vero e proprio, uno solo ben riuscito tra mille esperimenti, giusto per Natale!
Il luccichio gioioso e soddisfatto dei suoi occhi tondi mentre ce lo serviva lo faceva assomigliare ad un bambino: magari un po' calvo e rugoso, va bene, ma davvero un'anima pulita, che godeva di questa piccola gioia familiare come della più grande fortuna del mondo. Questo Natale potrò anche avere davanti il panettone della pasticceria più chic di Milano, ma so che non avrà quel sapore orgoglioso e sincero del capolavoro casalingo di quella volta.
Non ho solo ricordi gastronomici, ovviamente, in vari anni di frequentazione, ma qui voglio ricordarlo attraverso gesti di cucina, che altre emozioni più private sono da condividere attraverso abbracci di persona e lacrime reali, non c'entrano molto con la rete.
Da lui ho imparato la visione piemontese del cucinare e, tra le altre ricette, un civet speciale. Magari non sarà quello storico addensato con il sangue e fegatini o quello ancora più antico con il pane, ma era il sivè della sua famiglia. E siccome ne ho fatto parte pure io, lo servo oggi, nella vita e sul blog, tutto per lui. E so che da lassù se lo sta gustando davvero, con quei suoi occhioni luccicanti di bambino goloso e soddisfatto.
In India si dice che il profumo delle vivande che sale verso il cielo sia il nutrimento degli dei e ho imparato di recente che sempre in cielo, su in alto a sinistra, puoi trovare tutti quelli che ti mancano. Spero il profumo del civet arrivi fino a lì e che ti sia grato, placido A. Il mio saluto di oggi sappiamo essere solo un arrivederci.
Il coniglio (oppure lepre) in civet di A.
ingredienti per 6 persone:
1 bel coniglio, circa 1,5 kg da pulito
1 bottiglia e 1/2 di Barbera (o altro vino rosso piemontese corposo, io qui Nebbiolo)
250 ml c.a di brodo di manzo
3 cipolle
2 carote
2 gambi di sedano
4 spicchi di aglio
1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
4 foglie di alloro
2 rametti di rosmarino
8 chiodi di garofano
8 grani di pepe nero
2 cucchiai di olio extravergine
sale
Tagliare il coniglio in pezzi abbastanza piccoli; tritare cipolle, carote sedano e aglio; sfogliare il rosmarino e spezzettare l'alloro. Se si usa lepre meglio farla frollare prima 2-3 giorni in freezer.
Distribuire verdure, erbe e spezie in una pignatta, disporvi sopra il coniglio, coprire con il vino e lasciar marinare coperto in frigo una notte (se lepre 24 ore).
Scolare ed asciugare il coniglio e rosolarlo in un ampio tegame con l'olio caldo fino a che è dorato su tutti i lati.
Unire le verdure scolate e il pomodoro e cuocere a fuoco vivace per qualche minuto, fino a che sono asciutte e cominciano a colorirsi.
Versare nel tegame il vino della marinata e cuocere a fuoco medio per circa mezz'ora (lepre un'ora abbonante a fuoco un filo più basso).
Unire il brodo (se lepre almeno 500 ml) e, se serve, una presina di sale, e cuocere altri 10-15 minuti (lepre il doppio, sempre a fuoco basso), fino a che il fondo si è quasi asciugato e la polpa del coniglio internamente è chiara ma morbida.
Se la salsa fosse troppo liquida legarla con un un cucchiaino di fecola di patate o di amido di mais sciolti in un cucchiaio di liquido e poi unito al resto, ma con queste dosi non serve. Frullare eventualmente il fondo è un'operazione opzionale, se si vuole una salsa molto liscia, ma così un pochino rustica racconta meglio la storia del coniglio.
Servire con polenta o con patate e accompagnare il pasto con lo stesso vino usato in cottura.
- rivoli affluenti:
- mi sono resa conto che in quasi tutte le ricette piemontesi che ho qui sul blog c'è un pezzettino della tua famiglia: un vero tuffo nei ricordi, come capita e come serve, quando ci si ritrova come oggi a vivere pienamente la condivisione di un'emozione grande.
A me la selvaggina di pelo mi è sempre piaciuta ma le occasioni per gustarla molto poche. E' difficile trovare per due la selvaggina la devi ordinare e come minimo è per 10 persone. Prendo la ricetta magari con il coniglio si può fare non sarà la stessa cosa... buona fine settimana.
RispondiEliminaguarda... qui pure io ho usato coniglio e devo dire che ha un suo bel perchè lo stesso.
EliminaUn ricordo dolce il tuo ... che capisco bene.
RispondiEliminaIl civet, essendo piemontese anche io, è presente anche sulla nostra tavola e mi sembra un’ottima idea per portare avanti profumi e sapori di un tempo, nel tempo. 🤗
sarei curiosa di conoscerne la tua versione: so che ognuna ha il suo segreto e qui non si finisce mai di imparare.
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