Passa ai contenuti principali

MysTery Cloche, l'MTC della transizione: sapori occidentali in cotture orientali


Uno alza la cloche misteriosa e si ritrova limone, pistacchio, fragola, caffè, riso, triglia e faraona. Che, se si escludono (ma solo volendo!) gli ultimi due, potrebbero suonare tutti come ottimi gusti per un gelato. Invece sono gli ingredienti della MysTery Cloche di questo strano MTC di transizione, che sta passando da una sfida ad una scuola e vede in questa puntata tutti i partecipanti, non solo i candidati alla seconda tornata di posti, valutati da tutta la redazione.

Io ci sono in mezzo sia come partecipante che come valutatore: ci sarà da ridere nell'incrociare almeno quattro di questi ingredienti in un unico piatto che insieme sia tecnico, creativo e ben presentato e che, a proposito di incroci, sia per me soprattutto all'altezza dell'incrocio di voti con la redazione.

Intanto, escluso il gelato in partenza come proposta assoluta, mi è rimasta comunque addosso la "sensazione del gelato" della prima emozione e l'ho istintivamente collegata alla tentazione di declinare in modo giapponese, oltre che cremoso, fresco e goloso, il riso della cloche, l'unico ingrediente a cui ero certa fin dall'inizio non avrei assolutamente potuto rinunciare! 

In un Giappone che ha accolto il gelato da pochi decenni la soluzione mi è sembrata semplice: una imprenditrice nipponica sposata ad un Americano si è inventata una negli anni '80 un'ibridazione buffissima tra i tradizionali dolcetti mochi (bocconcini di riso glutinoso ridotto in pasta e farcito con creme dolci) e la nostra ghiacciata golosità occidentale... che per la verità ha un suo parente storico in India, ma ne parleremo in altra occasione.

Questa moderna fusione di due tradizioni è stata da lei battezzata yukimi daifuku, in cui daifuku è il nome dei mochi tondi farciti di fagioli dolci e yukimi è il momento in cui in Giappone si ammira la caduta della neve, come succede in primavere con la fioritura dei ciliegi o in autunno con il colorirsi delle foglie di acero. 

Tanta deliziosa poesia definisce una pallina di gelato avvolta in uno strato sottile di impasto di mochi e da nome commerciale è oramai divenuto la denominazione di quel dolcetto che ha tempo di scongelare esternamente in pochi minuti di tragitto tra freezer e tavolo e regala al palato un interessante contrasto di temperature e consistenze. 



Avrebbe potuto essere la mia strada facile in questa sfida l'aisukuriimu mochi (traduzione letterale di "mochi al gelato"), ma in realtà questo specifico dolcetto non viene preparato direttamente con il riso bensì con la sua farina, riducendone troppo il fascino per la cloche dell'MTC. Tutto il percorso però mi è servito per capire che la mia ispirazione poteva partire da qui ma voleva in verità spostarsi completamente altrove. 

Pensando infatti di sfruttare il maggior numero di prodotti della cloche, avrei virato sul salato a prescindere, così lascio cadere l'idea del gelato e della sua "cremosità scioglievole" in senso occidentale e rimango ancorata alla "cremosità pastosa" orientale del riso glutinoso con degli atri piccoli bocconcini giapponesi farciti, molto tradizionali: i chimaki. 

In questa occasione avranno però prevalenza i sapori occidentali della cloche, che uso tutti con esclusione del caffè (sono intollerante, la mia cavia preferita non è sottomano e in un esperimento gastronomico così complesso non me la sentivo di muovermi alla cieca senza un assaggiatore).

Scarto anche una delle due proteine, nonostante nella ricetta "madre" di questa mia interpretazione carne e pesce potrebbero anche coesistere, come spesso succede in Oriente; sono io a rinunciarvi perché in quei casi vengono usati quasi come insaporitori mentre io volevo che l'ingrediente prescelto rimanesse protagonista. D'altronde, dopo una serie incessante di post a base di riso, su questo blog vogliamo pur mettere in risalto qualche altra cosa?!

Oltre a rappresentare una transizione tra sfida e scuola, tra Oriente ed Occidente, tra dolce e salato, è anche una storia di incastri, questa ricetta, che passa dai moderni mochi ai tradizionali chimaki. Il nome giapponese definisce dei bocconcini di riso glutinoso, che viene prima cotto (se insieme ad altri ingredienti è uno chuka chimaki), eventualmente farcito (hakkamochi, in questo caso), poi avvolto in foglie e cotto di nuovo a vapore per ottenerne una consistenza quasi cremosa (eccola là, la mia "sensazione"!) ed un profumo legato a quello della foglia.


Il riso in questo caso funge non da involucro ma da ripieno e in questo la specialità giapponese (che in ogni regione vede ingredienti, foglie e pure nomi differenti e che per la festa dei bambini il 5 maggio viene declinata in versione dolce), deriva a sua volta dagli zhongzi cinesi, che se per procedimento sono dissimili (in Cina il riso si ammolla per lungo tempo e si mette nelle foglie a crudo), per concetto e per consistenza finale sono storicamente gli autentici genitori della versione giapponese... e sono tipici della festa del dragone che, guarda un po', cade proprio il 5 maggio.



In tutto il Sudest asiatico e nell'Asia meridionale esistono tradizioni di riso glutinoso cotto nelle foglie delle piante più disparate; nella maggior parte dei casi si tratta di snack dolci ma sono molte anche le versioni salate. Peccato che, volta che ti rivolta la cloche, di foglie non ne salti fuori nessuna! 

Quelle di limone sono troppo piccole per avvolgere completamente i bocconi come da tradizione orientale mantenendone classiche le dimensioni... ma se modello a mano i miei bocconi di riso, tengo il profumo delle foglie ma chiudo tutto in un altro involucro ce la posso fare!

Mi viene in aiuto una tecnica di formatura che appartiene ad un'altra golosa tradizione giapponese (e ti pareva!) di bocconcini di riso: quella degli onigiri, lavorazione che ho spiegato nel dettaglio qui, e di quella specialità, di fatto, mantengo anche l'aspetto, che in origine è questo in foto.



Abituata alla consistenza del riso glutinoso cotto abbinata a sapori orientali, non riesco a farne totalmente a meno ma li tengo come accenni delicati: niente salsa di soia, alghe, brodo dashi o aceto di riso, insomma, ma la curiosità di capire come accennare all'Asia con un riso glutinoso dagli aromi prevalentemente occidentali, anche se non rinuncio a profumi come lo zenzero, il vino di riso o alcuni tipi di pepe qui non comuni.

Piccola nota: "glutinoso" è un termine che va inteso come "appiccicoso", alla latina, perché questo riso contiene moltissimo amido, che rilascia in cottura divenendo molto morbido e legato. E' ottimo quindi per la cottura ad assorbimento e a vapore ma non lo consiglierei per risotti, insalate o minestre occidentali. 

Ma di tutto questo parlo nell'apposito post tecnico sui metodi di cottura perfetti di questa varietà di riso, a cui rimando anche per la sua accurata preparazione, che nella ricetta a seguire descrivo solo sommariamente. Chiarito dunque che il riso glutinoso non contiene affatto glutine e che questa risulta una ricetta gluten free, nonostante il nome possa trarre in inganno, passerei finalmente, definitivamente, golosamente in cucina, per questi bocconi i riso ripieni, in transizione pure tra chimaki e onigiri!



Bocconcini da transizione: faraona e riso glutinoso alle fragole, limone e pistacchi con cottura orientale in sapori (prevalentemente) occidentali

ingredienti per 8 bocconcini
dalla cloche:
1 tazza di riso glutinoso a chicco lungo (nuò-mì), circa 350 g
300 g di polpa di faraona (ideale coscia, ho trovato solo petto), peso al netto di pelle, ossa e cartilagini
400 g di fragole 
1 limone con buccia non trattata 
8 foglie di limone
25 g di pistacchi sgusciati

dalla dispensa:
1 grossa carota
1 cipolla media
1 piccolo gambo sedano
2 spicchi di aglio, uno grosso e uno piccolo
4 cucchiai di vino dolce cinese Shaoxing
15 g di zenzero fresco
pepe di Sichuan in grani
sansho (polvere di foglie di pepe di Sichuan)
zucchero di canna
1 cucchiaio di olio di arachidi
sale

Preparare brodo lasciando sobbollire un'oretta 2 l di acqua con 200 g di faraona, la cipolla, mezza carota, lo spicchio di aglio grosso, un pezzo da 3 cm di scorza limone, 10 g di zenzero, 2 cucchiai di vino, 4 grani di pepe di Sichuan e una presina di sale. Filtrarne solo 1 tazza e 1/2 (c.a 450 g), tenendo il reso da parte (in frigo, se non si usa subito).

Senza sciacquare il riso coprirlo con il brodo filtrato, oramai arrivato a temperatura ambiente, e lasciar riposare coperto per un'ora.



Intanto ridurre la polpa di faraona rimanente a dadini di 7-8 mm e farla marinare per mezz'ora coperta in frigo con 4 fragole schiacciate, scelte tra le più mature, 1/2 cucchiaio di succo di limone e 3 o 4 pezzettini della sua scorza (che poi andranno levati), 1/2 cucchiaino di zucchero, 4 bacche di pepe di Sichuan leggermente pestate e una presina di sale.



Ridurre a listarelle la mezza carota rimasta, il sedano, lo spicchio di aglio piccolo e altri 5 g di zenzero. Scaldare l'olio e saltarvi velocemente le verdure perchè si insaporiscano ma restino croccanti.

Versare i dadini di faraona e la loro marinata nel tegame, rosolandoli su tutti i lati a fuoco vivo. Sfumare con 2 cucchiai di vino cinese, mescolare bene e quando la carne e chiara a tutti i lati ma morbida e succosa all'interno spegnere. In tutto non più di 3 minuti di cottura.



Scolare carne e verdure dal tegame e far restringere il fondo di cottura fino ad ottenere un cucchiaino di crema sciropposa; mescolarla al brodo del riso in ammollo.



Cuocere il riso per assorbimento come spiegato nel post tecnico (io nel rice cooker per 15 minuti. Se si usa un altro metodo verificare le quantità di brodo ed i tempi), far riposare 10 minuti coperto, quindi aprire e lasciar intiepidire.



A mani bagnate (e con una ciotola di acqua sotto mano) prendere un pugno di riso grande come un'albicocca (c.a 65 g), formare una palla ben compatta, quindi scavarla al centro e disporvi mezza cucchiaiata di faraona e due o tre pistacchi. 



Prendere un'altra pallina di riso grande come una noce (c.a 15 g), appiattirla leggermente ed usarla per chiudere la "vaschetta" di riso. Compattare di nuovo il riso in una palla e poi dagli forma di triangolo, come spiegato nel post specifico. Si ottengono 8 polpette, da disporre su un vassoio bagnato.



Piegare su uno dei lati di ogni polpetta una foglia di limone ed adagiarla al centro della diagonale di un quadrato di carta fata da circa 25 cm di lato; ripiegare a triangolo la carta sopra la polpetta, avvolgere i lati verso la punta del triangolo 



e legare in cima in cartoccio con refe da cucina. 



Sforacchiare i cartocci e distribuirli in cestini per la cottura a vapore. 



Portare a bollore il brodo rimasto, levando faraona e verdure ma lasciando aglio e zenzero; disporvi sopra i cestelli impilati, coprire e cuocere per circa 15 minuti.



Intanto frullare i pistacchi rimasti con qualche grano di sale grosso per ridurli in granella; miscelarli a mezzo cucchiaino di scorza di limone grattugiata finissima e un pizzico di polvere sansho; pulire le fragole rimaste.



Servire i bocconcini tiepidi, nel cartoccio o scartati, con una ciotolina di granella di pistacchi in cui intingerli a mano a mano che si sbocconcellano e fragole fresche, da alternare ai morsi di riso.



Il brodo ristretto rimasto dalla cottura a vapore, accuratamente filtrato, l'ho servito come consommé di accompagnamento, da sorseggiare tiepido in piccole tazzinelle, ma questa è un'altra storia, raccontata a tavola dopo aver terminato le foto per il post, tanto che al brodo non ne ho scattate!



Una polpetta a testa è un finger food, due sono una porzione per un pasto che comprende altre portate, quattro rappresentano un sostanzioso piatto unico.



Con questa ricetta partecipo al secondo MTC di valutazione per l'ammissione all'MTC S-Cool!



Appena sarà disponibile il link all'elenco dei partecipanti lo metterò qui. per il momento: in bocca al lupo a tutti!
Eccoli qui, tutti gli sfidanti della semifinale MTC! 
  • rivoli affluenti:
  • la foto dei dolcetti gelati è presa qui
  • le foto di chimaki e zhongzi sono prese qui 

Commenti

  1. Io non ci ho capito molto, devo rileggere e prendere appunti...vedremo se sarò tanto fortunata da continuare questa avventura...intanto, chapeau -alla francese ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io sono speciale nel complicarmi la vita quindi... non prendere troppo esempio è punta direttamente alla sostanza di quello che sai per evolvere da lí

      Elimina
  2. Mo tocca fare nodi al fazzoletto come promemoria. ...baci buona settimana in arrivo.

    RispondiElimina
  3. Quando leggo post come i tuoi Annalena o come quelli di Mapi, io mi chiedo che ci faccio qui. Poi mi ricordo che e una scuola e potrò solo migliorare 😶😕🙃

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A volte rileggendomi Mr lo chiedo pure io, che ci faccio qui... 😂

      Elimina
  4. Mamma mia che roba! Per la mia ricetta mi sono ispirata proprio al tuo post sulla cottura del riso ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. È con il riso abbiamo appena cominciato, pensa! 😀

      Elimina
  5. Cioè...ma quante ne sai?!!? E comunque questi bocconcini sono deliziosi. E anche io tra tutti gli ingredienti avrei eliminato triglie e caffè ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pe il caffè comunque non avevo scelta, per le triglie invece sono stata proprio tentata fino all'ultimo

      Elimina
  6. Post super completo e dettagliatissimo. Non sono una fan del riso glutinoso in sè, ma lo uso volentieri per fsre i famosi cracker o per i pudding (che vengono molto più cremosi). Qui mi piace tutto, a partire dall'accuratezza delle spiegazioni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se ami i pudding cremosi curiosa nel mondo dei congee!

      Elimina
  7. Ho preparato anche io gli onigiri e mi sono studiata tanto i tuoi post sull'argomento. Ti sono mica fischiate le orecchie in questi ultimi giorni?
    Sei sempre fonte di tanta ispirazione e hai una tale conoscenza profonda della cultura giapponese, che l'ammirazione nasce spontanea!
    Come i complimenti per questa reinterpretazione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Li ho visti i tuoi onigiri e mi ripropongo di gustarmeli con calma appena posso quando passo per il giro dei commenti

      Elimina
  8. pensavo che non ci avrei capito un tubo e invece, alla fine del post, sono riuscita quasi a sentire il sapore di questi triangolini perfetti.
    Conosci talmente bene la tradizione che riesci a sconvolgerla e plasmarla a tuo piacimento, creando sempre qualcosa di credibile ed estremamente buono.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. per l'estremamente buono dovresti venire ad assaggiare di persona prima di giudicare. Quando facciamo?

      Elimina
  9. Beh con te è sempre lezione di cucina, e qui il bello è il fusion. Per quanto poco conosca della cucina giapponese e asiatica in generale mi rendo conto del lavoro fatto. Brava.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guarda che tutti seguiamo schemi simili nel ribaltare e rimescolare ciò che già sappiamo, solo che se reinterpreti una ricetta italiana molte cose le dai per acquisite, quando invece lo fai con una ricetta di per sè poco conosciuta sembra tutto molto speciale. A ben guardare, invece, anche altri partecipanti hanno cotto la faraona in modo simile al mio, ma chiusa in un raviolo o disposta su una cialda di riso ci sembra più familiare, qui diventa tutto "esotico" solo perchè uso vino cinese e zenzero.

      Elimina
  10. E pensare che l'onigiri era tra le mie prime idee dato che anche io apprezzo molto la cucina giapponese ... una splendida lezione il tuo post, che intendo mettere in pratica quanto prima. Complimenti vivissimi!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ma non ricuocere a vapore gli onigiri se non usi riso glutinoso: non avrebbe senso. Così invece la consistenza specifica e vagamente gelatinosa ne viene esaltata, come tipico più dei chimaki che delgi onigiri.

      Elimina
  11. Quando passo da te mi sento troppo ignorante. Una ricetta fantastica ha smontato dei piatti di un'altra cultura e trasformati in qualcos'altro, di totalmente credibile e immagino goloso. Hai tutta la mia ammirazione!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. perchè, tu con la tortilla cannolo cosa avevi fatto? Lo spirito è lo stesso, solo che io uso un immaginario giapponese e tu uno più italiano, ma l'architettura (!) di base è la stessa

      Elimina
  12. Non conosco la cucina giapponese, ma leggo i tuoi post sempre esaurienti e mi dolgo di non avere le tue conoscenze e la tua capacità descrittiva e narrativa. Hai anche la mia di ammirazione!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non credere: per un Giapponese è come se avessi incrociato un piatto di spaghetti ed una pizza, due classici che condividono farina, acqua e pomodoro ma che dovrebbero vivere in due mondi differenti. Qui riso e forma a punta si assomigliano, ma quanto all rispetto della tradizione...

      Elimina
  13. Noi due dobbiamo incontrarci e, a parte il piacere di conoscerti,io ho un taccuino pieno di domande da farti ma la mia curiosità più grande è: che lavoro fai e che cosa hai studiato? La tua conoscenza delle cucine orientali è infinitamente immensa e va oltre il semplice interessamento...hai ragione sopra quando dici che in fin dei conti qua ci stupiamo sopratutto perché ignoriamo completamente le basi e le usanze. Siamo davanti a una sorta di arancino cotto al vapore! E' sempre un piacere leggerti...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ecco, l'arancino cotto al vapore è una definizione perfetta, che conferma anche a me la necessità di conoscerti di persona! E non sai l'elenco di domande che ho pronte io...

      Elimina
  14. Porca pupattola, era tanto che non ti leggevo e mi si era offuscata la memoria circa l'esoticità della tua tecnica, che mi ha sempre lasciata a bocca aperta.
    ....Approfittando, tu potresti depositarci qualcuno di questi bocconcini :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ne faccio una vagonata, se so che vieni a mangiarteli!

      Elimina
  15. OMG Annalena, leggo il tuo post per ultimo (tutti gli altri mi sarebbero sembrati insulsi al confronto, e per quanto riguarda la sottoscritta mi vado a nascondere) e mi si pone un dilemma: abbasso il voto a tutti gli altri, o alzo il tuo dandoti 11? Alzo il tuo, non è possibile fare altrimenti...
    Chapeau-chapeau-chapeau e.... vero che questi me li prepari, una volta o l'altra? :-)

    RispondiElimina
  16. Faccio un commento un po' più sgamato degli altri, se me lo permetti, visto che finalmente so di che cosa parli :) e pur perdendomi sempre nella meraviglia delle tue spiegazioni, resto poi ancorata ai gusti di quella che da quasi 4 anni è casa mia. Il commento è un'ode all'abilità tecnica, con cui sei riuscita a cavartela in una situazione cosi di fortuna come quella in cui operi tu, a distanza, e alla precisione del tuo risultato. In quesi giorni, ci viviamo di queste cosette (da noi hanno nomi diversi, a seconda che vengano dalla Malesia o dalla Cina e sono avvolti o in foglie di banano o di pandan) e fra poco, con l'avvicinarsi delle feste di mezzo autunno, ne saremo invasi. All'inizio, mi disgustavano, adesso riesco anche a distinguere quelle buone da quelle cattive. E leggendo questo post, non avrei nessun dubbio sul dove collocare le tue: fra le mejo :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ecco, qualcuno che conferma che, tra farina e pomodoro. ho mescolato la pizza agli spaghetti...

      Elimina
  17. Il tuo sito è meraviglioso! Vi auguro una buona continuazione.

    voyance gratuitement

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!