Passa ai contenuti principali

chitarrone alla misticanza: la perfezione della semplicità


Il caso vuole che passassi a trovare mio padre, che l'orto fosse in pieno rigoglio e che lui mi regalasse una cassetta carica di ogni ben di Dio. E che arrivata a casa mi rendessi conto che in quell'orto avevo provato lo stesso senso di benessere e naturalità vissuti nei giorni scorsi in Abruzzo. E che mi venisse in mente di cucinare insieme pasta abruzzese e ortaggi freschi, cercando un legame per riprodurre quelle sensazioni perfette.

E così eccomi qui, a parlare di nuovo di Abruzzo, questa volta nel senso di pasta alla chitarra.
Non ho al momento la chitarra, lo stumento con cui ho imparato a tagliare quei meravigliosi spaghettoni a sezione quadrata a base di semola e uova, che descritti così paiono un controsenso, visto che per abitudine nella pasta fatta in casa di solito si accoppiano farina con uova e semola con acqua, ma che un controsenso, lo assicuro non sono affatto!


Appena avrò sotto mano lo strumento di cui sono in attesa mi metterò a "chitarrare" anche qui sul blog, verificando dosi ed illustrando nei dettagli i vari passaggi, per il momento mi accontento di ripassarli riguardando le foto della lezione ricevuta dalle sapienti mani di Stefania Peduzzi in uno dei tanti momenti speciali vissuti con Rustichella d'Abruzzo:


si crea una fontana di semola (in questo caso di saragolla semintegrale) sulla spianatoia di legno, vi si versano al centro le uova, le si sbatte con la forchetta con un pizzico di sale e poi si porta gentilmente la semola verso il centro, poca per volta, fino ad ottenere un ammasso granuloso e non troppo appiccicoso.


Lo si lavora molto a lungo (almeno 20 minuti) con le mani, incorporando gradualmente altra semola, piegando l'impasto, tirandolo e battendolo sul piano, fino a che forma una palla liscia ed uniforme, non troppo elastica.


Si stende l'impasto in una sfoglia unica, spessa quanto la distanza tra i fili della chitarra, arrotolandola sul matterello perchè si assottigli in modo uniforme; la si adagia sopra i fili della chitarra e la si preme passando con il matterello; la pasta in eccesso che cade ai lati va ripiegata sopra i fili perchè nulla vada sprecato.


Si aprono bene gli spaghetti così ottenuti sul piano leggermente infarinato di semola e il gioco è fatto.


Oggi però, che non ho (ancora) la chitarra, per non privarmi della vera pasta tradizionale abruzzese utilizzo le chitarrone Primo Grano di Rustichella, quelle preparate con semola di grano duro italiano varietà San Carlo, completamente coltivato in Abruzzo  ed alla cui trebbiatura ho assistito di persona (e che racconterò, pure quella, quanto prima).

Voglio dedicare a questa pasta un condimento semplicissimo, quasi "povero", composto da soli tre ingredienti oltre a olio e sale: pomodori, erbe ed aglio. Sono materie prime perfette e ciascuna, se di ottima qualità, riesce ad esprimere al massimo le proprie potenzialità intrinseche in un'armonia di struttura e di sapori perfetta per questo ruvido spaghettone quadrato. Non c'è davvero bisogno di altro, per essere felici ed assaporare anche nel piatto il benessere della naturalezza!


Il senso della ricetta sarebbe anche più regionale se al posto di olio extravergine della mia dispensa e pomodorini della mia famiglia usassi olio abruzzese (di cui parlerò poi... mamma mia, ne uscirà una saga, a furia di post abruzzesi, qui dentro!) ed il locale pomodoro a pera d'Abruzzo. Ma anche così, abruzzese solo per metà, l'armonia si fa sentire. E poi il mix di sette erbe che accompagna pomodori e aglio è quella originale e rende bene il "luogo", visto che la misticanza comprende anche la santoreggia, che in Abruzzo cresce spontanea mentre qui è una vera rarità.

La misticanza in origine raccoglie sette (numero magico, ne parlerò nel post sulle virtù. Mi sa che devo cominciare ad organizzarmi un indice dei temi!) erbe spontanee, anche se il termine in altri luoghi si è esteso spesso ad indicare un misto di insalatine ed erbe più generico. Quando abbiamo trovato la santoreggia tra le pietre dei muri dei paesini che visitavamo, uno chef francese l'ha riconosciuta come sarriette, uno tedesco come Bohnenkraut mentre uno cipriota la chiamava throubi, che traduceva come"timo selvatico" (e anche dell'internazionalità dei miei compagni di viaggio ho da parlare al ungo... in un apposito articolo!); il suo aroma è molto distintivo e caratterizza in modo specifico la misticanza abruzzese.


Ignoro la tentazione di tritare le erbe di mio padre (ovvero rosmarino, salvia, alloro, basilico, timo e menta) ed aggiungervi della santoreggia essiccata che ho in dispensa da anni, ma preparo il condimento con il mix originale che Rustichella ha confezionato come "Mistichelle d'Abruzzo".

E poi arriva l'aglio una testa intera, fresco, che decido di arrostire per usarlo poi in una crema dolce e poco pungente. L'ideale sarebbe cuocere l'aglio con la brace, per donagli quel sentore affumicato che il forno da solo non riesce a sviluppare, ma sono talmente profumate le erbe e dolci i pomodorini che per questa volta va bene anche così. Chitarrone: arrivoooooo!!!


CHITARRONE CON MISTICANZA ABRUZZESE, CREMA DI AGLIO ARROSTITO E POMODORINI DELL'ORTO

ingredienti per 4 persone:
350 g di chitarrone
1 testa d'aglio fresco
24 pomodorini (in questo caso pizzutelli)
1/2 cucchiaio di misticanza
4 o 5 cucchiai di olio extravergine
sale


Cimare la testa d'aglio in modo che la punta degli spicchi resti aperti; metterlo in forno a 200 °C dentro una tegliettina irrorato con 1 cucchiaio di olio e un pizzico di sale;  cuocer per mezz'ora, fino a che è morbido e la cima appena dorata.

Lasciar intiepidire e schiacciare gli spicchi, da cui fuoriuscirà l'aglio in crema; miscelarla con 1 cucchiaio di olio, sale e pepe.

Calare la pasta in abbondante acqua bollente leggermente salata e cuocere per circa 15 minuti.

Mentre la pasta cuoce tagliare in due i pomodorini e saltarli con le erbe in 2 cucchiai di olio, fino a che la polpa è morbida e la buccia leggermente abbrustolita; ci vogliono meno di 10 minuti.

Scolare la pasta al dente e versarla nel tegame dei pomodori; unire la crema di aglio e, se serve, un paio di cucchiai di acqua di cottura e saltare a fuoco vivace per un minuto o due, fino a che la pasta è bella condita. Servire, volendo con una spolverata di pepe e/o di pecorino, che a me non sono sembrati affatto indispensabili.

  • rivoli affluenti:
  • tranne le prime due immagini, quelladella chitarra e quella che ritrae Stefania Peduzzi mentre "fa la spiega", le altre foto della lezione di pasta alla chitarra sono prese dal sito di Rustichella d'Abruzzo perchè con le mani infarinate ho scattato poco e malissimo. 

Commenti

  1. Se trovo faccio ma non sarà facile. Gustata questa pasta ecc proprio in Abruzzo. Io sono piuttosto risottara a differenza di lui che ama la pasta come suo padre napoletano doc. Buon giro gastronomico io segno il pc fisso ancora chiuso troppo caldo sottotetto. Buona domenica.😚

    RispondiElimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

Milano matsuri: una festa popolare giapponese... sotto casa!

Il 26 maggio nessuno mi cerchi: non ci sarò! Il 26 maggio succederà una cosa bellissima, tanto che non sto più nella pelle dalla voglia che arrivi presto, e trascorrerò l'intera giornata a Milano vivendo un'esperienza giapponese davvero unica. A meno di non abitare in Giappone, intendo, cose così in Italia non si vedono spesso... A Milano tra via Keplero e piazza Carbonari (pochi passi dalle stazioni metrò di Zara o Sondrio) una domenica tutta dedicata alle tradizioni giapponesi. Non le solite che conoscono tutti, tipo sushi o manga, ma proprio quelle popolari, i divertimenti delle persone semplici che affollano una festa di piazza... insomma: un vero e originale matsuri giapponese, con le sue bancarelle, i suoi suoni, i suoi profumi ed i suoi colori! In alcune città d'Italia si sono tenuti degli eventi denominati " matsuri ", ma mai è stata ricostruita la vera atmosfera della sagra di paese giapponese, mai è stata presentata una così vasta gamma di aute

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!