Questa tappa del viaggio tra arte e gastronomia di
Inseguendo l'arte da mangiare ci porta nell'Emilia di inizio '700.
E' infatti del bolognese Giuseppe Maria Crespi il dipinto proposto da
Uffizi da mangiare, l'iniziativa delle Gallerie fiorentine che offre per un commento personale ed una ricetta opere d'arte delle proprie collezioni e a chef ed esperti di gastronomia in un viaggio alla continua scoperta incrociata di bellezze e sapori.
Crespi, pittore tardo-barocco nato nel 1665 a Bologna, figlio di un mugnaio ma imparentato con un senatore da parte di madre, era un vero esteta e vestiva con abiti di foggia spagnola, tanto da guadagnarsi il soprannome di
Spagnolo o
Spagnoletto. Per la sua formazione viaggiò tra Marche, Emilia e Veneto finanziato da un mecenate bolognese, e lavorò prevalentemente per committenti emiliani, veneti e fiorentini.
Ammiratore dei Carracci, forse per le sue origini miste seppe destreggiarsi perfettamente sia con soggetti sacri e mitologici che nella pittura di genere, legata a scene di vita quotidiana e a ritratti di popolani. E' il caso del dipinto di oggi, eseguito nel 1710: raffigura l'interno di una cucina, senza presenza di cibi ma con una servetta al lavoro, da cui prende il titolo La sguattera.
Ciò che di questo dipinto ha colpito il giovane chef
Andrea Vaccari, anch'egli bolognese, è la placida serenità dell'ambiente ed il senso di tradizione che emana da mura, oggetti e dall'atteggiamento stesso della ragazza. Questa tradizione ha voluto riproporre nel suo piatto, una zuppa inglese ispirata alla ricetta classica di Pellegrino Artusi, che ci spiega in questo
video.
Nella mia ricerca della ricetta perfetta per omaggiare Giuseppe Maria Crespi, ho preferito tralasciare il più recente Artusi (la prima edizione è del 1891), e riferirmi ad un testo di poco lontano dalla Bologna del 1710, il manoscritto steso da un collaboratore dei conti Cassoli di Reggio Emilia che verso la metà del secolo trascrisse in un "libro di casa" ad uso interno diverse ricette di cui i signori erano ghiotti.
il Libro contenente la maniera di cucinare e vari segreti e rimedi per malatie ed altro non è un trattato di cucina ed evidentemente si ispira a piatti noti all'epoca o perchè diffusi localmente o perchè appresi da testi più autorevoli. Vengono infatti citate ricette di ispirazione certamente non locale, come cotolette in papilloti di ispirazione francese, gigotto all'inglese, o sal craud di cavoli alla tedesca, ne' mancano raffinatezze come torta di caviale o castagne candite.
Emergono però anche ricette che ci raccontano di una tradizione popolare locale più che ammessa alla tavola dei conti, come ova con l'aglio o coteghini all'uso di Modena, e pure di alcuni prodotti che non erano conosciuti solo pochi anni prima, tipo la polenta di formento accomodata o la minestra di zucca.
Così alcune ricette mantengono un'impronta nobile evidente nonostante le lavorazioni risultino "addomesticate", come il bianco magiare di mandorle, i carcioffi accomodati con funghi e capperi o i biscotti di farina di riso e cedro; molte altre, invece, sono decisamente di impronta familiare, semplici e gustose come gli involtini di vitello e lardo alla griglia, gli gnocchi di miglio in salsa di noci o la minestra di riso, lenticchie e rape.
Quello che più mi affascina, però, sono le ricette per riciclare gli avanzi, che ci restituiscono la dimensione di una famiglia che, per quanto benestante e certo abituata anche a banchetti di rappresentanza, nell'intimo del desco familiare di ogni giorno preferisse cibi semplici, tecnicamente alla portata anche di una cuoca popolare come la servetta del dipinto, ed economicamente attenta, come in ogni famiglia di buon senso, ad evitare gli sprechi.
Questa del buonsenso domestico è l'atmosfera che ritrovo nella cucina del dipinto, dove le attrezzature sono essenziali, le stoviglie pratiche, lo sfarzo limitato ad alcuni vassoi poggiati a lato, ma c'è cura nella possibilità di illuminazione della zona di lavoro, nell'ordine con cui ogni oggetto è riposto al proprio posto, nella concentrazione della servetta sull'organizzazione del suo lavoro, nel gatto acciambellato sulla sedia che parla di calore del focolare e gentilezza degli abitanti.
La mia ricetta è dunque di certo ispirata a quelle riportate nel Libro per riciclare della carne cotta, entrambe pervase di buonsenso ma una ispirata ad un nobile classico rinascimentale, l'altra che mira solo a dare sapore e tenerezza all'avanzo, forse nel tentativo di spacciarlo (ma non è detto che se ne sia consapevoli) per una ben più nobile fricassea.
Pasticcetti di carne arrostita avanzata.
Tagliate la carne arrostita avanzata dalla taula in piccoli pezzetti e mettetela in cassarola con butirro, erbucci, cipolletta trita, un pizzicotto di farina, e un poco do brodo, sale e pepe, fatela cuocere che divenga spessa, e lasciatela affreddare; fate una pasta frolla e fate tanti pasticcetti secondo la quantità del pieno, e si possono fare tortellini e farli friggere.
Polli avanzati dalla tavola.
Se ne faccia piccoli pezzi, e si facciano cuocere in una cassarola con buon brodo, erbucci, pepe, due rossi d’uovo e un poco d’agro.
Decido per un misto delle due e preparo dei tortelli di pollo fritti: la frolla fritta con ripieni dolci è una preparazione oggi popolare e molto diffusa nei paesini dell'Emilia, specie quelli appenninici, di cui ognuno ha la propria variante locale. Restituisco loro un senso settecentesco con il ripieno salato, quello dei pasticcetti , dove uso pollo e arricchisco la legatura vellutata di burro, farina e brodo della prima ricetta con tuorli e una nota aspra come nella seconda.
Uova pollo e limone, d'altro canto, appaiono insieme anche in molte ricette e zuppe mediterranee già presenti nel '700: perchè non approfittarne andando sul sicuro, e dunque scegliendo le erbucce tra quelle più spesso presenti in questi piatti, se ovviamente erano usate nella Bologna del '700?
Credo che di questo piatto sarebbe contento il curioso Crespi, anche perchè, in onore al suo senso estetico, poro a dare ai tortelli una forma curata e regolare.
PASTICCETTI DI POLLO FRITTI
ingredienti per circa 34 pezzi:
per la frolla:
360 g di farina di tipo 1
2 uova
80 g di burro (o strutto)
1 pizzico di zucchero
1 pizzico di sale
olio extravergine leggero (o strutto) per friggere
per il ripieno:
200 g di carne di pollo cotta
1 piccola cipolla
1/2 limone biologico
1 tuorlo
300 ml di brodo di pollo
25 g di burro
25 g di farina
3 rametti di prezzemolo
1 ciuffo di finocchietto
pepe nero al mulinello
sale
Per la frolla arieggiare la farina con sale e zucchero e disporla a fontana; versare al centro le uova sbattute e il burro fuso tiepido e lavorare velocemente, se occorre unendo una cucchiaiata di acqua, fino ad ottenere un impasto liscio ed uniforme. Dargli la forma di un un disco spesso, avvolgere in pellicola e tenere in frigo circa 1 ora
Qui sono partita da circa 280 g di petto di pollo crudo, che va leggermente unto, passato alla piastra e poi salato, e alla fine pesa circa 200 g. Sono perfette anche le carni di pollo lesso o arrostito, private ovviamente di pelle e ossa.
Tritare grossolanamente la carne del pollo, finemente la cipolla e ancora più fini prezzemolo e finocchietto.
Appassire la cipolla nel burro con il finocchietto e i gambi del prezzemolo; tostarvi poi la farina, unire il brodo caldo e cuocere la vellutata per circa 15 minuti a fuoco basso, fino a che è bella densa.
Grattugiare finemente la scorza del limone; spremerne il succo e sbatterlo con il tuorlo.
Spegnere la vellutata e unirvi il pollo e il prezzemolo tritato, una grattata di pepe, la scorza di limone e regolare, se serve, di sale. Quando il tutto si è un po' intiepidito unire anche il tuorlo.
Stendere metà della frolla con il matterello in un rettangolo da circa 45x20 cm, spesso 2 mm, tenendo il resto in frigo. Disporre dei cucchiaini di ripieno, oramai freddo, ben distanziati su una metà della sfoglia, coprire con l'altra parte, preme bene i bordi per giuntarli, quindi tagliare in dischi regolari con un coppapasta smerlato da circa 6 cm, ripassando di nuovo i bordi con la pressione delle dita per sigillarli definitivamente.
Reimpastare i ritagli di frolla e ripetere l'operazione fino ad esaurimento, quindi stendere anche la seconda parte di sfoglia, farcirla e tagliarla con le stesse modalità. Tenere intanto i pasticcetti pronti su un telo.
Friggere infine pochi tortelli per volta in abbondante olio caldo per circa 1 minuto e, quando sono appena dorati da entrambi i lati, scolarli su carta assorbente.
Servire caldi o tiepidi. A temperatura ambiente perdono un po', a si possono riscaldare pochi minuti in forno o anche più brevemente nel microonde.
- rivoli affluenti:
- Anonimo del Settecento, "Libro contenente la maniera di cucinare e vari segreti e rimedi per malatie ed altro", in: Emilio Faccioli (cura),L'arte della cucina in Italia. Libri di ricette trattati sulla civiltà della tavola dal XIV al XIX secolo, Einaudi, 1987 e 1992, ISBN 88-06-59880-5
- altre interessanti notizie su Giuseppe Maria Crespi qui
- l'immagine del dipinto è presa qui, la foto dello chef qui.
Interessante, come sempre...immagino vengano bene anche al forno...
RispondiEliminacerto, ma ovviamente cambiano consistenza e sapore, e in quel caso puoi usare una normalissima frolla salata da forno.
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