In questo periodo, come avevo già detto in articoli precedenti, la voglia di ricominciare
a viaggiare si è fatta potente e cerco di contenerla mettendo in tavola sapori ispirati dai Paesi in cui vorrei tornare o che vorrei scoprire.
Parlo raramente della Spagna, ad esempio, che è uno delle mie nostalgie più forti. Ne conosco bene la parte meridionale e centrale e mi piacerebbe conoscerne meglio tutto il nord, di cui mi affascinano profondamente sia il lato selvaggio che quello storico, entrambi molto legati alle narrazioni ed alle esperienze profonde del Cammino di
Santiago.
Me lo sono studiato bene, il Camino Frances, tanto da ricostruirlo qualche anno fa, per una cena storica a tema, ripercorrendo il tracciato dai Pirenei a Finisterrae attraverso le specialità gastronomiche di epoca medievale e rinascimentale dei vari territori che un antico pellegrino avrebbe incontrato nel suo viaggio.
Una delle tappe “classiche” del Cammino è Logroño, capitale della regione de La Rioja, la zona che vorrei fosse meta del mio prossimo viaggio. Perché, tra tutte le possibili alternative? Be’… perché vanta una tradizione vinicola che risale
all’epoca fenicia e che oggi produce vini che ho imparato ad amare profondamente, e perché ad essi sa accostare infinite risorse gastronomiche!
La produzione del vino in zona, tradizionalmente da uve Tempranillo, è ben documentata a partire dal IX secolo d.C.; fu mantenuta viva per secoli nei monasteri, dove rifiorì al termine della dominazione araba e rinfrancò materialmente e spiritualmente il grande flusso dei pellegrini diretti a Santiago de Compostela, soprattutto a partire dal XV secolo.
La mutua collaborazione con i vinattieri francesi ispirò più tardi ai Riojani un modello produttivo “alla Bordolese” per la maturazione del vino in botte, che però a partire dal tardo ‘700 assunse caratteristiche specificamente locali come l’utilizzo di botti molto più grandi di quelle francesi, l’uso di barriles anche di rovere americano e soprattutto, ciò che caratterizza i vini della Rioja ancora oggi, una permanenza in legno molto più lunga che in qualsiasi altra zona vinicola.
Mi piacerebbe il prossimo anno poter visitare La Rioja in settembre. Non solo il clima è perfetto ma la settimana del 21 settembre si celebrano le Fiestas de San Mateo, che dedicano al Santo i festeggiamenti per la Vendimia.
I motivi di attrazione sono
tanti: si pesta l’uva coi piedi, si partecipa a giochi, e tornei, si assiste spettacoli
ed intrattenimenti, si visitano bancarelle di ogni tipo. E soprattutto si assaggia lo zurracapote, bevanda ricavata dalla marinatura di pesche e agrumi che riposano per giorni in vino rosso, zucchero e cannella, si degustano i vini riojani delle annate precedenti
e ci si delizia con i piatti tipici locali della sagra.
Immancabile, tra questi, la caldereta de patatas a la riojana, patate profumate con chorizo, peperoni secchi, paprica affumicata e alloro, protagonista in quei giorni perfino di un concorso che vede squadre di amici o parenti allestire il proprio focolare al centro della strada e proporre la propria versione di caldereta, con le patate abbinate a prodotti locali come agnello, maiale, coniglio (le
carni tipiche della zona), ma anche peperoni, carciofi, funghi, lumache e persino cervo.
Un’altra vera specialità locale sono le chuletillas al sarmiento, costine di agnello grigliate sopra braci di tralci di vite e profumate a fine cottura con uno spruzzo di vino rosso.
Ma sulla griglia si cucinano anche le fettine di embuchado, un salume di interiora di agnello arrotolati che ricorda vagamente i nostri gnummareddi pugliesi,
o le profumatissime salsicce locali dette choricillos, che per l’occasione si cucinano anche brasate nel vino rosso.
In
questo momento, grazie ad un'interessante escursione tra gli scaffali virtuali di Vino.com alla ricerca di un buon vino rosso, ho in casa qualche bottiglia di un meraviglioso Rioja DOC La Montesa 2017 Palacios Remondo, dunque il primo istinto è quello di stapparlo in
abbinamento alla mia umile ricostruzione casalinga di uno di quei golosissimi piatti da sagra.
Ma poi mi fermo a riflettere: si tratta di un vino moderno, prodotto con uve Carignano e Grenache miscelate alla classica Tempranillo, e dopo la fermentazione fa “solo” 12 mesi di affinamento in botte, seguito da un invecchiamento in bottiglia che nel mio caso parte dal 2017. Con il 14% di gradazione alcolica, è fruttato e dai profumi persistenti ma meno impegnativo, robusto e complesso rispetto ai tradizionali Gran Reserva dalla maturazione lunghissima e dal legno importante.
E questo è per me una fortuna, nella definizione della ricetta… Se l’usanza locale vuole infatti un vino Rioja di questo tipo insieme ai piatti delle sagre ed alcuni esperti suggeriscono in specifico carni rosse alla brace o selvaggina, io vorrei stare piuttosto nel mezzo e dedicare a questa bottiglia un piatto un pochino insolito, magari che prenda spunto dai sapori della terra in cui nasce ma che mi permetta di guardarla anche da una prospettiva un pochino più distante.
Coinvolgo
quindi l’agnello delle grigliate, alloro e pimenton (la paprica dolce affumicata) della caldereta e dei salumi, ma prendo anche la cannella del zurra, visto che si sposa proprio bene con le note di cacao e prugna di questo Rioja. E da lì alla tentazione di sconfinare nel mondo delle spezie il passo è brevissimo!
Senza andare fino in India, dove l’abbinamento tra agnello e spezie è di casa ma il vino non è proprio di tradizione, basta approdare nel Maghreb per trovare
coerenza: quelle zone condividono con la Spagna una lunga storia gastronomica, oltre che di conoscenza profonda delle spezie, ed il pimenton è veramente un elemento che accomuna le due culture poiché storicamente la sua lavorazione ed affumicatura tradizionale si è sviluppata in parallelo, alla
ricerca di aromi specifici molto simili, dopo l’arrivo del semplice peperone dall’America del Sud.
Ma le due aree hanno anche in comune, come molte parti del Mediterraneo, un’economia millenaria basata su pastorizia e viticultura, oltre che sull’agricoltura. Non stupisca dunque che in Marocco si continui tuttora a produrre vino, anche se non è destinato al consumo interno, e che ci sia una profonda tradizione gastronomica di carni ovine.
E non stupisca dunque che, nonostante siano molti gli abbinamenti interessati a cui questo vino si presta, mi possa venire in mente per il Rioja una ricetta che è anche un po’ maghrebina: è la storia comune di impronta moresca, tra agnello vino e spezie, che me ne da il permesso!
Ad agnello e spezie aggiungo frutta fresca, come capita spesso in Maghreb, e ovviamente il vino, cosa che da quelle parti in cucina non si fa più. A seconda della stagione la frutta potrebbe essere prugne o uva (complice il vino), ma anche ciliegie, pere o cachi-mela. Io qui preferisco i fichi, che sono finalmente sul mercato dolci e saporosi, di cui sono golosa e di cui La Rioja è un ottimo produttore (*).
Volessimo dare al piatto un nome spagnolo, in consonanza con il vino che ne è protagonista, lo potremmo chiamare albondigas de cordero con Rioja y higos. In italiano invece si tratta di:
POLPETTE
DI AGNELLO CON RIOJA E FICHI
ingredienti per 4 persone:
500 g di polpa di agnello mista, tritata
1 uovo
50 g di pecorino grattugiato
1 patata grande o 2 piccole, circa 160 g in tutto
8 fichi freschi
1 cipolla
1 piccolo spicchio di aglio
125 ml di vino rosso Rioja DOC La Montesa 2017 Palacios Remondo
70 ml di brodo vegetale leggero (qui a base di carota, cipolla, aglio e zucchina)
4 rametti di coriandolo fresco
1 foglia di alloro
1 cucchiaino di foglioline di origano secco
1 cucchiaino di pimenton dulce humado
14/ di cucchiaino di cannella sbriciolata
1/4 di cucchiaino di semi di coriandolo
6 grani di pepe nero
noce moscata
1 cucchiaino di miele di acacia
3 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale
Lessare la patata in acqua bollente salata oppure cuocerla a vapore (nel mio casi al microonde per 8 minuti a 900w); spellarla e passarla allo schiacciapatate, salando poi leggermente se non la si è bollita.
Pestare in un mortaio l'aglio, prima sbucciato e privato dell'anima, insieme con la cannella, i semi di coriandolo e i grani di pepe fino ad ottenere una pasta profumata.
Mescolare il pesto alla carne ed unire l'uovo sbattuto, il pecorino, la purea di patata oramai intiepidita, l'origano, mezzo cucchiaino di pimenton e una grattata di noce moscata, regolando infine di sale.
Impastare bene e poi formare, con le mani bagnate, delle polpettine tonde grosse come noci. Ne escono una cinquantina abbondante.
Tritare molto finemente la cipolla; separare le foglie dai gambi di coriandolo fresco, conservando entrambi. Tagliare in fichi ciascuno in 4 spicchi.
Scaldare l'olio in un ampio tegame e rosolarci le polpette, levandole quando sono dorate su tutti i lati ma ancora morbide.
Nel loro fondo di cottura versare la cipolla, i gambi di coriandolo e l'alloro e cuocere a fuoco medio fino a che la cipolla è morbida ed accenna a dorare.
Spolverare con il pimenton rimasto e, quando la spezia si è ben sciolta nell'olio, rimettere nel tegame le polpette e farle insaporire padellando un paio di minuti.
Sfumare con il vino, poi unire il miele stemperato nel brodo e cuocere a fuoco vivace per 5 minuti; unire infine i fichi e cuocere ancora un paio di minuti, fino a che i frutti sono appena morbidi e la salsina di fondo si è un po' ridotta.
Eliminare foglia di alloro e gambi di coriandolo, regolare se serve di sale, distribuire sopra le polpette le foglie di coriandolo fresco e servirle con il loro sughino. Ovviamente è perfetto accompagnare con un buon calice di Rioja...
- rivoli affluenti:
- (*) NB: per mantenere l'aroma dei fichi se si è fuori stagione si possono usare al posto dei frutti freschi 3 o 4 fichi secchi, possibilmente quelli dolcissimi de La Rioja, prima spezzettati e messi a bagno un'oretta nel vino. In questo caso si omette il miele e si usa il vino di ammollo in cottura.
- queste polpette diventano un piatto unico se accompagnate con riso bianco, purè di patate o couscous, profumati magari con un giro di olio e qualche fogliolina di origano e coriandolo.
- in alternativa si può raddoppiare la quantità di brodo in cottura e condire poi della pasta con le polpette ed il loro abbondante fondo; queste dosi sono sufficienti per 8-10 porzioni di pasta.
- le foto del piatto sono mie ma, in attesa di un reportage personale dal vero (spero) a settembre 2022, le altre immagini sono prese in rete. In specifico la vite di uva Tempranillo viene da qui, la caldereta cucinata in strada da qui,le chuletillas, sempre cotte in strada, da qui, gli embuchados da qui ed i choricillos al vino rosso da qui.
- il mio cuore ed il mio palato ringraziano l'enoteca on line Vino.com per la splendida efficienza del servizio.
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