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risotto allo zafferano con pollo e uvetta, tra Afghanistan e Marchesi

Da qualche mese è tornata alla ribalta la questione afghana ed è come se di colpo avessimo scoperto che non bastano vent'anni di "mentalità", a volte proposta ed a volte imposta, sempre e comunque presentata come alternativa, per ribaltare una "cultura" profondamente radicata e come tale vissuta, per quanto recente o manipolata possa apparire vista dall'esterno. 

Esattamente undici anni fa scrivevo di questo strano modo in cui donne italiane militari provavano a fornire strumenti di pace e di benessere a donne contadine afghane rispettandone il quotidiano, la cultura e la fede, semplicemente attraverso la coltura dello zafferano

Questo, come altri progetti simili, sono ora stati spazzati via da un pasticcio storico/politico forse ancora peggiore di quello attraverso cui anche noi tranquilli abitanti di un Paese pacifico eravamo venuti a conoscenza vent'anni fa dell'esistenza dell'Afghanistan e di tutte le oscure trame di cui pareva protagonista.

Invece, ora come allora, è un luogo dove abitano persone comuni, che come noi tengono alla famiglia, al lavoro e alla serenità. E magari anche alla libertà di pensiero. Il quotidiano di quelle persone sta a mille miglia dai proclami politici ed ideologici di chi li governa. 

Un po' come da noi, si potrebbe dire amaramente. Con la sottile differenza che qui nessuno viene a strapparci da casa se ci siamo permessi di esprimere la nostra opinione, di lavorare per un ente che non piace al Governo, di ambire ad una laurea o ad una professione pur essendo donne.

Occorre secondo me una grande lucidità, adesso, per evitare che quanto di buonsenso è rimasto venga travolto dagli eventi, in modo che una popolazione che ha conosciuto un'alternativa, per quanto difettosa, e che si è in ogni caso sentita libera di abbracciarla o meno, possa credere che non tutto di questa esperienza "andrà perduto come lacrime nella pioggia".

Le soldatesse e le contadine del 2010 credevano fermamente che la cooperazione tra popoli e l'impegno quotidiano del singolo potessero cambiare davvero le cose. Oggi io vorrei coltivare non zafferano e uva passa, come facevano loro allora, ma la speranza che la luce nei loro occhi non sia definitivamente spenta e che possa trovare un modo per continuare a brillare.

Qualche giorno fa per #ilclandelrisottodelvenerdi mi avevano chiesto di ragionare sul riso oro e zafferano di Gualtiero Marchesi. Lego il mio omaggio al Maestro non tanto agli aspetti tecnici e colti del suo risotto, che ritengo inarrivabili, ma a quelli umani. 

Come racconta lo storico Alberto Capatti, quella ricetta nacque in modo lieve, perchè un amico dello chef aveva uno zio orafo e lo voleva onorare con un piatto speciale la sera che avrebbero cenato insieme da Marchesi. Complicità e cooperazione, anche lì.

Vorrei che questo mio risotto, che del capolavoro marchesiano coglie visivamente solo il concetto decorativo, di quello prenda invece proprio la levità e l'amicizia, per farne dono a quelle soldatesse e a quelle contadine, dovunque siano ora e qualunque possibilità di speranza possano oggi coltivare nel loro cuore. 

Spero tanto che l'amicizia e la levità possano essere per loro presenti, preziose come la luccicante foglia d'oro di Marchesi, e che le sappiano ricavare dalla semplicità... un po' come qui, dove il dorato è quello di uvetta e carote, le stesse che colorano il Quabeli pilau/Kabuli palaw, un riso pilaf tipicissimo della gastronomia afghana, che viene di solito cotto con zafferano e servito a strati con carne speziata, uvetta, carote e a volte mandorle o pistacchi. 

RISOTTO ZAFFERANO E POLLO CON QUADRATO DI UVETTA DORATA
ingredienti per 4 persone:
300 g di riso Arborio
2 sovracosce di pollo
1 grossa cipolla
2 carote
50 g di uvetta, possibilmente bionda e morbida
3 o 4 noci
1/2 cucchiaino di zucchero
1 foglia di alloro 
1 cucchiaino di zafferano in stimmi
4 bacche di cardamomo
1/8 di cucchiaino di semi di cumino
60 g di burro
1 cucchiaio di olio extravergine
sale
pepe nero in grani

Mettere in freezer 20 g di burro. Ricavare circa 180 g di polpa dalle sovracosce, eliminando pelle e cartilagini.

Mettere le ossa ed il resto della carne del pollo in 1 l abbondante di acqua con 1/2 cipolla sbucciata, 1 carota a pezzi, l'alloro, 4 o 5 grani di pepe e portare a bollore. Lasciar sobbollire una mezz'ora, poi salare il brodo e filtrarlo, tenendo da parte i pezzi di carota.

Mettere in infusione lo zafferano in un bicchierino di brodo caldo e rimettere su fuoco basso il resto del brodo. 

Ridurre la carota cruda a bastoncini; tritare finemente la carota lessata insieme alla mezza cipolla cruda rimasta. Sgusciare le noci e tritarne grossolanamente i gherigli.

Ridurre la polpa del pollo non utilizzata per il brodo a dadini di 1 cm e dorarli in 20 g di burro con il cucchiaio di olio. 

Quando la carne è ben sigillata levarla dal tegame e nel suo fondo struggere in trito di cipolla e carota, unendo cumino e cardamomo leggermente pestati. 

Quando la cipolla è bella  morbida unire il riso e tostarlo fino a che "canta". Aggiungere metà dell'uvetta, coprire con una mestolata di brodo caldo e cuocere poi con aggiunte graduali di brodo, usando verso metà cottura quello con gli stimmi di zafferano ed unendo i dadini di pollo al riso qualche minuto prima di spegnere. 

Intanto cuocere le carote a bastoncini nel burro rimasto a fuoco basso con lo zucchero per una decina di minuti. Quando le carote sono caramellate unire l'uvetta rimasta e le noci ed insaporire tutto un minuto a fuoco vivace, quindi spegnere.

Mantecare il risotto con il burro ghiacciato, distribuirlo nei piatti (marchesianamente neri) e decorare al centro con il misto di uvetta carote e noci formando un quadrato centrale, se si riesce un po' più regolare del mio.

  • rivoli affluenti:
  • Alberto Capatti, La ricetta della ricetta. Storie e percorsi attraverso 500 anni di testi gastronomici, Slow Food Editore, 2020, ISBN 978-88-8499-656-5
  • ho volutamente usato un riso poco blasonato, visto che l'Arborio è un incrocio anni '60 tra il Vialone nostrano e il lungo chicco del Lady Wright americano, è il riso di produzione italiana più versatile, più conosciuto e più esportato all'estero, e tra quelli adatti ai risotti forse il meno costoso
  • per analoghi motivi di rispetto reciproco, dal risotto "classico" levo le sfumature alcoliche, ma mi permetto di sostituire il pollo al più classico agnello e di diminuire le dosi delle spezie del quabeli pilau per lasciare a riso, zafferano e uvetta il ruolo di assoluti protagonisti
  • per non sprecare nulla, con il pollo e la cipolla scolati dal brodo, si ottiene un piccolo antipasto tagliandoli a dadini e mescolandoli con maionese e prezzemolo tritato.

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