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... microdiario bis... di una vigilia orientale

Strane queste giornate "di interregno", con una festa appena passata di quelle intense, che è difficile lasci indifferente chiunque nel bene o nel male, ed un'altra festa in arrivo di quelle invece più superficiali, che almeno per me aveva perso fascino già dopo l'adolescenza, perché alla fine istituzionalizza un passaggio che nella realtà non ho mai sentito, crea aspettative di cambiamento vuote di significato mentre il giorno dopo ti ritrovi esattamente nella stessa vita di prima.

Se in questi giorni intermedi ci si rituffa nel lavoro o si è in villeggiatura in un qualsiasi altrove quasi non ce ne si accorge, a parte il salutarsi con chiunque a base di auguri non meglio identificati; se invece capita di rimanere a casa tutto suona davvero un po' strano, inutilmente in sospeso. L'anno scorso non mi ero resa conto di nulla perché vivevo un capodanno "dell'altro mondo"... in Giappone, dove quello con il nuovo anno rappresenta un importantissimo appuntamento sociale, religioso e di riunione familiare, un po' come da noi il Natale.

Immersa nelle novità non mi ero resa conto che questa volta un cambiamento era realmente in atto, tanto è vero che durante il volo di ritorno ho ricevuto conferma che la mia vita era completamente ribaltata e che avrei dovuto inevitabilmente cominciare a ripensarla da capo... A distanza di tempo devo ammettere che, al di là dello choc iniziale, è stato giusto ricevere la notizia sospesa tra due mondi, in un momento che grazie ai fusi orari non esiste,  rinunciare allora come adesso a capirne le ragioni. Probabilmente è davvero andata bene così.

Tornando al Giappone, dunque: vetrine, templi e case addobbate, cene di auguri per tutto il periodo con amici e parenti, riti familiari uguali e differenti per ciascuno e le vere e proprie giornate di festa, che iniziano con l'ultimo giorno dell'anno, la loro Vigilia. Ero ospite di amici e mi sono assolutamente immersa nel loro personale  festeggiamento. Il giorno 31 dicembre, omisoka, la vigilia, si dedicano alla preparazione di cibi rituali, l'osechi ryori, che poi vengono conservati freddi e consumati durante tutte le festività, per non impegnare troppo le donne in cucina (cibi di cui avrò occasione di parlare per esteso, perché ogni ingrediente ha un significato simbolico interessantissimo!).




La vigilia è anche giorno di grandi pulizie di casa, l'osouji, in modo che tutto sia purificato per accogliere con cura Toshigami, la divinità del nuovo anno che verrà a benedire la casa. La sera si cena tutti insieme (senza bere alcolici, perché è buona usanza arrivare al nuovo anno lucidi e sobri) e si assiste al Ko-haku uta-gassend, il popolarissimo festival musicale "Bianco e Rosso" (i colori tradizionali del Capodanno giapponese), più seguito del nostro Sanremo, in cui due squadre di cantanti (le donne i rossi, gli uomini i bianchi) gareggiano sfidandosi a colpi di canzoni, sia con successi dell'ultimo anno che con brani tradizionali.



Quindi ci si reca al tempio, dove la campana rituale joya no kane a cavallo di mezzanotte rintocca per 108 volte per mondare gli uomini dai loro 108 possibili peccati, e dove poi ogni fedele suona la stessa campana tre volte per attirare l'attenzione degli dei prima della sua personale preghiera per l'anno nuovo. 

I monaci lanciano verso il cielo delle frecce portatrici di desideri e buoni auspici, che poi distribuiscono ai fedeli. Ogni famiglia riconsegna la freccia dell'anno passato accuratamente conservata in casa per 364 giorni, ed i monaci le bruciano. Attraverso una sorta di pesca ognuno riceve un foglietto che gli parla del destino per l'anno nuovo e, a seconda che si tratti di buone notizie o meno, questi foglietti vengono legati con un nodo di tipo diverso ai rami degli alberi presenti nel cortile del tempio.




Una volta rientrati a casa a notte fonda, ci si riscalda con la toshi koshi soba, una zuppa di spaghetti di grano saraceno sottili e lunghissimi, simbolo di una vita lunga ed umile. Il nome di questo piatto vuol dire "passaggio tra i due anni" ed i significati simbolici non si fermano qui: il grano saraceno è anche un alimento dalle proprietà depurative, perché con l'anno nuovo anche il corpo deve essere ripulito; inoltre gli spaghetti sottili sono facili da tagliare, come dovrebbero esserlo le difficoltà dell'anno passato che si vogliono eliminare... come vorremmo fare davvero tutti!



Toshikoshi Soba - Zuppa dell'ultimo dell'anno con spaghettini di grano saraceno

ingredienti per 4 persone:
240 gr. di soba (spaghettini di grano saraceno)
800 ml. circa di brodo dashi
1 presa di kazuoboshi (scagliette di tonno secco)
8 cucchiai di salsa di soja
2 cucchai di mirin (vino dolce di riso)
2 cucchiaini scarsi di zucchero
1 cucchiaio di cipollotto verde tritato
sichimi togarashi
4 pezzi di abura age (tofu fritto) o altre decoazioni

Lessare gli spaghettini in acqua appena fremente per pochi minuti, scolare (preservando l'acqua di cottura), sciacquarli velocemente per eliminare l'amido in una ciotola di acqua fredda cambiando l'acqua un paio di volte, quindi lasciar riposare in un colino.

Scaldare il brodo dashi con il tonno secco, cuocere un paio di minuti, filtrare e rimettere sul fuoco.

Miscelare la salsa di soja con il mirin e lo zucchero ed unire al brodo, avendo cura che tutto si sciolga bene.

Unire gli spaghettini il tempo che si scaldino, quindi distribuire (prima la pasta, poi il brodo) in quattro ciotole individuali e decorare con cipollotto tritato e sichimi togarashi. Ogni famiglia usa poi aggiungere a questa zuppa base degli ingredienti diversi: foglie di spinaci, kamaboko (polpette di pesce), un uovo crudo, una pallina di wasabi (rafano grattugiato), alga nori tagliata a striscioline, e così via. Qui è stato usato un foglio di tofu fritto dolce, posato sopra la zuppa un attimo prima di servire.


  • rivoli affluenti:
  • questa volta non libri ma o-mamori, dei motti di buona fortuna ricamati su pezzettini di seta da tenere custoditi tutto l'anno tra gli abiti, all'altezza del cuore...

Commenti

  1. Da sempre ho un dubbio che mi porto dentro in merito alle culture orientali.
    A volte ho l'impressione che quando un popolo è sommerso da simbologie troppo ricercate, rituali lunghi e di ispirazione meditativa troppo profonda per appartenere al quotidiano della persona comune( nel quale mi includo pienamente), meticolosità e precisione in qualsiasi liturgia religiosa o pagana che sia, percepisco la netta sensazione che il tutto contribuisca (nella maggior parte dei casi ma non nella totalità ovviamente) ad un voluto stordimento della lucidità indivisuale e non per una aspirazione trascendente quando per distogliere l'attenzione da altro. Le culture orientali così antiche non sarebbero ne le prime ne le ultime ad usare simili strumenti...come dire...'sociologici' ecco...per imbrigliare al meglio ciò che con altri mezzi non sarebbe possibile.
    Uniformare e piegare a cerimonie tutte uguali, troppi passaggi della propria vita non è simbolo di grande apertura quanto di voluta repressione culturale e non di millantata riflessione. Lo spessore culturale fortunatamente si misura con altro.
    Certo questo è solo un aspetto ma qualche volta viene anche accantonato dal fascino dell''altro'.
    Questo il mio dubbio...in che percentuale quei tediosi protocolli operativi religiosi e non, sono sinceramente 'vissuti'? O meglio quale è il distacco medio con il quale il singolo si misura con l'impegno formale.
    Questo sarebbe davvero interessante saperlo. La maggior parte dei popoli invece che ha subito nella storia regimi dittatoriali stranieri o estranei alla propria cultura si è si piegata ad ogni forma di culuta imposta ma maturando nei lustri una ironia ed il distacco necessario da non perdere definitivamente la propria identità/lucidita.
    Ovviamente mi scuso in anticipo con te perchè suppongo che sarebbe stato meglio solo i complimenti e gli auguri :P ma mi sentivo di scriverlo ed eccomi qui :))
    Grazie come sempre :)
    Ne approfitto ovviamente per farti gli auguri di un felice anno nuovo :)) Nelle parole suoneranno formali questi auguri ma sono sinceramente sentiti ;)

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  2. PS
    Nel rileggerlo ho visto tanti strafalcioni e periodi bruttarelli ma vado di fretta...sorry in anticipo :)

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  3. Sono sempre stato affascinato dalla perfezione formale della cultura giapponese, la cucine mi attrae meno (a parte tempura e sashimi), anche se è bellissima da guardare e da raccontare.
    Comunque buon anno nuovo e che i cambiamenti ti siano favorevoli.

    RispondiElimina
  4. @vincent: sinceramente... non so cosa voglia dire "indicizzare"! Sono un po' fuori dal giro, scusami, e non conosco il vostro sito, i vostri scopi ne' i vostri criteri di selezione.
    Fino ad ora ho sempre cercato di restare un po' defilata, in realtà. Ti ringrazio molto per l'invito ma ti chiedo per cortesia qualche spiegazione in più per capire meglio la vostra offerta.
    Questo non è esattamente uno spazio "tipicamente" di ricette, non so quanto possa realmente fare al caso vostro... Nel frattempo comunque vado subito a guardare il vostro sito più da vicino! Grazie ancora.

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  5. @gambetto: avevo scritto una rispostona lunghissima ma è sparito tutto! Evidentemente nulla succede per caso...
    Ad ogni modo, in sintesi: in Giappone (il resto dell'Oriente non lo conosco a sufficienza per risponderti) la ritualizzazione esasperata è concepita in realtà come trasformazione in arte dei gesti dedicati ad ogni aspetto della vita, che nel suo insieme dovrebbe essere vissuta all'insegna dell'armonia. Poi la vita reale è un'altra cosa ed ognuno è libero di appropriarsi di queste regole/arti, di dedicarcisi o no, di stabilite il proprio personale livello di approfondimento e di modularci sopra o meno alcuni aspetti della propria vita.
    Più che una forma di costrizione del pensiero la trovo una sublime offerta di possibilità culturali. Non tutte le donne giapponesi, ad esempio, sanno indossare un kimono, comporre i fiori in ikebana o suonare il koto. Daltronde non tutte le donne italiane sanno scegliere l'abbigliamento appropriato in base all'occasione come prevederebbe il galateo, sanno preparare delle tagliatelle fatte in casa o riconoscere un modello di Ferrari, nonostante la moda, la cucina e le auto di lusso siano i miti italianani più conosciuti all'estero, che da fuori tutti presuppongono noi conosciamo perfettamente.
    La vita trasformata in arte in ogni suo dettaglio non è un vero mito in Giappone, a parte per alcuni veri appassionati, rappresenta semplicemente una possibilità. Altre cosa il "panem et circenses" mirato ad addormentare le coscienze, che è reale e quotidiano in Giappone come in Italia e che non passa dalla ritualizzazione ma utilizza le stesse forme nostre: lavoro alienante, televisione spazzatura, falsi miti consumistici, e così via. Ma si tratta di un capitolo a parte...

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  6. @enrico: la perfezione della cucina giapponese non è solamenete formale. Nonostante la presentazione sia importantissima, in realtà tutto nasce da una delicatissima armonia di sapori, prevalentemente di gusto umami, di cui molti sono derivati anche dalla tradizione cinese.
    Non so quali siano le tue esperienze in merito ed ovviamente il primo criterio di giudizio è assolutamente quello dei i gusti personali, ma ti consiglio, se ti interessa e se ne hai l'occasione, di assaggiare qualche piatto di preparazione casalinga.
    Inoltre spesso, come in tutto il mondo, i ristoranti giapponesi all'estero propongono i loro piatti "riadeguati" in base al Paese in cui si trovano, anche quei pochi che hanno in cucina del personale veramente giapponese, così l'anima vera della loro cucina va praticamente persa...
    Grazie per gli auguri, anche a te un anno nuovo in armonico divenire...

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  7. Mi piace come riesci a darmi 'la visione' alternativa. Io la vedo come una forma di sovracultura, tu, una possibilità culturale.
    Diciamo che grazie al tuo commento ho meno estremizzato la mia percezione, la nota critica però la mantengo sempre ehehehe...perchè anche l'arte in alcune sue forme non sempre si è mantenuta autonoma e fine a se stessa. Sono un partenopeo testardo ehehehe
    Una buonissima giornata ed a presto :))

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  8. @gambetto: assolutamente d'accordo per la diffusa e storica strumentalizzazione dell'arte, anche se da noi non esiste realmente un parallelo possibile con quel "quotidiano come artificio" che tanto ci colpisce del Giappone.
    A me sembra che in Italia ci si riferisca alle arti classiche (pittura, musica, architettura, ecc.) come a qualcosa di separato da noi, generalmente appartenente di diritto solo all'artista come creatore e ricadente sul pubblico minuto come fruitore.
    L'arte non sembra essere un percorso del quotidiano praticabile da chiunque, a differenza del Giappone, forse anche perchè qui è intesa come forma di espressione assoluta di sè più che come strumento di linguaggio e comunicazione di ogni giorno.
    Torno al parallelo con il nostro galateo: se sai comportarti bene a tavola, vestirti appropiatamente per un funerale o presentare nel giusto ordine due persone che non si conoscono, in Italia risulti semplicemente una persona che conosce i codici del comportamento sociale (per chi ancora li sa riconoscere...).
    In Giappone succede lo stesso, solo che per disporre dei fiori recisi o versare una tazza di tè se ti interessa puoi studiare anche vent'anni e finisce per diventare un gesto quotidiano d'arte. Come potrebbe essere per noi studiare per vent'anni pianoforte o tiro con l'arco, che non sono però arti "applicate" ai gesti "utili" del quotidiano.

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  9. Da noi mi accontenterei che (oltre l'educazione) le persone studiassero anche solo per un paio d'anni...per poi alzare lo sguardo in alto e saper apprezzare le bellezza urbanistiche delle nostre città d'arte, grandi e piccolissime o anche per saper visitare un museo. Già! ...basterebbe poco per riuscire a vedere il bello anche in mezzo a tante brutture :)

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