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in nome di fiumi e formaggi

Si sa che a tratti soffro di monomanie gastronomiche; ho detto più volte che ho la mamma svizzera; è nota la smodata golosità per il formaggio di almeno tre generazioni della mia famiglia (solo mia sorella di tutta la stirpe ne è stranamente immune). Ora ci si è messo pure il Consorzio dei Formaggi Svizzeri ad istigarmi... E' inevitabile che, salvo deviazioni momentanee e del tutto impreviste, un certo tot di post miei in questo periodo finiscano per trattare, appunto, di formaggio...


Come prima cosa partirei da quel che rappresenta "il formaggio" per antonomasia, ovvero quello con i buchi che appariva in tutti i cartoni animati della mia infanzia come groviera. E che invece si chiama Emmentaler. 


Perché?! Perché in Svizzera, precisamente tra le montagne del Cantone Berna, scorrono due fiumi: uno di nome Kleine (piccola) Emme, che scorre verso sudest e confluisce nella Reuss (leggi röiss. Gli Svizzeri danno spesso nomi femminili ai fiumi, per chi volesse saperlo...), l'altro, la Grosse (grande) Emme, che scorre verso nord e si getta nell'Aar dopo aver solcato la valle che dal fiume stesso prende il nome: l'Emmental, ovvero la "valle dell'Emme". 


Il formaggio Emmentaler dunque, il cui nome  infine significa proprio "proveniente dalla valle dell'Emme", non poteva che chiamarsi così, dato che viene prodotto solo con latte munto dalle vacche pezzate che pascolano nei prati aperti di quella valle in  e che si nutrono unicamente di quell'erba d'estate e di quel fieno d'inverno, senza conoscere mai mangimi di altra natura. E detto latte non viaggia più di 20 km. all'ora per non essere troppo agitato tra la mungitura ed i caseifici, ovviamente tutti anch'essi situati nella stessa zona.


Parlando di fiumi svizzeri devo ammettere che il mio preferito è il Reno, il cui nome di origini celtiche significa "Acqua che scorre"... Parlando di formaggi invece non era l'Emmentaler quello per cui facevo maggiori pazzie, ad essere sincera. Vivere però l'Emmental con tanto di pascoli, di caseifici consortili e di piccole produzioni familiari, di cantine di affinatura e di gente che parla di tutto ciò con emozione e passione ed orgoglio mi ha levato i paraocchi. E soprattutto assaggiare l'Emmentaler originale nelle sue varie sfumature di stagionatura, nonostante la poesia di tutto il resto, mi ha comunque  aperto un mondo di suo.


Mi sono resa conto così che esiste una catena di nomi assonanti o storpiati che vengono artatamente utilizzati per definire genericamente un "formaggio con i buchi" prodotto nei luoghi più disparati del mondo, ma che tutto ciò poco o niente ha a che fare con quello che ha origine da un punto, da un modo e da un pensiero preciso della Svizzera. E che forse quello che genericamente acquistavo come emmental non era di fatto per niente Emmentaler. Perché il nome di questo formaggio è la sua storia e la sua ragione di esistere.


Non c'è bisogno di fare grandi viaggi ne' di spendere cifre iperboliche in gastronomie specializzate: ogni supermercato sotto casa in Italia ha la sue offerta di Emmentaler svizzero, che per l'Italia viene selezionato, pensa un po', tra le forme più dolci e dai buchi più grossi. Sullo stesso scaffale si possono trovare in genere almeno un paio di alternative dalla denominazione simile e dal costo in genere inferiore, di cui una è solitamente di produzione tedesca o francese. 


Bene, il mio consiglio è: acquistare un Emmentaler doc (in svizzero si dice AOP; lo si riconosce dalle scritte rosse sulla crosta, realizzate con un foglio di caseina e riportanti il codice del singolo caseificio, che per la massima tracciabilità è individuabile qui) ed una sua imitazione, levarli dalla confezione un'oretta prima di consumarli e poi assaggiarli, sia a crudo in purezza che in qualche ricetta dove se ne prevede la cottura.


Qui alcune foto significative della produzione, ma le immagini prendono senso solo se accompagnate dall'assaggio. E dal confronto. Dopo di che non c'è più bisogno di parole...
 I veri produttori sono in primis le mucche (che hanno pezzate pure le mammelle)
e l'aria fresca della valle...
 
Poi viene la tradizione, qui rispettata da un casaro atipico che utilizza ancora tecniche e strumenti storici.
E poi la cura di chi ha razionalizzato il procedimento ma vive il proprio lavoro come parte naturale della giornata,
 da condividere con la famiglia
nonostante i piccoli inconvenienti derivanti da un lavoro che avvolge la vita e la casa stessa...
E infine la forza naturale di un prodotto semplice ma eccellente,
 che racchiude nella sua pasta e nelle sue bolle la sostanza di una vera e propria "fabbrica naturale"...
Alla fine ci metto pure una ricetta a base di Emmentaler, giusto a compensare con il suo buon profumo l'overdose di geografia fluviale che ho spatafiato qua sopra...



Minisoufflé di Emmentaler e menta
per circa 60 pezzi 4x2 cm.:
200 gr. Emmetaler svizzero
un mazzetto di menta fresca
70 gr. di tuorli (circa 4 uova)
200 gr. di albumi (circa 6 uova)
400 ml. di latte
100 ml. di panna fresca
40 gr. di farina 0
40 gr. di burro
noce moscata
pepe bianco al mulinello
sale

Lavare ed asciugare bene le foglie di menta, adagiarne una intera in ogni stampino e tritarne finissimamente una manciata. Grattugiare o tritare finemente l'Emmentaler.

Portare appena a bollore il latte con la panna, salare quindi spegnere e grattugiarvi una bella presa di noce moscata ed una macinata di pepe.

Sciogliere il burro in un tegame dai bordi alti e tostarvi la farina, unire quindi il latte caldo a filo e mescolare con la frusta, cuocendo qualche minuto, poi spegnere.

Sbattere i tuorli con la menta tritata e l'Emmentaler ed unirli al composto, mescolando con cura e lasciando poi intiepidire.


Mondare gli albumi a neve ben soda ed incorporarli delicatamente mescolando dal basso verso l'alto e regolare se serve di sale.


Distribuire il composto negli stampini sopra le foglie di menta riempiendoli solo fino a metà altezza e cuocere in forno statico a 180° per 12 minuti circa, fino a che i minisoufflé sono belli gonfi e dorati.




Sformare e servire tiepidi o freddi, con la parte dorata sopra se si vuol lasciare la sorpresa del gusto,


oppure rovesciati se si vuol intravedere la foglia di menta.


Il soufflé è una preparazione che andrebbe per la verità servita appena levata dal forno, in modo che non faccia in tempo a sgonfiarsi. Qui si è esteso al concetto di finger food, quindi si sono scelti degli stampi di silicone molto piccoli e si sono poi serviti i soufflé tiepidi, dunque sformandoli e lasciandoli tranquillamente abbassare...
  • rivoli affluenti:
  • notizie più dettagliate sull'Emmentaler? qui e qui
  • la verità? questa ricetta è nata per ripiego. Si era partiti per fare una crema pasticcera salata di Montersino ma poi...
  • (PS: non ho idea del perché questo post mi sia uscito pezzato e non riesco a sistemarlo... Che sia un attacco di Emmetalerite?!)

Commenti

  1. Belli i sufflè seduti: rendono bene la spossatezza del periodo!

    RispondiElimina
  2. Come si fa a non volerti bene? Ho letto come una scolaretta diligente tutto, senza perdermi una riga, ora, quando andrò in un negozio rizzerò le antenne e non mi farò incantare da false etichette e,se trovo questa poesia di formaggio voglio cimentarmi nei tuoi soufflè che, credo, siano qualcosa di sublime.
    In mezzo alle mucche, o in un caseificio, o tra le 2 Emme, ovunque tu lo trascorra che sia uno splendido fine settimana ;-)

    RispondiElimina
  3. @libera: grazie farfallina, buon weekend anche a te

    RispondiElimina
  4. ciao,

    complimenti per il bellissimo blog.
    questi minisouffle sono favolosi!

    ti verro' a trovare presto!

    buona serata

    maia

    RispondiElimina
  5. @maia: grazie, benvenuta e buona serata anche a te

    RispondiElimina

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