Credo che ognuno di noi in cuor suo sappia riconoscere quegli istanti specifici che, in una vita, lo hanno fatto crescere. Oggi voglio parlare dei due momenti in cui per la prima volta mi sono resa conto di essere un essere pensante, una "persona" vera e propria e non solo una bambina, e poi mi sono sentita una donna, nonostante non avessi ancora tacchi, trucco, seno e quant'altro. Si collocano entrambi nella mia pre-adolescenza.
Il mio primo flash di consapevolezza arrivò al mio undicesimo compleanno, quando la mia zia evoluta mi regalò Il gabbiano Jonathan Livingston. A guardarmi così indietro mi faccio tenerezza da sola: la storia di un essere che con la mente poteva arrivare a distinguersi dagli altri e addirittura a sperimentare la telecinesi mi folgorò, costringendo il ragnetto che fisicamente ero allora ad essere fiero almeno della propria intelligenza ed a coltivarla con cura ed orgoglio, perchè fosse davvero solo mia, "diversa" e a suo modo unica.
Dopo nemmeno un anno arrivò un ulteriore grado di consapevolezza, che se da una parte mi trovava emotivamente impreparata dall'altra poteva giocare sul mio novello punto di forza per non farmene totalmente annichilire: il mio cuore fu travolto dal primo amore.
Allora non c'erano cellulari e internet, si comunicava al telefono o per lettera e per una dodicenne con il telefono nel corridoio di casa e l'amato bene in un'altra città la vita era difficile, tanto che la storia languì nell'arco di qualche mese. Ci siamo continuati a voler bene per anni, comunque, e siamo rimasti in contatto nonostante due vite diversissime dai sogni che allora avevamo messo in comune.
Ma il mio primo batticuore, il primo sguardo di lui che mi faceva capire che gli interessavo, in mezzo al prato di una gita di gruppo, il suo accostarsi a me con delicatezza e pudore, il nostro leggere un libro insieme, spalla a spalla, tanto per stare vicini, le madri nella stanza accanto a chiacchierare... e poi il primo bacio a fior di labbra, con il suo dito ad alzare il mio mento vergognoso: sono emozioni che
posso rivivere esattamente uguali ad allora anche adesso, se chiudo gli occhi e mi metto a pensarci!
Questo ultimo anno di vita è stato molto faticoso per me, e carico di perdite di cui ancora non reggo per intero la portata. L'ultima è arrivata oggi, con la morte proprio di quel ragazzino che mi aveva incredibilmente dimostrato quanto avessi anche io una mia bellezza, i cui occhi spiegavano che ero amabile nonostante occhiali, capelli corti, scarpe basse, desiderabile nonostante timidezza ed immaturità.
Nella giornata dedicata alle donne io sono a ringraziare la persona che mi ha insegnato a crederci, attraverso cui ho iniziato ad essere pure io una donna, nella mia improbabile e sgangherata maniera. Insomma, per dirla con il cuore e con Richard Bach: "Gli occhi vedono solo ciò che è limitato, Guarda con il tuo intelletto e scopri quello che conosci già, allora imparerai a volare."
Dopo qualche anno, in piena adolescenza, quando oramai ci frequentavamo solo da amici, lui subì in emergenza un grave intervento al cuore. Mi disse poi che nell'attimo prima di perdere i sensi aveva pensato non alla sua fidanzata del momento ma a me. Non per amore romantico, credo, visto che poi quella fidanzata se la sposò e se l'è tenuta ben stretta fino all'ultimo, ma per quel preciso senso di meraviglia nei confronti di una vita sentimentale possibile che avevamo sperimentato insieme per la prima volta, io nei miei candidi dodici anni e lui nei suoi "maturi" tredici.
Siccome la vita non finisce mai di stupire, da qualche anno sono venuta ad abitare a due strade di distanza da quella che era la sua casa di allora, in quella città "lontanissima" dove andai una volta sola a trovarlo come grande avventura, con 50 chilometri di treno e qualcuno di tram per il primo "viaggio da sola"... nel senso che ovviamente ero insieme a mia sorella, ci mancherebbe, ma non ci accompagnarono i genitori: per l'epoca un azzardo in piena regola!
Ora in quella casa sotto cui passo quasi ogni giorno vive la sua mamma ultranovantenne, che quella volta ci trattò come ospiti di riguardo e ci chiese persino se preferivamo la cotoletta panata fritta nel burro o nell'olio... primo mio dubbio culinario che poi per me negli anni degenerò in sperimentazioni personali di ogni tipo!
Lui invece ora stava con moglie e figlia in un quartiere poco distante; e ci siamo detti mille volte che avremmo dovuto frequentarci di più. Eppure non ci siamo incrociati mai da quando vivo qui, se non una volta lo scorso anno... però nello stesso paesino dove ci eravamo conosciuti, sempre in mezzo a un gruppone di gente, sempre ripromettendoci di farci una telefonata con calma e di vederci per bene.
E' il suo cuore dispettoso che ha tradito definitivamente questi propositi, invece. Ora passando sotto al balcone di sua mamma devo smettere di dirmi "domani lo chiamo" e rassegnarmi a pensare che la pacca sulle spalle dell'anno scorso è l'ultima che riceverò da lui. Mi consola un pochino la certezza che questa volta il suo ultimo pensiero sia sicuramente andato agli amori con cui ha poi davvero costruito la sua vita, gli amori grandi, moglie e figlia.
Il nostro amore, quello piccolo, era solo il primo, altrettanto pieno e vero ma troppo implume per volare davvero. Io pure mi sono posata altrove ed ho sperimentato differenti amori grandi. Ma la mimosa che non ho, oggi, va a lui. Insieme ad una delle poche memorie culinarie sensate della mia famiglia: la cotoletta panata (milanese) in carpione (varesino).
Sono sincera: uso immagini scattate anni fa (nel 2010 per l'esattezza), senza niente di giallo mimosa come dovrei fare in questo giorno... e come comunque avrei usato in qualsiasi altro momento per un pensiero dedicato a lui, visto che il giallo era il suo colore preferito. Ma oggi a cucinare, fotografare, pensare giallo vivace... non ce la faccio proprio.
COTOLETTA DI MANZO IN CARPIONE
ingredienti per 4 persone:
4/500 gr. di manzo a fettine abbastanza sottili (o petto di pollo, fesa di tacchino, lonza di maiale... mai vitello, in casa dei miei, chissà perchè)
2 uova
4 o 5 cucchiai di farina bianca
2 bicchieri di pangrattato
2 cipolle bianche grosse o 3 piccole
2 spicchi di aglio
6 foglie di salvia
2 rametti di rosmarino
6 rametti di timo
1 ciuffo di prezzemolo
1/2 bicchiere di aceto di vino bianco
olio extravergine leggero (non burro, alla milanese, perchè anche l'olio del fritto qui serve...)
sale
pepe al mulinello
Assottigliere le fettine di carne con il batticarne, meglio tra due fogli di pellicola o carta forno, in modo da non strapparle.
Tritare grossolanamente le cipolle e, a parte, le erbe; sbucciare l'aglio pestandolo leggermente ma lasciandolo intero.
Passare la carne prima nella farina, poi nelle uova sbattute e poi nel pangrattato e dorare le cotolette il olio caldo, scolandole bene e salandole leggermente da entrambi i lati.
Nel fondo di cottura (se si segue la mia tradizione familiare... oppure in due cucchiai di olio nuovo in un tegame pulito) fare appassire la cipolla per qualche minuto con l'aglio a fuoco basso, in modo che si ammorbidisca senza prendere colore.
Unire le erbe e lasciar insaporire un minuto, salare e poi versare l'aceto ed alzare la fiamma, in modo che l'aceto penetri bene nelle cipolle ed in parte evapori, quindi pepare e spegnere.
Disporre parte della carne in una teglia da tavola con i bordi rialzati e versarvi sopra parte del condimento caldo di cipolle; procedere a strati terminando con le cipolle.
Lasciare raffreddare, quindi coprire e tenere a riposo almeno un paio d'ore prima di servire, se in estate meglio in frigo; è ancora più buono se consumato il giorno dopo.
Ma il mio primo batticuore, il primo sguardo di lui che mi faceva capire che gli interessavo, in mezzo al prato di una gita di gruppo, il suo accostarsi a me con delicatezza e pudore, il nostro leggere un libro insieme, spalla a spalla, tanto per stare vicini, le madri nella stanza accanto a chiacchierare... e poi il primo bacio a fior di labbra, con il suo dito ad alzare il mio mento vergognoso: sono emozioni che
posso rivivere esattamente uguali ad allora anche adesso, se chiudo gli occhi e mi metto a pensarci!
Questo ultimo anno di vita è stato molto faticoso per me, e carico di perdite di cui ancora non reggo per intero la portata. L'ultima è arrivata oggi, con la morte proprio di quel ragazzino che mi aveva incredibilmente dimostrato quanto avessi anche io una mia bellezza, i cui occhi spiegavano che ero amabile nonostante occhiali, capelli corti, scarpe basse, desiderabile nonostante timidezza ed immaturità.
Nella giornata dedicata alle donne io sono a ringraziare la persona che mi ha insegnato a crederci, attraverso cui ho iniziato ad essere pure io una donna, nella mia improbabile e sgangherata maniera. Insomma, per dirla con il cuore e con Richard Bach: "Gli occhi vedono solo ciò che è limitato, Guarda con il tuo intelletto e scopri quello che conosci già, allora imparerai a volare."
Dopo qualche anno, in piena adolescenza, quando oramai ci frequentavamo solo da amici, lui subì in emergenza un grave intervento al cuore. Mi disse poi che nell'attimo prima di perdere i sensi aveva pensato non alla sua fidanzata del momento ma a me. Non per amore romantico, credo, visto che poi quella fidanzata se la sposò e se l'è tenuta ben stretta fino all'ultimo, ma per quel preciso senso di meraviglia nei confronti di una vita sentimentale possibile che avevamo sperimentato insieme per la prima volta, io nei miei candidi dodici anni e lui nei suoi "maturi" tredici.
Siccome la vita non finisce mai di stupire, da qualche anno sono venuta ad abitare a due strade di distanza da quella che era la sua casa di allora, in quella città "lontanissima" dove andai una volta sola a trovarlo come grande avventura, con 50 chilometri di treno e qualcuno di tram per il primo "viaggio da sola"... nel senso che ovviamente ero insieme a mia sorella, ci mancherebbe, ma non ci accompagnarono i genitori: per l'epoca un azzardo in piena regola!
Ora in quella casa sotto cui passo quasi ogni giorno vive la sua mamma ultranovantenne, che quella volta ci trattò come ospiti di riguardo e ci chiese persino se preferivamo la cotoletta panata fritta nel burro o nell'olio... primo mio dubbio culinario che poi per me negli anni degenerò in sperimentazioni personali di ogni tipo!
Lui invece ora stava con moglie e figlia in un quartiere poco distante; e ci siamo detti mille volte che avremmo dovuto frequentarci di più. Eppure non ci siamo incrociati mai da quando vivo qui, se non una volta lo scorso anno... però nello stesso paesino dove ci eravamo conosciuti, sempre in mezzo a un gruppone di gente, sempre ripromettendoci di farci una telefonata con calma e di vederci per bene.
E' il suo cuore dispettoso che ha tradito definitivamente questi propositi, invece. Ora passando sotto al balcone di sua mamma devo smettere di dirmi "domani lo chiamo" e rassegnarmi a pensare che la pacca sulle spalle dell'anno scorso è l'ultima che riceverò da lui. Mi consola un pochino la certezza che questa volta il suo ultimo pensiero sia sicuramente andato agli amori con cui ha poi davvero costruito la sua vita, gli amori grandi, moglie e figlia.
Il nostro amore, quello piccolo, era solo il primo, altrettanto pieno e vero ma troppo implume per volare davvero. Io pure mi sono posata altrove ed ho sperimentato differenti amori grandi. Ma la mimosa che non ho, oggi, va a lui. Insieme ad una delle poche memorie culinarie sensate della mia famiglia: la cotoletta panata (milanese) in carpione (varesino).
Sono sincera: uso immagini scattate anni fa (nel 2010 per l'esattezza), senza niente di giallo mimosa come dovrei fare in questo giorno... e come comunque avrei usato in qualsiasi altro momento per un pensiero dedicato a lui, visto che il giallo era il suo colore preferito. Ma oggi a cucinare, fotografare, pensare giallo vivace... non ce la faccio proprio.
COTOLETTA DI MANZO IN CARPIONE
ingredienti per 4 persone:
4/500 gr. di manzo a fettine abbastanza sottili (o petto di pollo, fesa di tacchino, lonza di maiale... mai vitello, in casa dei miei, chissà perchè)
2 uova
4 o 5 cucchiai di farina bianca
2 bicchieri di pangrattato
2 cipolle bianche grosse o 3 piccole
2 spicchi di aglio
6 foglie di salvia
2 rametti di rosmarino
6 rametti di timo
1 ciuffo di prezzemolo
1/2 bicchiere di aceto di vino bianco
olio extravergine leggero (non burro, alla milanese, perchè anche l'olio del fritto qui serve...)
sale
pepe al mulinello
Assottigliere le fettine di carne con il batticarne, meglio tra due fogli di pellicola o carta forno, in modo da non strapparle.
Tritare grossolanamente le cipolle e, a parte, le erbe; sbucciare l'aglio pestandolo leggermente ma lasciandolo intero.
Passare la carne prima nella farina, poi nelle uova sbattute e poi nel pangrattato e dorare le cotolette il olio caldo, scolandole bene e salandole leggermente da entrambi i lati.
Nel fondo di cottura (se si segue la mia tradizione familiare... oppure in due cucchiai di olio nuovo in un tegame pulito) fare appassire la cipolla per qualche minuto con l'aglio a fuoco basso, in modo che si ammorbidisca senza prendere colore.
Unire le erbe e lasciar insaporire un minuto, salare e poi versare l'aceto ed alzare la fiamma, in modo che l'aceto penetri bene nelle cipolle ed in parte evapori, quindi pepare e spegnere.
Disporre parte della carne in una teglia da tavola con i bordi rialzati e versarvi sopra parte del condimento caldo di cipolle; procedere a strati terminando con le cipolle.
Lasciare raffreddare, quindi coprire e tenere a riposo almeno un paio d'ore prima di servire, se in estate meglio in frigo; è ancora più buono se consumato il giorno dopo.
- rivoli affluenti:
- Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston, Rizzoli, 1973.
Ciao Poesia, ti voglio un bene grande. Siamo uguali in questo, nel coltivare i rapporti, due vergini solitarie. Ma ci ricordiamo quali sono le persone importanti e anche se non siamo il tipo che chiama tutti i giorni, sappiamo dove rivolgere il nostro cuore. Il mio fiore virtuale è per te. Ti abbraccio forte forte.
RispondiEliminaImmaginavo che proprio tu avresti capito...
EliminaCiao carissima amica, mi spiace per tutta la pesantezza che grava sulle tuo spalle e sul cuore vorrei poterle alleviare ma senz'altro hai vicino chi lo farà. Sei fortunata in un senso perchè hai un ricordo bellissimo del primo amore, io no, perchè allora non padrona della lingua pensavo sempre a grandi prese in giro e poi non avevo una casa per ospitare e mi vergognavo andare in altre senza poter contraccambiare... altri tempi. Il tuo piatto mi ha ricordato quello che invece facevo sempre perchè mia figlia ne era matta ma fatto con il pollo. Petto di pollo tagliato a strisce battute e panate. Poi il resto un pò meno laborioso si le cipolle stufate nella stessa padella con l'aceto. Strato pollo + cipolla ecc. + strato pollo e cosi via. Pressato con le mani e messo in frigo quando freddo. Ogni due ore e poi il giorno dopo l'alto andava in basso e viceversa in modo che si insaporisse tutto. Dove lo mangiavamo: in mezzo al mare ui mosconi quelli di legno con i remi e la pentolaccia piena di panada fredda io figlia e due amiche. Non era leggero sotto un solleone ma eravamo tutti giovani e giovanissimi. Anche in questo piatto siamo in sintonia. Farò questo per cambiare. Buona fine settimana un forte abbraccio e...non ho dimenticato.
RispondiEliminaSono stata molto fortunata, credo, a trovare una persona che ha saputo guardarmi dentro nonostante tutto. Grazie per la condivisione dei tipi ricordi, sempre preziosa.
EliminaDei tuoi ricordi!
EliminaMi piacciono le tue gocce di memoria: ritrovo i colori, i sapori, i profumi e le emozioni che erano anche il mio sfondo...
RispondiEliminae a cui hai contribuito massimamente, come sai.
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