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harira, la zuppa marocchina che riconcilia con il mondo

Ogni tanto in questo periodo, un po' più spesso del solito, l'essere ed io usciamo a cena. Cerchiamo a nostro modo di osservare in modo serio la cautela da tutti raccomandata ma anche di sostenere la buona volontà dei ristoratori che stanno cercando di non soccombere rimanendo aperti. A me danno l'impressione che si tratti non solo di coraggio imprenditoriale ma soprattutto di solide certezze in merito alle proprie abitudini in tema di sicurezza alimentare e di scrupoloso rispetto di tutte le recenti indicazioni aggiuntive. Sono diversi, dunque, i locali dove ceniamo con grande serenità.

L'altra sera era hina-matsuri, festa durante la quale in Giappone si prega per la salute, la bellezza e la crescita gioiosa delle bambine ed il ristorante Shiro l'ha celebrato proponendo uno speciale chirashi dai delicati colori primaverili. Da lunedì a giovedì prossimi, invece, il ristorante Finger's Garden propone un percorso gastronomico alla scoperta di tonnetto, palamita e cucina giapponese a base di pesce azzurro dalla pesca sostenibile. E da qualche giorno il ristorante Osaka ha attivato un servizio gratuito di delivery per i suoi bento e menù della pausa pranzo.

Io personalmente non mi stancherei mai di mangiare giapponese, però è giusto collaborare anche con altre realtà ristorative... soprattutto se si è certi di incontrare dei cuochi autentici che ogni volta possono insegnarti qualcosa. E così la scorsa settimana siamo andati da Maison Touareg, di cui avevo già parlato qui come un'eccellenza della cucina marocchina a Milano, e ci siamo confortati con una chicca che, all'inizio servita solo come piatto speciale in periodo di ramadan oppure su richiesta, si è finalmente conquistata un posto fisso nel loro menù: la harira.

Si può considerare LA zuppa per antonomasia in Marocco, servita come comfort food anche a colazione quando fa freddo ma anche nei piccoli caffè la sera, una piccola coccola che ci si concede al ritorno dal lavoro, e come piatto ristoratore all'alba che chiude i lunghi festeggiamenti dei matrimoni tradizionali. Ma la parte del leone la fa nel periodo di Ramadan: per molti è una gioia trovarsela scodellata ogni sera per tutto il mese e risulta quasi impensabile rompere il digiuno della giornata con qualsiasi altro cibo.

Ovviamente ogni località ne ha una sua variante, ma le basi vedono sempre almeno un legume (a sudest fave, cui si aggiunge cavolo, a nord lenticchie e ceci, altrove legumi misti), cipolla e pomodoro, di cui non si smorza l'acidità, che anzi viene spesso volutamente esaltata dal succo di limone. Ma il tratto veramente distintivo, comune ad ogni variante di harira, è la consistenza cremosa e vellutata: non a caso il suo nome deriva dalla parola araba harir, ovvero "seta".

La sua specifica consistenza si ottiene non solo utilizzando parte degli ingredienti tritati o frullati e regolando perfettamente il rapporto tra brodo e parti solide, ma anche addensando verso la fine la zuppa o con una miscela di acqua e farina detta tedouira, oppure con delle uova sbattute. Io qui ho scelto la via della pastella (in versione semplice, 'che la si potrebbe anche far fermentare un paio di giorni con del lievito) perchè avevo commensali vegetariani ed ho tenuto di conseguenza la mia zuppa meat free ed ho impiegato l'acqua di cottura dei ceci al posto di brodo di ossa, di agnello, di manzo o di pollo che invece si utilizza di solito.

In diverse zone la zuppa è profumata con lo smen, un burro ovino salato e fermentato che le dona non solo la sua parte grassa ma anche un grande aroma, paragonabile a quello di un nostro pecorino molto stagionato. Per rendere la zuppa più sostanziosa si usano anche bocconcini della carne del brodo e/o uova, unite sode e tritate oppure sbattute e poi versate a filo nella zuppa bollente per creare dei fili dorati. Come ulteriore apporto sia per rendere l'harira più densa che nutriente e golosa, spesso si aggiungono amidi: dei tagliolini spezzati (doudia) o del riso.

Viene servita di solito in tazze o scodelle e sorbita da un cucchiaio, la tradizione vorrebbe di legno. Durante il Ramadan, a rifocillare dopo una lunga giornata di digiuno, la si accompagna con datteri o con chebakia, dei dolcetti fritti al miele molto simili alle nostre carteddate, alternando un morsetto dolce ad una cucchiaiata di zuppa; il resto dell'anno, nei locali popolari e in famiglia, spesso costituisce un piatto unico e viene accompagnata con pani tipo msmen o khobz e da tè caldo.

Per la harira versione di Fès basta chiedere ad Eleonora. Io invece, cercando di riprodurre la delizia della Maison Touareg, oltre a seguire le loro indicazioni ed affidami alla memoria del mio palato, ho consultato credo almeno una dozzina di libri (il mio scaffale di cucina si farcisce da decenni di testi sul Marocco). Sono arrivata ad un mix dei quattro che mi sembrava si avvicinassero maggiormente all'agognato ideale.. e non è bastato: la zuppa del ristorante, nonostante abbia usato proprio la cannella che mi hanno regalato loro, era comunque più buona. Dovrò sacrificarmi e tornare più volte per scoprire ogni loro segreto... anche se devo aspettare qualche settimana, perchè essendo una piccola attività familiare con il problema dei bambini a casa da scuola li ha costretti a chiudere per qualche giorno.

In ogni caso ho capito che non serve caricare di spezie più di tanto: i sapori sono già ricchi e, con questo procedimento, ben fusi tra loro, con il discreto tocco di quella meravigliosa cannella a donare profondità e lo spruzzo finale di limone finale a rinfrescare il tutto. Le dosi qui sono perfette per 4-6 persone come piatto unico nel suo pieno senso di comfort food dopo una giornata di stenti, ma sono sufficienti anche per 8-10 come apertura di un convivio affollato, con un menù più ampio ed il senso marocchino della serata familiare.

Ma che sia antipasto, primo, piatto unico o puro e semplice sfizio "etnico", il ruolo che io sento  fondamentale della harira è quello di avvolgere di serenità e riconciliare con il mondo, qualsiasi sia lo stato d'animo di partenza.
HARIRA, MY WAY
ingredienti per 6 persone:
120 g di ceci secchi
250 g di  lenticchie (a me piacciono tantissimo e abbondo, ma ne bastano anche 180 g)
500 g di pomodori perini maturi (o 1 scatola di pelati, o 400 g di polpa rustica di pomodoro)
1 grossa cipolla
2 spicchi di aglio
1 bel gambo di sedano con le foglie
1 limone (più uno per servire)
20 g di zenzero fresco (io lo preferisco, ma di solito se ne usa 1 cucchiaino in polvere)
2 o 3 cucchiai di concentrato di pomodoro (dipende da quanto maturi e saporiti sono i pomodori freschi)
20 g di farina
50 g tagliolini all'uovo o capelli d'angelo (oppure 2 cucchiai di riso crudo, o 100 g di riso cotto)
1 ciuffo di coriandolo fresco
1 ciuffo di prezzemolo fresco (più qualche foglia per il decoro)
1 foglia di alloro
1 pezzetto da 4 cm di corteccia di cannella (o 1/2 cucchiaino in polvere)
1 cucchiaino di curcuma in polvere
1/4 di cucchiaino di semi di cumino
1/2 cucchiaino di paprika piccante (oppure di peperoncino in polvere, o di pepe nero appena macinato, o anche di harissa, che però va unita alla fine insieme alla pasta)
2 o 3 cucchiai di olio extravergine
sale

(NB: aggiornamento delle dosi del brodo dopo i consigli di amici marocchini: la mia zuppa così è troppo densa, deve risultare decisamente più brodosa. Per questo credo sia meglio anche diminuire leggermente la quantità di lenticchie)

Ammollare i ceci per 12 ore, poi sciacquarli e lessarli 2 ore in 2,5 3 l di acqua fresca, con l'alloro e 3 gambi di prezzemolo. Per accorciare i tempi di cottura si possono spellare i ceci scolati, strofinandoli vigorosamente in un un telo pulito.

Una volta cotti, scolare i ceci, filtrando e conservandone l'acqua di cottura. Se ne dovrebbero ottenere almeno circa 1,2 2 l.

Ammollare le lenticchie 30 minuti. In un pentolino sciogliere la farina con un frustino in 200 ml di acqua di cottura dei ceci fredda e far riposare coperto.

Spellare i pomodori, scottandoli prima un minuto in acqua bollente oppure usando (come ho fatto io) l'apposito coltellino. Ridurli a pezzetti e frullarli con il gambo di sedano, prima mondato ed affettato, e con un ciuffetto delle sue foglie.

Frullare lo zenzero fresco, l'aglio e la cipolla mondati e rosolarli in olio a fuoco basso in una pentola di coccio per una decina di minuti, fino a che la cipolla è trasparente.

Unire al soffritto tutte le spezie ed i ceci, far insaporire un paio di minuti e poi aggiungere 800  ml 1,5 l dell'acqua di cottura dei ceci.

Portare tutto a bollore, unire le lenticchie scolate e cuocere coperto a fuoco basso per 10-15 minuti.

Intanto scaldare a fuoco bassissimo il mix di farina, unendovi il concentrato di pomodoro ed i pomodori frullati, rimestando fino a che si addensa in una crema morbida, salando alla fine. Ci vogliono circa 5-6 minuti.

Versare il composto a filo nella zuppa, sempre mescolando per scioglierlo bene, quindi unire 2 o 3 rametti interi sia di coriandolo che di prezzemolo ed il succo di 1/2 limone.

Cuocere altri 10-15 minuti (i tempi dipendono dal tipo di lenticchie) fino a che i legumi sono perfettamente cotti ed il brodo è denso e vellutato, rimestando spesso perchè tra farina e lenticchie ora la zuppa tende ad attaccare.

Se si prepara la zuppa in anticipo rispetto alla cena fermarsi qui (si conserva in frigo per 3 giorni ed in freezer per 3 mesi), altrimenti tritare due cucchiai di foglie di prezzemolo ed altrettante di coriandolo.

Poco prima di servire regolare di sale, levare i rametti di erbe cotti, l'alloro e la cannella, unire i tagliolini, prima spezzati in tocchetti da 4 o 5 cm, e cuocere 5 minuti (oppure 15 minuti se si usa il riso crudo, oppure aggiungere al bollore il riso cotto).

Regolare a gusto la densità della zuppa aggiungendo ancora un po' di acqua dei ceci o cuocendo un minuto in più, unire succo del rimanente 1/2 limone e il trito di erbe fresche e mescolare bene.

Dividere in ciotole individuali, decorare con ciuffetti di coriandolo fresco e servire con spicchietti di limone a parte.
  • rivoli affluenti:
  • i quattro libri superstiti sono:
  • Claudia Roden, La cucina del Medio Oriente, Vallardi, 1989, ISBN 88-11-92690-4
  • Claudia Roden, The Book of Jewish Food, Penguin Books, 1999, ISBN 978014466096
  • AA.VV., L'Enciclopedia della Cucina Internazionale. Vol. 23. Africa e Medioriente, De Agostini, 2006
  • Hassan M'Souli, Moroccan Modern, New Holland Publisher, 2007, ISBN 978-1-84537-816-5
  • per una versione gluten free sostituire la farina con amido di mais e, ovviamente, impiegare riso al posto della pasta. Per una versione vegana basta usare dei capelli d'angelo, altra pastina di grano duro o riso invece dei tagliolini all'uovo.

Commenti

  1. E fate bene ad uscire! Sempre nel rispetto delle regole ma è giusto a mio parere non rintanarsi troppo in casa....
    Amo da sempre conoscere nuove culture e nuovi piatti, adoro la cucina asiatica e orientale, sapori a volte sconosciuti e diversi ma non per questo meno buoni, questa zuppa è davvero favolosa e riscalda anima e corpo <3 baci

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    1. in effetti la sto confrontando con le ricette di casa di altri amici marocchini e mi diverto da morire a vedere come ognuno mi consigli cose differenti, così come capiterebbe qui se chiedessi pareri alle nonne lombarde sul minestrone perfetto. Tutto il mondo è paese, insomma. Comunque mi dicono tutti che è troppo densa, quindi è di certo meglio usare più liquidi. Ora correggo!

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  2. La densità era uno degli aspetti golosi...

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    1. Anche a me non dispiace ma effettivamente al ristorante era più liquida. Comunque puoi sempre seguire la ricetta senza correzioni!

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