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jambalaya, ricetta meticcia per necessità e per virtù

In questi giorni mi piace proporre piatti stranieri buoni e facili da cucinare anche con ingredienti italiani di semplice reperibilità in una spesa sotto casa. Tra le tradizioni gastronomiche in cui è più immediato andare a pescare c'è quella americana della Louisiana, di cui tempo fa avevo parlato qui.

Tra gli ingredienti che si usano più diffusamente a New Orleans e dintorni c'è il riso, che è protagonista di tanti piatti tipici almeno quante sono le differenti tradizioni culturali che nei secoli lì si sono incrociate: la cucina locale ha fatto di necessità virtù traendo il meglio da ogni spunto ed ha così creato uno stile gastronomico meticcio molto tipico dai sapori unici e riconoscibili come assolutamente locali.

L'argomento mi appassiona e ne parlerei per ore (addirittura anni fa mi fu offerto di scrivere un libro sulla storia della cucina americana!). Cerco di limitarmi ma credo sia indispensabile una premessa prima di entrare in cucina, importante per comprendere il clima gastronomico della Louisiana e la scelta della ricetta di oggi.

La cucina della Louisiana si è sviluppata tra '500 e '700 attraverso l'ibridazione delle tradizioni alimentari dei Nativi americani con quelle dei Conquistadores e dei negrieri spagnoli e portoghesi, con quelle degli schiavi africani e con quelle degli Acadiani, i Francesi dal Canada, che in momenti storici diversi hanno occupato varie zone dello Stato, per finire con l'apporto degli emigrati italiani e tedeschi nel corso dell'800.

Ne emergono non una ma ben due anime locali per cultura, lingua, musica e gastronomia, con differenze a volte sottili a volte evidentissime. Parlando di cibo, la cucina creola, che oggi prevale a New Orleans, è considerata più "cittadina" ed elegante, discende dalle famiglie importanti spagnole e francesi che governavano la città ed è materialmente opera dei loro schiavi di cucina, abili ad utilizzare i prodotti più diversi e preziosi per preparazioni delicate e cremose.

La cucina cajun, (contrazione di Acadian), attestata nelle zone paludose del sud, sulla costa e nelle praterie, si rivela più rustica e diretta, utilizza interiora, cacciagione, spezie decise e olio. E usa rarissimamente il pomodoro, molto apprezzato invece nella cucina creola, come il burro. I due stili culinari convivono allegramente in Louisiana, citandosi, battibeccando e tutt'oggi arricchendosi a vicenda, ma soprattutto confondendo in merito tutti i turisti che si recano a New Orleans, cui si racconta semplicemente che creolo è cittadino o col pomodori, cajun campagnolo o senza pomodoro.
Tutto ciò per dire che, combattuta se presentare una ricetta creola o una cajun,, ho deciso di parlare della jambalaya, un piatto a base di riso e carne che si dice derivi il proprio nome dal dialetto provenzale jambalaia (quindi origine cajun!), che significa sia riso cotto pilaf che miscela di ingredienti. Però secondo la tribù dei Nativi Atapaka il termine è semplicemente la pronuncia spagnoleggiante della loro formula per augurare buon appetito: sham, pal ha! Ya!, ovvero "sii sazio, non magro! Mangia!". Quindi origine più antica e creola!

In effetti il bello della jambalaya è proprio che, per ragioni sia storiche che geografiche, ne esistono davvero una versione creola e una cajun ed il piatto fa realmente da ponte tra i due stili di cucina, raccontando la storia del Paese in cui nasce. Entrambe le varianti aromatizzano il riso con un soffritto detto holy trinity ("santa trinità", di cipolla, sedano e peperone verde, a volte con in più l'aglio, denominato the pope o the blessed mother) e con una salsiccia di maiale a grana grossa affumicata di nome andouille aromatizzata con decisione con aglio e spezie... tra cui pepe la salsiccia cajun e peperoncino quella creola. Riso, trinità e andouille rappresentano il sapore base di tutte le jambalaya possibili.

Se la "virtù" della jambalaya è la certezza di idee ed ingredienti di partenza, la sua "necessità" è dettata dall'area geografica e dalle condizioni economiche di chi la cucina, perchè in ogni zona (e in ogni famiglia) storicamente si utilizza ciò che si preferisce in base all'offerta del territorio e alle possibilità di spesa.

Così se l'aggiunta di ulteriori verdure, tipo carote, peperoncini freschi o okra, dipende dalla stagione e dal gusto personale, e quella di spezie ed erbe della propria tradizione, per i bocconi di carne che arricchiscono la pietanza è tutta un'altra storia: schiavi e classi più povere hanno sempre infatti usato ciò che trovavano, se lo trovavano, in aggiunta alla semplice ricetta base di riso e verdure, unici ingredienti che potevano certamente permettersi.

Così a New Orleans e nei dintorni, dove prevale la cucina creola, di solito si usano, oltre alla andouille, salumi, pollo, tacchino, maiale, gamberi e/o crawfish (gamberi di fiume); nelle zone più lontane dalla città, come sulla frastagliata costa sud della Louisiana dove è si è maggiormente radicata la cucina cajun, oltre a speziature più intense ed affumicature più decise, si aggiungono a volte anche carni di animali lì più comuni, compresi anatre, ostriche e rane ma anche alligatori e castorini. Nel cento-ovest della Louisiana, invece, la parte più "continentale" dello stato, sempre di impronta cajun, scarseggiano gli ingredienti marini ma compaiono cinghiale e cacciagione.

L'Americano medio, anche in Louisiana, oggi usa in genere pollo e bustine di aromi preconfezionate, ma noi che andiamo alle radici delle tradizioni possiamo dire che, al di là delle carni e delle spezie, ciò che davvero distingue la versione cajun (o dry, asciutta, o brown, scura) da quella creola sono l'assenza del pomodoro ed il metodo di preparazione.

Per la Cajun jambalaya viene abbrustolita la carne nel suo grasso in una pesante pentola di ghisa ed i suoi residui sono quelli che rendono il riso brown. Nel suo fondo, eventualmente con poco olio, si soffrigge la trinità, poi si versano brodo e aromi e, al bollore, si unisce di nuovo la carne, che deve sobbollire a lungo per insaporire il brodo. Il riso si versa nella casseruola alla fine, cuocendolo per assorbimento (come il pilaf francese!), coperto e senza mescolare, fino a che è morbido, asciutto e... saporitissimo. Di pomodoro qui nemmeno l'ombra, tassativamente.

La jambalaya creola invece, detta anche wet, umida, red, rossa, o Spanish, spagnola, ha l'imprescindibile colore rosso del pomodoro, che si ipotizza fosse probabilmente il primo sostituto dello zafferano, insieme alle spezie caraibiche, per gli antichi Spagnoli desiderosi di riprodurre localmente la loro amata paella.

Si prepara quasi come un nostro risotto, rosolando le carni con la trinità, unendo poi il pomodoro e le altre eventuali verdure ed infine i crostacei; quando è tutto insaporito si uniscono insieme brodo e riso e si cuoce rimestando, spesso all'inizio e per niente alla fine, fino a che il riso è cotto; c'è chi alla ripresa del bollore lo finisce di cuocere scoperto in forno... tipo paella spagnola, appunto!

La ricetta che mi mostrò ai tempi del mio viaggio un'amica di New Orleans è detta white jambalaya; è poco apprezzata dai veri intenditori ma molto diffusa tra le madri di famiglia perchè l'assenza di verdure la rende gradita anche ai bambini (!) ed è super-veloce da preparare: si saltano salsiccia e gamberi nell'olio e intanto si lessa il riso con il mix di spezie in bustina (il fatidico jambalaya mix in polvere di cui mi fece dono), poi si unisce il riso al condimento e si fa insaporire brevemente tutto insieme, volendo con un tocco di salsa di pomodoro. Oserei stenderci sopra un pietoso velo.

Ed eccoci finalmente arrivati davvero in cucina: quale versione preparo oggi io?
 Partiamo dal presupposto che al supermercato sotto casa in questi giorni ho trovato solo peperoni rossi, e già parto male per la trinità che predilige quelli verdi. Aggiungiamo che ovviamente non ho sottomano nessun tipo di salsiccia affumicata e che rimedio con un pezzo di speck. Ovvio, niente gamberi di fiume ne' di mare, trovo solo delle mazzancolle tropicali, che sono meglio di niente ma la cui pesca è dannosissime per l'ambiente, quindi: giuro, non lo farò mai più!

Inoltre, come purtroppo capita a tutti in questo periodo, all'ora in cui ho potuto finalmente entrare nel supermercato non ho più trovato ne' pollo ne' alcun taglio di maiale (ne' tanto meno anatra o cinghiale, per non dire dell'alligatore...), quindi ho ripiegato su del semplice prosciutto cotto un po' grasso. Infine non posso procurarmi per ora il riso a chicco lungo (e rifiuto qui il parboiled suggerito dalla mia amica), ne' mi sembrava adatta alla ricetta la peraltro scarsa quantità di profumato basmati che avevo in casa.

Decido quindi per il Carnaroli di Riserva San Massimo, ottimo riso che abbonda nella mia dispensa. E ad un Carnaroli mi sembra si addica di più la cottura creola, relativamente simile alla risottatura italiana, a maggior ragione visto che non ho nemmeno carni per insaporire potentemente un brodo cajun che si rispetti. Questo mi da obbligo morale di inserire il pomodoro... così non solo aderisco alla "creolanità" del piatto, ma in modo fortunoso mi avvicino alla sua possibile, latente italianità, visto che la conserva di pomodoro fu portata in zona dai Siciliani.

Si usano di solito pomodori freschi e/o passata, ma ovviamente oggi non ho neppure quella: ne avevo usato l'ultima bottiglia ieri per la pizza e ho dimenticato di ricomprarla. Di uscire di nuovo non se ne parla quindi, in regime un po' autarchico, uso proditoriamente l'acqua di pomodoro ricavata ieri scolando la passata, che ovviamente non butto mai, rafforzata da un po' di concentrato. Di necessità virtù pure io, insomma...
JAMBALAYA, PER VIRTU' CREOLA, PER NECESSITA' UN POCHINO ITALIANA
ingredienti per 4-6 persone:
330 g di riso Carnaroli
1 piccolo peperone verde (qui purtroppo grande e rosso)
1 cipolla
1 gambo sedano con le foglie
1 spicchio di aglio
150 g di prosciutto cotto grasso (ma meglio pancetta fresca di maiale; in più ci vorrebbero 200 g di lonza e/o 4 cosce di pollo)
100 g di speck (ma ci vorrebbe salsiccia affumicata, tipo quelle trentine o ungheresi)
20 mazzancolle (meglio gamberi) con il guscio, c.a 180 g
950 ml di brodo di pollo o di verdura (nel mio caso acqua e dado di manzo... chiedo pietà!)
180 ml di acqua di pomodoro
 2 cucchiai di concentrato di pomodoro (oppure ne'acqua ne' concentrato ma 200 ml di passata)
1/2 cucchiaio di jambalaya mix (che si può fare in casa miscelando le poveri o un trito fine di: cipolla, aglio, prezzemolo, sedano, peperone verde, alloro, peperoncino, pepe nero e sale, oppure lo si può sostituire con quantità a gusto di peperoncino o di paprika)
1/2 cucchiaio di prezzemolo tritato
1 cucchiaio di erba cipollina tagliuzzata (o 1 cipollino verde)
1 cucchiaino di origano
1 cucchiaino di timo
1 foglia di alloro
3 cucchiai di olio di mais (io extravergine di oliva...)
sale

Rosolare velocemente le mazzancolle, in un tegame ampio o in una casseruola dai bordi alti, con un cucchiaio di olio, timo e origano fino a che i gusci cambiano colore, poi sgusciarle (tranne qualcuna che servirà per decorazione) e metterne da parte la polpa, conservando il fondo di cottura nel tegame.

Se si usano le cosce di pollo ridurne la polpa a pezzetti e conservare le ossa, se si usa la lonza ridurla a dadini di 1,5 cm circa. Ridurre a dadini anche il prosciutto e lo speck (o la pancetta e a rondelle la salsiccia).

Portare ad ebollizione a parte il brodo con l'acqua di pomodoro (se si usa), le eventuali ossa del pollo e una manciata della sua polpa (e/o di lonza), i gusci e le teste delle mazzancolle, le foglie del sedano, l'alloro, il jambalaya mix (se si usano peperoncino o paprika vanno aggiunti dopo, non qui) e, se serve, un pizzico di sale. Lasciar sobbollire una mezz'oretta, filtrare e tenere in caldo: si ottengono circa 900 ml di brodo saporito.

Tritare cipolla, sedano, aglio e peperone (solo mezzo se è quello rosso) e saltarli a fuoco medio nel fondo delle mazzancolle fino a che la cipolla è morbida e trasparente (circa 10 minuti). Se avanza il mezzo peperone rosso tagliarlo a striscioline.

Versare i salumi (speck e prosciutto qui, pancetta fresca e salsiccia in tempi più felici) nel tegame e cuocere fino a quando il loro grasso si è leggermente strutto.

Unire la carne di pollo e/o lonza e far sbiancare; versare quindi nel tegame il riso e tostarlo brevemente, quindi aggiungere (i peperoni a listarelle, la paprika o peperoncino) la passata di pomodoro (o il concentrato) e, dopo un paio di minuti, il brodo filtrato.

Mescolare bene facendo prendere bollore a fuoco basso e cuocere circa 15 minuti, mescolando di tanto in tanto. Io per prudenza ho preferito coprire il riso di brodo, aggiungendone poi a mestolate quando si asciugava, ma ne ho comunque usati 850 ml, quindi la prossima volta sarò più creola: farò consumare leggermente di più il brodo prima di filtrarlo e lo verserò tutto subito sul riso.

Un paio di minuti prima del termine di cottura del riso unire le mazzancolle sgusciate e regolare di sale e spezie, se serve.
 Unire il prezzemolo, mescolare un'ultima volta e spegnere. Dividere la jambalaya nei piatti individuali, decorare con le mazzancolle intere e una spolverata di erba cipollina tagliuzzata (o cipollotto a rondelle finissime) e servire.
  • rivoli affluenti:
  • il riso di Riserva San Massimo è anche in questo periodo sempre reperibile, ovviamente on line.

Commenti

  1. Pensa che proprio l'altra sera in un telefilm ambientato a Chicago, il protagonista di una festa tra amici era proprio questo piatto, che mi aveva incuriosito molto...ora tu presenti una versione fattibile. Quasi quasi...

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    1. Uh bello, che film era? Sono curiosa. Ma... jambalaya a Chicago era tipo pizza a Milano o il cuoco era credibile?

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