Mi piaceva cercare spunto per il mio risotto di magro in una tradizione che assomigliasse alle feste pagane di primavera dei nostri territori che sono state all’origine sia delle celebrazioni romane che poi di quelle cristiane.
Da noi il riso è arrivato molto dopo mentre in Persia, quello che è l’attuale Iran, era già coltivato attorno al 400 a.C., era alla base dell’alimentazione locale ed ancora oggi nelle regioni del Nord è utilizzato molto più del pane.
Il risotto ovviamente in Iran non esiste ed il riso, oltre che ingrediente per minestre, polpette, dolci ed altre cosine, come piatto a sé si cucina prevalentemente in quattro modi, con metodi di differente complessità ma che che contemplano bollitura, assorbimento, pilaf, gratinatura o un misto di tutte queste tecniche.
In ordine di complessità aromatica troviamo:
kateh, il riso base, cotto con acqua e sale e profumato con burro, che si usa la mattina a colazione, caldo con latte e marmellata o freddo con formaggio e aglio, e anche durante i pasti per accompagnare piatti di carne o pesce
damy, simile al primo ma con preparazione leggermente più complessa e profumato con cipolle, erbe, zafferano e/o pomodoro
chelow, che oltre a burro, ghee o olio e eventuali spezie vede spesso tra gli ingredienti base anche lo yogurt e la cui tecnica di preparazione produce il ricercato tahdig, la crosticina dorata e croccante che riveste il riso come un guscio perfetto quando viene sformato
polow, versione ricca del chelow con carne, verdure e/o frutta mescolati al riso o disposti a strati alternati con esso prima dell’ultima cottura.
Alla famiglia dei polow appartiene il reshteh polo, il piatto tipico dei giorni di Nowruz, sia nella versione con carne che senza, che ha come caratteristica tipica, oltre al tahdig fatto di patate, quella di vedere mescolati al riso i reshteh, degli spaghetti di grano tostati. Per quanto a noi Italiani possa sembrare strano, mescolare pasta e riso è abbastanza comune nella cucina levantina, dove risoni o pastina prima dorati creano un bell’effetto cromatico miscelati al riso, e la pasta lunga ha significato simbolico di buon auspicio in molte culture orientali.
In Persia, la cui antichissima cultura gastronomica sta da millenni a cavallo tra questi due mondi, per Nowruz al riso si uniscono gli spaghetti, il cui aspetto tostato decora certamente il piatto ma la cui lunghezza è anche augurio di longevità; inoltre il loro aggrovigliarsi nel piatto rappresenta l’intricarsi delle relazioni sociali, quindi ammorbidirli con la cottura e poi districarli nel mangiarli auspica lo scioglimento delle difficoltà della vita.
Nowruz non è una festa islamica ma risale alle tradizioni dell'antichissima religione zoroastriana, la fede monoteista più antica del mondo, fondata da Zoroastro, da noi più conosciuto come Zaratustra, profeta vissuto nell'età del bronzo (circa 1500 anni prima di Cristo e circa 2000 prima di Maometto) che professava il culto del dio Mazda (Luce) e cercava armonia tra gli uomini e con il mondo.
Tipico di Nowruz, dunque, celebrazione della primavera e della rinascita, è anche il sabzi polo ba mahi, un riso alle erbe fresche (sabzi polo = riso verde) che finalmente riappaiono dopo la neve. Si serve con pesce (mahi) arrostito o fritto e farebbe davvero al caso mio se dovessi cercare ingredienti per il risotto di magro, invece che idee.
Quattro sono le erbe indispensabili: aneto, coriandolo, prezzemolo e tareh, simile alla nostra cipollina ma con un profumo leggermente più aglioso. In questo piatto il pesce è simbolo di vita, il riso di abbondanza e le erbe fresche di rinascita. La mia idea però, che non si attiene strettamente ne’ al canone del Nowruz iraniano ne’ quello quaresimale italiano
Voglio inventarmi un risotto di vaga ispirazione persiana per festeggiare insieme la sensazione di rinnovamento della primavera, con ingredienti semplici e freschi in omaggio alla stagione, quindi erbe sabzi e cipolla novella, e con un carico di amidi economico ma adatto a chi si supponeva in Quaresima stesse da giorni mangiando poco, quindi pasta e patate in aggiunta al riso.
Però niente burro e formaggio, e nemmeno pepe o spezie persiane, visto che in questi giorni da noi dovrebbero essere banditi sia i latticini che ingredienti costosi o voluttuosi. Uso solo un pochino di aglio, giusto per avvicinare il bouquet aromatico a quello originale.
Nel loro fondo struggere la cipolla a fettine (mi piace che si vedano), alzare il fuoco, unire l'aglio tritato finissimo, 2 rametti interi di coriandolo e 2 di prezzemolo e rosolare 30 secondi.
Unire il riso, mescolare bene, farlo "cantare", quindi versare nel tegame la prima mestolata di brodo bollente.
Portare poi a cottura unendo gradualmente il resto del brodo e, dopo 5 o 6 minuti, anche i cappellini tostati (tranne qualcuno per il decoro).
Intanto tritare finemente le foglie di prezzemolo, coriandolo e aneto e tagliuzzare con le forbici gli steli di erba cipollina in piccoli rocchetti.
Quando il riso è ancora un filo al dente levare le erbe cotte, unire quasi tutte quelle fresche tritate e l'olio gelato, regolare di sale se serve e mantecare un paio di minuti.
Unire l'ultima manciata di erbe fresche e servire disponendo il risotto nel piatto a coprire parzialmente il disco di patate. Decorare con gli spaghettini croccanti (qui sotto interi, nelle foto precedenti spezzati a metà).
- rivoli affluenti:
- nota tecnica: va sistemato qualcosa, perchè in pentola il riso era bello cremoso ma una volta impiattato per le foto si è asciugato subito. Forse dovevo usare un pochino più di brodo e aggiungere grassi, perchè la pasta con la tostatura non rilascia molto amido ma di certo, una volta ammorbidita, assorbe anch'essa sia liquidi che grassi.
- altra nota: si possono usare anche reshteh freschi, fatti in casa:impastare 50 g di farina 00 con 25 g di acqua acqua e una presina di sale.Stendere in una sfoglia spessa 1,5 mm, tagliare a striscioline larghe 3 mm.Si possono poi tostare i noodles freschi in forno a 180 °C finché sono bruniti oppure friggerli in olio caldo per pochi secondi
- il piatto è volutamente vegetariano, casualmente vegano.
Della serie "così parlò Zarathustra (o Zoroastro) :-)
RispondiEliminaRimango sempre a bocca aperta e ad occhi sgranati quando leggo i processi mentali che portano al concepimento del tuo piatto. Ma so che sono ben radicati in un bacino di conoscenza profondo e mi stupisco che tutto torni nel risultato finale e amen per la poca cremosità del riso. Ti dico la verità, qui mi sarebbe sembrato persino stonato. Va bene così!!!
Scusa, volevo dire "non mi stupisco" ovviamente!!!
RispondiEliminasei buona!
Elimina!!!!!!!!!!!!!!! Io non trovo le parole.
RispondiEliminacosì compensi le troppe mie... Grazie.
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