Si tratta dei riti dello Tsukimi, la contemplazione della luna piena di metà autunno, che avevo raccontato nei dettagli qui e che rappresenta uno dei tradizionali appuntamenti dei Giapponesi con le stagioni ed il loro sfumare l'una nell'altra, tanto che le nostre quattro stagioni usuali, che hanno periodi leggermente sfalsati rispetto ai nostri per differenze sia microclimatiche che culturali, in Giappone sono annunciate da una quinta stagione (il cinque è un numero molto amato, in quella terra!): si chiama Doyo e coinvolge i 18 giorni che precedono l’inizio di ognuna delle stagioni canoniche.
Inoltre esistono 24 “sottostagioni”, raccolte nelle quattro grandi stagioni che conosciamo anche noi e tradizionalmente legate al calendario lunare ed ai periodi agricoli. Ora ad esempio siamo in autunno, che va in Giappone dal 7 agosto al 6 novembre, per la precisione nella sottostagione di Shūbun, 秋分, la settimana dell'equinozio che ruota attorno al 23 settembre, che segue Hakuro, la stagione "della rugiada bianca", quando la mattina comincia la brina sui campi e la brezza si raffredda) e che precede Kanro, la stagione "della brina di tardo autunno", quando la brina in campagna comincia ad accumularsi anche sui rami e sui vetri.
Molto stretto è, ovviamente, anche il legame del cibo con le stagioni, oltre che con il territorio, proprio perché la natura, le stagioni, il paesaggio sono parte dell'uomo e l'uomo ne è parte, senza soluzione di continuità. Come questo sentimento spirituale si trasforma in arte, nel caso della tavola? Semplicemente rendendo “cibo” i prodotti della natura attraverso il filtro culturale della manipolazione umana.
Gli alimenti di stagione hanno valore rappresentativo anche sulla tavola giapponese, dove i decori delle stoviglie si armonizzano con il periodo anche citando gli ingredienti tipici del momento. Quindi in autunno ad esempio, si trovano ciotole e piattini dipinto con salmoni, sgombri, sugarelli, funghi, castagne, carote, radici di loto, tuberi, fiori e foglie di crisantemo, uva, pere nashi.
Da qui prendo spunto per la ricetta di oggi, che non è tipica di Tsukimi ma rende perfettamente l'idea di quanto questo momento sia un passaggio tra estate ed autunno, perchè coniugo pere nashi e cetrioli in un piccolo okazu, お数, uno di quei numerosi piattini che accompagnano la proteina protagonista e che, insieme a riso e zuppa, compongono il classico pasto giapponese di tutti i giorni.
Si può preparare in anticipo e, come spesso fanno i Giapponesi, tenere in frigo fino ad una settimana, perchè sia disponibile già pronto quando si allestisce un pasto, che di solito prevede almeno due o tre okazu. In questo caso servo su una tavola tutta bianca, come la luna e come la prima brina d'autunno.
- rivoli affluenti:
- piccola curiosità: sulle confezioni di shichimi togarashi vendute in Occidente spesso si trova una denominazione diversa, nanami togarashi. Si tratta della stessa identica miscela, il cui nome significa "sette spezie", solo che 七, il kanji del numero sette, in giapponese si può pronunciare in due modi: shichi e nana!
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