Passa ai contenuti principali

ma i pierogi sono ravioli davvero polacchi o no?

Come ho spesso detto parlando di cucina ucraina, nell'area dei cosiddetti "Paesi dell'Est" si sono sviluppati nei secoli molti piatti similari. Le ragioni non stanno solo nelle analogie climatico/territoriali che producono ingredienti in comune, ma sono soprattutto in quelle culturali: in origine molti di quei territori appartenevano ad un unico "Regno degli Slavi", il Ruś di Kyiv, che tra il XI e il XIV secolo riuniva parti delle odierne Ucraina, Russia, Bielorussia, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. 

A capo di questo territorio indiviso era nel XI secolo la città di Kiev (pronuncia russa, mentre in ucraino si scrive Kyiv, letto "Kìiv"). Oggi il nucleo quell'area, detta Rutenia, è in parte in territorio ucraino ed in parte bielorusso. A questa antica cultura gastronomica appartiene anche la pasta ripiena, di cui parlo oggi perchè la mia amica Rosanna mi ha proprio chiesto la ricetta dei pierogi (al plurale, che si pronuncia: "piroghi", mentre pieróg, letto "pirog", al singolare), i "ravioli" tipici della Polonia di cui le ha parlato sua cugina polacca.

Nel mio recente soggiorno in Polonia ho proprio assaggiato pierogi di vario tipo, approfondendo il tema con chef, negozianti di alimentari e persone comuni non appena mi era possibile. Tutti mi hanno sempre voluto specificare che, se anche una tradizione comune forse esiste, i pierogi sono assolutamente nati in Polonia, e che "ravioli" simili di altri Paesi hanno sfoglie, farciture, condimenti e pure nomi assolutamente diversi.

In effetti, come avevo già raccontato, in Russia, si chiamano pierogi dei panzerotti cotti al forno, a volte di pasta lievitata e sempre ben più grandi dei nostri ravioli. Invece i "ravioli" russi, di cui avevo pubblicato una ricetta con ripieno di pollo e cipolle, si chiamano pelmeni, mentre quelli ucraini (qui nel blog ricette con farcitura di patate e funghi oppure di carne), vareniki.

Ora si trattava di capire a quali pierogi polacchi si riferisse la cugina di Rosanna, poiché in Polonia ne esistono molti tipi diversi. In questo viaggio li ho assaggiati persino dolci (nel mio caso, essendo estate, con mirtilli e cannella, i pierogi z jagodami, di cui non ho foto mia* ma dei pierogi alla frutta parlerò appena torna la stagione),
ma sono prevalentemente salati, in infinite versioni di cui ho provato: quelli ripieni di cavolo e funghi (pierogi z kapustą i grzybami), accompagnati da cipolle caramellate,
quelli farciti con spinaci e formaggio (pierogi szpinakowo), serviti con cipolle al burro e un dip di panna acida,
quelli ripieni di carne (ma alla Vigilia di Natale si farciscono coi funghi), galleggianti nella zuppa di barbabietole (barszcz z uską), 
e pure quelli in versione elegante, farciti con oscypek, sorta di pecorino affumicato, e completati con paté di funghi, una specialità dello chef del ristorante Qrudo a Cracovia. 
Ma soprattutto, non avendo incontrato nel mio breve viaggio un vero pierogarnia (ristorantino specializzato in soli pierogi) ho preso d'assalto la bancarella in un mercatino locale che serviva, tra pierogi e relativi condimenti, una tale varietà di sapori che nemmeno ricordo tutte le possibili combinazioni!
Ma torniamo a Rosanna: penso sua cugina si riferisse ai Ruskie pierogi, forse i più popolari tra i ravioli polacchi. Il loro nome però non ci deve fuorviare, come mi ammoniva la massaia che mi ha raccontato la sua ricetta: ruskie (si legge "ruschi") non significa "russo" perchè questi pierogi hanno origine nel Czerwona Ruś, regione polacca del Voivodato dei Precarpazi.

Nonostante ora siano diffusi in tutta la Polonia, sono quindi una specialità di origine regionale e, come testimonia la presenza di patate nel ripieno, non possono certo essere nati nel XI secolo... dunque, sosteneva la signora mia maestra con estremo orgoglio, sono totalmente di origine polacca!

ruskie pierogi sono di facile preparazione e, anche in Polonia come in Italia, ogni famiglia ne ha la propria ricetta: la sfoglia è più morbida della nostra ed è a base di farina, acqua calda e sale, ma spesso si aggiunge un grasso tipo burro, olio di girasole o latte (anche se alcuni usano anche un uovo, ma mai panna acida, che è tipica dei vareniki ucraini) per aiutarne la lavorazione ed migliorarne il sapore.

Per la farcitura, invece, non sto nemmeno ad elencare le possibili varianti per tecniche di cottura e proporzioni tra i tre ingredienti, che sono patate, cipolle e formaggio twaróg. Tutti comunque concordano che il formaggio deve essere metà del peso delle patate da crude, che la cipolla vada ben rosolata e che la farcitura vada salata e pepata con decisione, per poi riposare in frigo qualche ora (fino a 24) in modo che i sapori si fondano al meglio. 

Il twaróg è un formaggio vaccino fresco leggerissimamente acido che da noi non esiste. Il prodotto che più gli somiglia è il "caprino" lombardo, un rotolino fresco, morbido abbastanza compatto, totalmente vaccino nonostante il nome, e appena acidulo, che a casa mia si chiama formaggina o furmagitt. Ovvero: quello in foto.
Il "caprino vaccino" di produzione industriale si trova ora facilmente anche fuori Lombardia ma... volendo possiamo farci il twarog facilmente in casa! Basta seguire queste istruzioni, usando 500 ml di latte intero, 200 ml di panna, 2 cucchiai scarsi di aceto bianco e abbondante sale. Extrema ratio (ma non diciamolo ai Polacchi): tralasciamo il formaggio e mescoliamo al ripieno una noce abbondante di burro.

Per la cronaca: le dosi che riporto qui sotto sono poco più della metà di quelle che la signora polacca mi ha dato per 4 persone... diciamo che mediamente i suoi compatrioti hanno un appetito robusto! Non so se con la ricetta insegnatami dalla gentile massaia becco proprio la versione che la cugina di Rosanna ricorda, ad ogni modo spero che ci andremo vicino: incrociamo le dita e mettiamoci al lavoro! 
RUSKIE PIROGI - RAVIOLI POLACCHI DI PATATE CIPOLLE E FORMAGGIO
ingredienti per 4 persone (circa 24/26 pierogi)
per la sfoglia:
170 g di farina 00
90 ml circa di acqua 
15 g di burro a temperatura ambiente
1/2 cucchiaino di sale 
per il ripieno (e eventuale parziale condimento):
3 patate vecchie, in tutto circa 350 g 
1 cipolla da circa 120 g (ma io abbonderei...)
180 g di formaggio (twaróg, caprino vaccino o formaggina fatta in casa)
2 cucchiai di burro 
1 cucchiaino di sale
abbondante pepe nero al mulinello 
per servire:
nulla, o
burro fuso, leggermente salato, e/o
parte delle cipolle rosolate per il ripieno, e/o
skwarki (briciole di lardo o pancetta saltati fino a che sono croccanti), con il loro fondo, e/o
prezzemolo tritato, e/o
erba cipollina tagliuzzata 
Per il ripieno tritare la cipolla e soffriggerla a fuoco medio nel burro o olio fino a che diventa trasparente. C'è chi le ama quasi brunite e un pochino croccanti, alla signora (e a me) piacciono morbidissime e appena appena dorate, come nella foto qui sopra.

Lessare le patate con la buccia in acqua salata (io sbucciate, a pezzi a vapore nel microonde per 10 minuti a 900 w). Scolarle, spellarle, schiacciarle ancora caldissime (la signora usava le dita, io che non ho mani di amianto ho impiegato lo schiacciapatate) ed unire, ancora calde anch'esse, la metà delle cipolle (per il mio gusto anche tutte!) con parte del loro fondo, poi lasciare intiepidire.  

Solo quando patate e cipolle sono del tutto fredde unire il formaggio, mescolare bene e regolare (abbondando) di sale e pepe (vedi la foto del ripieno sopra). Tenere in frigo coperto almeno un'oretta. Trucchetto: poco prima dell'utilizzo, dividere la farcitura in circa 24 palline grandi come tuorli sodi (attorno ai 20 g l'una), che daranno dei ravioli più regolari che se distribuita a mezze cucchiaiate.

Per la sfoglia setacciare la farina a temperatura ambiente in un ciotola e mescolarla con il sale. 

Scaldare l'acqua con il burro a circa 80-85 °C (più calda renderebbe la sfoglia "ciccosa", più fredda la rende più dura e difficile da lavorare; io li ho messi in una tazza al microonde e ho scaldato a 900 w per 40 secondi). Versarli nella farina, mescolando con un cucchiaio di legno.

Appena l'impasto non è più ustionante lavorarlo con le mani, impastando sul piano per almeno 10 minuti, fino che è liscio, soffice ed elastico ma non appiccicoso (nel caso aggiungere farina, se invece fosse troppo duro ancora un goccio di acqua tiepida). Avvolgere senza stringere con plastica per alimenti e far riposare 30-60 minuti prima di stenderlo (la foto sopra dell'impasto è dopo il riposo). 

Stendere l'impasto con il matterello in una sfoglia spessa 2 mm: non serve infarinare la spianatoia, la pasta è morbida ed elastica ma non appiccica. 

Ritagliare in dischi usando un bicchiere, come imparato dalla massaia, o un coppapasta da 7 cm. Trucchetto: ruotare leggermente il bicchiere prima di alzarlo, in modo che i bordi del dischetto di pasta si inspessiscano leggermente: con questo tipo di impasto la cosa verrà utile al momento della chiusura. 
Re-impastare e ristendere senza problemi i ritagli, che si lavorano benissimo, in modo da ottenere in tutto circa 24 dischi, e disporre su ognuno una pallina di ripieno. 
Chiudere i pierogi a mezzaluna, premendo bene con le dita sui bordi per sigillarli, eventualmente spingendo leggermente all'interno il ripieno con la punta di un dito.

Rifinire i bordi usando i rebbi di una forchetta, come ho fatto io per seguire le indicazioni della signora, anche se la sfoglia è morbida, si chiude bene e non serve premere ulteriormente i bordi, il motivo è solo decorativo. Disporre i pierogi su un telo infarinato a mano a mano che vengono pronti.
Lessarli in acqua salata "delicatamente bollente" (un bollore violento non serve, e meglio pochi pezzi per volta se se ne preparano molti); scolarli, sempre delicatamente, con una schiumarola un minuto dopo che sono venuti a galla. 

Come si vede dalle foto dei miei assaggi in loco, in genere tutti i vari tipi di pierogi si mettono direttamente nei piatti appena scolati e si servono senza condimento, specie se si usano come contorno di un piatto di carne o pesce, o al massimo si decorano con burro fuso e poco altro o si affiancano ad un dip se sono serviti come snack.

Se li vogliamo invece proporre come primo piatto all'italiana, dove siamo meno abituati alla "pasta nuda"**, possiamo distribuirli asciutti nei piatti individuali e poi irrorarli con uno o tutti i condimenti detti sopra, in dosi decisamente più abbondanti di come si userebbe in Polonia. 

Qui invece ho ri-saltato brevemente le cipolle che avevo tenuto da parte con una nuova noce abbondante di burro, poi ne ho levate mezza cucchiaiata per il decoro ed ho scolato i pierogi nella loro padella, giusto perchè non si incollassero mentre procedevo con la cottura di quelli successivi. Ho infine distribuito i pierogi, che si sono leggermente lucidati, nei piatti singoli e ci ho versato sopra le ultime cipolle.
C'è chi accompagna in generale i pierogi anche con panna acida ma con i ruskie di solito non si usa: sono già morbidi e pieni di gusto così. Non ho infine completato con un tocco di verde prezzemolo perchè ho scoperto dalla mia maestra massaia che in casa non si usa: mettono le erbe solo nei ristoranti per estetica ma non sempre sono di stagione e, soprattutto, al sapore dei pierogi non servono! 

Il polacco è una lingua difficilissima, anche nella grafia. Per esempio "buon appetito" si scrive ciesz się posiłkiem, ma si dice "ciè sciè posciùchiem"!

  • rivoli affluenti:
  • la vera e propria ARTE DEL RICICLO CASALINGO in Polonia:
  • 1) se avanzano pierogi il giorno dopo servirli rosolati in burro o olio caldo da una sola parte, in modo che un lato sia croccante e l'altro morbido
  • 2) se avanza ripieno se ne fa un ottimo purè, allungandolo con poco latte caldo
  • 3) se avanza sfoglia si può ritagliare a maltagliati da servire banalmente in brodo oppure in una zuppa da preparare con... l'acqua di cottura dei pierogi!
  • 4) per la zuppa di acqua: rosolare patate, carote, funghi, cipolla, sedano e aglio ridotti a dadini; sfumare con vino bianco, coprire con l'acqua dei pierogi e cuocere 1/2 ora; frullare, cuocervi i maltagliati e servire con cucchiaiate di panna acida, pepe e prezzemolo tritato 
  • * la foto dei pierogi ai mirtilli è presa qui
  • ** in verità si usa in Piemonte: avevo in merito pubblicato una ricetta di "plin al tovagliolo" con sfoglia al vino bianco e ripieno di pollo e zucchine, serviti nudi, appena scolati e fumanti (sopra un tovagliolo, appunto), a pag. 84 del numero di giugno 2017 della rivista cartacea A Tavola, che ora purtroppo si pubblica solo on line.

Commenti

  1. Dal momento che tutto il mondo è paese...mentre leggevo il ripieno mi sono venuti alla mente i culurgiones sardi: togli la cipolla, aggiungi la menta ed eccoli lì!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. potrei svelarti alternative impensabili... conosci i momo tibetani o i mandou coreani?

      Elimina

Posta un commento

post più popolari

MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

MTC giugno 2011... verso Oriente!

Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m

riso Otello: un nero integral(ista)

Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

precisazione:

Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!