Passa ai contenuti principali

di chi parla il film Il Gusto delle Cose? E le 'quenelles' sono francesi?

Lo so, è inutile parlarne ora che tutti i cinefili appassionati di cinema e di cucina lo hanno già visto, ma come al solito non sono una buona reporter ed arrivo a parlare dopo gli accadimenti invece di anticiparli: a maggio, a 4 giorni dalla sua uscita ufficiale, ho presentato in un colto cineforum il film Il Gusto delle Cose.
Pur sapendo di avere un limite di pochi minuti, come al solito mi ero preparata ore e ore di argomenti, decidendo poi cosa dire davvero solo al momento di accendere il microfono, in base all'umore della sala. Ho finito semplicemente per consigliare di "ascoltare" il film nei suoi suoni mesmerizzanti e di farsi coinvolgere dal sapiente tepore delle sue luci, e poi ho scelto di raccontare un aneddoto storico che curiosamente nessuno pare aver ancora notato.

Il film, ambientato nella Francia del 1884*, illustra il rapporto tra un gastronomo benestante e la sua cuoca, ed è ispirato ad un romanzo del 1924 di Marcel Rouff, scrittore e gourmet svizzero, di cui può essere considerato una sorta di prequel, dato che il libro inizia con un importante episodio che nel film accade solo verso la fine.

Il romanzo, a sua volta, è ispirato alle figure di Anthelme Brillat Savarin (1755-1826), padre della consapevolezza della gastronomia francese, e al forse da noi meno conosciuto "principe della gastronomia francese" Maurice Edmond Sailland (1872 -1956), in arte Curnonsky o Cur, che si inventò il "turismo motoristico" enogastronomico e scrisse guide a hotel e ristoranti di qualità (modalità letteraria a cui si ispirarono i fratelli Michelin per introdurre nella propria guida per viaggiatori anche giudizi sui ristoranti, nel loro caso a punteggio).

Il regista del film, Trần Anh Hùng, è vietnamita; tutti gli attori sono francesi, così come il meraviglioso storico Patrick Rambourg, consulente di storia della gastronomia, come il pluristellato chef Pierre Gagnaire, manager gastronomico del film (che appare in un piccolo cameo come cuoco del Principe di Eurasia**), e come lo chef Michel Nave, che ha materialmente realizzato i piatti quasi "in diretta" in una cucina da campo a fianco del set.

Tutto ciò per dire che, nonostante una ricerca storica sui fondatori della cucina "moderna" sia evidente, nel libro si riconoscano Savarin e Curnonsky e nel film si citino esplicitamente il mitico Carême (1784-1833) e l'allora contemporaneo Escoffier (1846 - 1935), il protagonista di entrambi i lavori, il gastronomo Dodin Bouffant, resta una figura d'invenzione, puramente letteraria e totalmente rinchiusa nella dimensione francese.

Peccato che, forse peccando un po' di autoreferenzialità autori e consulenti franco-vietnamiti e di scarsa conoscenza della materia gastronomica distributori e critici cinematografici anche italiani, nessuno finora si sia reso conto che in realtà è esistito veramente un gastronomo che, come Dodin, ha vissuto ed operato in cucina con modalità praticamente identiche a quelle narrate, per di più esattamente negli anni in cui è ambientato il racconto.

Ovviamente parlo di... Pellegrino Artusi! Nato in Emilia nel 1820 e vissuto a Firenze fino al 1911, verso i 50 anni raggiunge il benessere economico grazia a una redditizia attività di commercio che lo ha portato in precedenza a viaggiare in tutta quell'Italia ora da pochissimo unificata.

Così attorno al 1870 Artusi si ritira a vita privata e dedica quasi tutto il proprio tempo a rivedere ed ampliare la sua raccolta di ricette per uso personale, assumendo anche a tal scopo per la cucina due cuochi fidati, Francesco Rufilli e Marietta Sabatini.

Sono davvero minimi i dettagli che lo differenziano dal personaggio Dodin, e praticamente ininfluenti nel gustarsi la visione del film, soprattutto sapendo che si assiste ad una vicenda d'epoca quasi perfettamente corrispondente ad una vissuta esattamente così nella realtà storica!

A differenza del signorile Dodin, Artusi è forse anche in cerca di un vago riscatto sociale dal suo passato di uomo di commercio, meno istruito rispetto alla "Firenze bene" del tempo. Quindi Artusi, dismessa la professione, si dedica allo studio di storia e scienze, si crea una vasta biblioteca, frequenta circoli culturali e musei, scrive saggi su Foscolo e Giusti. E poi*** decide di conferire vesti rigorose e letterarie a quella che fino ad allora era semplicemente una sua passione per la buona tavola.

Artusi aveva dunque, altra leggera differenza, anche lo scopo finale di dare una definizione pubblicabile alla raccolta personale di piatti che lo avevano incuriosito. Come di fatto era stato, a ben vedere, anche per tutti i gastronomi e gli chef citati più o meno direttamente nel libro e nel film. Ciò non toglie che annotarne le ricette, testarle nel confronto con i cuochi, gustarle alla propria tavola e proporle con orgoglio e piacere agli ospiti è per Artusi comunque, come per Dodin, una questione di puro godimento.

Un'ultima differenza dal personaggio del film è il rapporto del gourmet con i cuochi: se (per dichiarata scelta del regista) quello tra Dodin ed Eugénie si rivela anche di natura romantica, Artusi come lui condivideva con Francesco e Marietta stima, fiducia e piacere della collaborazione, ma provava per i due domestici un affetto di natura paterna, tanto che alla sua morte lascerà proprio a loro in eredità tutti i diritti sul suo libro, dalla prima edizione del 1891 all'ultima del 1910.

Detto ciò (nella presentazione dal vivo al cinema sono stata in verità molto più concisa!) ho avvisato gli spettatori che durante la proiezione sarebbe loro venuta fame, perchè a me è successo ogni volta che ho visto Il gusto delle cose. E lo stesso mi succede ora qui, ripensando a tutte le pietanze che ho visto scorrere sullo schermo... per non parlare dei vini!

Da una cena frugale di coppia a base di omelette (rigorosamente da mangiare con il cucchiaio, che a quanto pare ne migliora il sapore), pane, formaggi e salame, ad un pantagruelico menù (per fortuna solo elencato a voce) per il banchetto offerto dal Principe di Eurasia nelfilm si assapore visivamente di tutto...

Ovviamente quando viene fame a me viene anche voglia di cucinare. Ma quale ricetta proporre qui, a citazione di quanto apparso nel film? Qualcosa con il cavolo rapa, primo alimento inquadrato, o quelle deliziose spugnole alla panna e caffè che chiudono le varie degustazioni della pellicola? Ma in verità... chi dice che devo davvero ricostruire una delle ricette del film?!

Dati tutti i miei sproloqui storici, prendo invece in considerazione un piatto dal libro di Artusi che abbia assonanza con quelli del film: per tecnica, ad esempio, come il n. 52. Zuppa di gamberi col sugo di carne, o per forma, come il n. 161. Ripieno di carne per pasticcini di pasta sfoglia
E perchè invece non fare ancora meglio, proponendo un piatto di cui lo stesso Artusi ammette (un po' piccato) l'origine d'Oltralpe e che definisce, caso più unico che raro tra le sue 790 ricette, addirittura con un nome lasciato in francese?!;

317 - Quenelles.
   Le 'quenelles' costituiscono un piatto di origine e di natura francese, come apparisce dal nome, che non ha corrispondente nella lingua italiana, e fu inventato forse da un cuoco il cui padrone non aveva denti. 
Vitella di latte, grammi 120.
    Grasso di rognone di vitella da latte, grammi 80.
    Farina, grammi 50.
    Burro, grammi 30.
    Uova, uno e un rosso.
    Latte, decilitri 2.
   Nettate bene la carne dalle pelletiche e il grasso dalle pellicine che lo investono e, dopo averli pesati, tritateli più che potete con il coltello e con la lunetta, indi pestateli nel mortaio finché non sian ridotti a una pasta finissima.
   Fate una 'balsamella' con la farina, il burro e il latte soprannotati e quando sarà diaccia uniteci la roba pestata, le uova, il condimento di solo sale e mescolate ben bene ogni cosa insieme. Distendete sulla spianatoia un velo di farina, versateci sopra il composto e, leggermente infarinato tiratelo a bastoncino in modo da ottenere 18 o 20 rocchi, simili a salsicce, lunghi un dito.
   Mettete dell'acqua al fuoco in un vaso largo e quando bolle gettateci le 'quenelles'; fate bollire 8 o 10 minuti e le vedrete rigonfiare. Allora con la mestola forata levatele asciutte e servitele sguazzanti nella salsa di pomodoro n. 125, a cui aggiungerete alcuni funghi freschi o secchi (che avrete cotti avanti nella salsa medesima) e alcune olive in salamoia, alle quali leverete il nocciolo. Alla salsa di pomodoro potete sostituire il sugo di carne, oppure guarnire con le 'quenelles' un intingolo di rigaglie e animelle. Si possono fare anche con la carne bianca dei polli o con la polpa del pesce e questa quantità può bastare per cinque persone.
   Se vi servite della salsa di pomodoro, che è la più opportuna per questo piatto di gusto molto delicato, legatela con un intriso composto di grammi 30 di burro e un cucchiaio di farina, versandola nel medesimo quando avrà preso sul fuoco il color nocciuola.

Nella mia versione, un pochino riadattata ai tempi, per condire scelgo sugo d'arrosto: perchè l'ho in casa, perchè lo ritengo più raffinato delle altre proposte vista la delicatezza delle quenelles e anche perchè mi sembra più nelle corde di Dodin.

L'alternativa della desueta salsa di rigaglie ed animelle citata da Artusi a mio avviso coprirebbe troppo. Invece la salsa di pomodoro n. 125, se questo giugno si decidesse a mettere giudizio, potrebbe essere anch'essa adatta ali gusto attuale e anche in stagione.

La si prepara cuocendo pomodori a pezzi con cipolla, aglio, sedano, basilico e prezzemolo tritati, condendo il sugo con olio, sale e pepe e passandolo poi  al setaccio. Nel caso andrebbe anche insaporito e legato secondo le indicazioni del nostro gastronomo: un Pellegrino Artusi realmente esistito ed inconsapevolmente citato dal film!
QUENELLES FRANCESI DI VITELLO SECONDO ARTUSI, CON SUGO D'ARROSTO, PER DODIN
ingredienti per 4-6 persone come primo piatto
per le quenelles:
200 ml di latte
120 g di polpa di vitello
50 g di farina, più 2 o 3 cucchiai per il piano di lavoro
40 g di burro chiarificato, a temperatura ambiente
30 g burro francese leggermente salato
1 uovo grande
sale
pepe bianco al mulinello

per condire:
200 ml circa di sugo d'arrosto
10 g di farina
10 g di burro, a temperatura ambiente

Tritare molto finemente la carne, al coltello o con il tritacarne, quindi frullarla con il burro chiarificato fino a ridurla in una pasta omogenea.

Sciogliere il burro salato, tostarvi la farina, versarvi il latte e preparare una balsamella (qui il francese è tradotto!) bella densa, lasciandola poi intiepidire.

Alla besciamella unire l'uovo e l'impasto di carne, regolare di sale e, licenza mia, pepare leggermente. 
Allargare la farina per la lavorazione su un vassoio o piano di lavoro, disporvi sopra mezza cucchiaiata di impasto e, con le mani infarinate, formare un salsicciotto lungo circa 4 cm, tenendolo poi su un vassoio infarinato.
Ripetere fino a formare circa 20 quenelles.  
Mentre l'acqua per la cottura arriva a bollore maneggiare la farina ed il burro del condimento e sciogliere poi l'impasto nel sugo d'arrosto a fuoco bassissimo, fino a che è leggermente addensato e bello lucido.

Lessare le quenelles in tre o quattro riprese in acqua salata appena fremente per 3 o 4 minuti, fino a quando vengono a galla, quindi scolarle delicatamente in un solo strato in un piatto caldo leggermente unto, in modo che non si incollino tra loro.

Distribuire quasi tutta la salsa d'arrosto nei piatti individuali, disporvi sopra le quenelles, nappare con un'ultima cucchiaiata di salsa e servire. 
  • rivoli affluenti 1: 
  • alcuni dei piatti apparsi nel film 
  • il ricco pranzo con gli amici in apertura del film: consommé/fumetto di pesce; vol-au-vent con gamberi di fiume creste di gallo funghi e verdure in bechamel, con rucola al burro fuso; rombo al latte con patate: sella di vitello con lattughe brasate; omelette norvegese (pan di spagna farcito di gelato e ricoperto di meringa flambé).
  • la cena di Dodin per Eugénie: consommé verde con verdurine (molto contemporaneo!); ostriche al caviale; pollo lessato al tartufo; pera al vino con crema e sfoglia croccante; ultima bottiglia di vino (come non citarla?!) recuperata da una antica nave affondata.
  • pranzo tra amici nel casino di caccia: gli ortolani soffocati****
  • pranzo da offrire al principe: tre antipasti che non ricordo (solo letti) e pot au feu (diciamo "bollito misto", giusto per semplificare) preparato in più versioni durante la seconda parte del film
  • spugnole con panna e caffè, che insieme ad animelle facevano da contorno ad un piatto di pesce (che non ricordo... a quel punto ero sopraffatta!)

  • rivoli affluenti 2:
  • gli asterischi, ovvero alcune curiosità a cui ho risposto dopo la proiezione del film
  • * c'è un pochino di confusione sulle date: in un dialogo del film si dice che il quel momento Escoffier ha 38 anni. Essendo costui nato nel 1846, la vicenda sullo schermo dovrebbe dunque aver luogo nel 1884. Eppure in una intervista il regista lo colloca nel 1889 mentre nei comunicati stampa di lancio del film lo si dice ambientato nel 1885. Curioso, anche se poco importante, essendo un'opera di fantasia.
  • ** esisteva davvero un Principe Ereditario di Eurasia? Nell'800 non esisteva un tale Stato se non nelle fantasie politiche di chi anelava all’unione di Oriente e Occidente come "eredità naturale" del Rus' di Kiyv, che nel X-XII secolo era uno dei più grandi Stati europei con un territorio che copriva quasi la metà dell’attuale Europa. Poiché la Russia riuscì poi storicamente a salvarsi dall’invasione sia dell’Europa che dell’Asia, nel secondo Ottocento esisteva in Russia un movimento idealista politico-intellettuale vagheggiava un nuovo regno di Eurasia e che portò la Russia a impegnarsi in un’ambiziosa e alla fine fallimentare politica verso l’Estremo Oriente, a cui aderivano diversi principi e nobili dell'epoca. Chissà che il personaggio del film non fosse uno di questi.
  • *** cosa fa passare la scrittura di Artusi dalla letteratura alla cucina? Sembra che la cosa nasca durante il suo lavoro di commento delle lettere di Giuseppe Giusti del 1880: quanto riporta lo stralcio di una lunghissima epistola in cui si cita "[...] una gran tavola apparecchiata; e sopra fiaschi, terzini, bocce, forme di cacio, piatti di brigidini[...]", Artusi nelle note non solo spiega cosa siano i brigidini (cialde dolci ai semi d'anice) ma ne suggerisce la ricetta: "Per chi voglia provare a farli, vanno intrisi di farina, uova, zucchero e anaci. Si formano pezzi grossi non più di una noce e si cuociono alla fiamma, tra o quattro per volta, stiacciati nella forma di cialde". Segno che già in quel periodo si annotava le ricette e sarà proprio la versione estesa di questo dolcetto a chiudere, una decina di anni dopo, la prima edizione del suo libro di cucina!
  • **** cosa sono gli ortolani? Si tratta di una varietà di uccellini della famiglia dei passeri, di cui in Europa è da tempo vietata la caccia ma che erano molto appezzati dai gourmet dell'800 per la particolarità della loro preparazione: venivano catturati vivi, nutriti a forza perchè ingrassassero, quindi uccisi annegandoli nell'Armagnac, spennati e cotti interi, senza eviscerarli, in abbondante burro. Per consumarli ci si nascondeva sotto un tovagliolo sia perchè ne concentrava i profumi sia perchè gli ortolani si mangiavano con le mani, ossa comprese, ed era ritenuto sconveniente mostrarsi nell'atto di un pasto così "ferino". Per le riprese del film naturalmente non sono stati cucinati esemplari della specie protetta ma si trattava di piccole quaglie.

  • rivoli affluenti 3:
  • breve bibliografia di riferimento, volutamente qui senza testi di critica cinematografica
  • Pellegrino Artusi, La scienza in cucina. L’arte di mangiar bene, 1° ed. 1891/14° ed.1910, qui Giunti Marzocco, 1960-1991, ISBN 88-09-00385-3
  • Anthelme Brillat-Savarin, La Fisiologia del Gusto. O meditazioni di gastronomia trascendente, 1825 (riedizioni fino al 1834 con prefazione Balzac), qui traduzione italiana di Dino Provenzal, Bur Rizzoli, 1985, ISBN 88-17-16511-5
  • Alberto Capatti, Pellegrino Artusi. Il fantasma della cucina italiana, Mondadori, 2019, ISBN 978-88-918-2457-8
  • Marcel Rouff, La vie et la passion de Dodin-Bouffant, gourmet,1924, qui Les Editions du Rochers/Le Serpent à plumes, 1995, ISBN 978-2908957785
  • Commenti

    1. Bravissima e come sempre rimango incantata dai tuoi approfondimenti storici e non
      A me è venuta fame a leggere questo bellissimo approfondimento, ma poichè non sono una cinofila (a meno che la memoria non mi inganni) non conosco il film devo quindi colmare questa pecca
      Grazie a presto
      Ciao Manu

      RispondiElimina
      Risposte
      1. grazie Manu, è uscito in Italia da un mesetto ma secondo me lo trovi ancora.

        Elimina
    2. A bocca aperta e non solo per le pietanze ! Sei davvero il top top top ! Un abbraccio forte forte

      RispondiElimina
      Risposte
      1. grazie, è un film che letto in questa chiave racconta molto di più delle sole vicende che appaiono sullo schermo. Il lavoro di ricostruzione storica dei consulenti è stato meraviglioso.

        Elimina
    3. Ciao, ti ricordi di me? nel lontano 2011 avevamo fatto un lavoro congiunto su Marco Polo ed i piatti della sua epoca (vedo che conservi la traccia) ed eri stata anche così gentile da invitarci a casa tua. Dato che è il settecentenario della morte di Marco Polo ho pensato di riprendere quel lavoro e di raccoglierlo in un libretto, dato che da un po' autopubblico (false) guide di viaggio, che pi vendo in rete o durante qualche incontro. Però mi sembra davvero interessante il lavoro congiunto che avevamo fatto. Per caso non conosci qualche editore di settore che potrebbe essere interessato a pubblicare questo lavoro congiunto viaggio d'epoca + ricette congiunte? Non so se la cosa ti può interessare naturalmente. Nel caso fammi sapere e ciao
      Enrico

      RispondiElimina
      Risposte
      1. Certo che mi ricordo! Bella idea! Chiamami, il mio numero è sempre lo stesso

        Elimina
    4. Ho letteralmente sognato leggendo il tuo post. Devo vedere quel film. Ma tu mi hai davvero incantata con il tuo racconto. Sei una garanzia di bravura e conoscenza.

      RispondiElimina
    5. Grazie, ho visto il film ed, infatti, ero molto dispiaciuta di non aver sempre compreso cosa stessero cucinando o di non aver potuto annotare qualche pietanza.
      Mi hai permesso di rivivere più intensamente l'atmosfera di questo film che, nella fotografia, ricorda la pittura fiamminga
      Anche ae, il film aveva fatto venire voglia di tornare a casa per mettermi a cucinare e trovo la ricetta da te scelta, in linea con lo spirito del film.
      Come al solito sei magica!


      RispondiElimina
      Risposte
      1. Anche per me la voglia di cucinare si è rafforzata e insieme ingentilita. Quanti strani effetti può fare un film...

        Elimina

    Posta un commento

    post più popolari

    MTC di settembre 2014: un sacco di riso!

    Diceva un vecchio slogan anarchico: "con l'ironia abbatteremo il potere e un sacco di riso lo seppellirà".  A no? Erano risate?! Va be'... per un MTC di questa portata ci si può anche concedere una licenza! Premessa... ... avevo scritto un post lunghissimo per raccontare perché e per come ho scelto questo tema per l'MTChallenge di settembre 2014. Poi l'ho ridotto della metà, lasciando solo alcune note che mi sembravano indispensabili, e l'ho mandato alla Gennaro per un parere.  E lei ha detto che un terzo di quanto le ho mostrato era già troppo! Allora ho ricomposto alcuni dei contenuti in articoli di supporto da pubblicare più avanti ed ho cassato il resto. Qui è rimasto il riassunto della selezione della selezione, ovvero il puro tema dell'MTC. Che, mi spiace, adesso vi tocca leggere per intero! Se scegliere un ingrediente invece che una ricetta tende ad allargare gli orizzonti, questa volta scegliere IL RISO , come capirete, li spalanca fran

    a tu per tu con il Fleischkäse svizzero, questo sconosciuto di famiglia

    Nel curioso elenco dei cibi svizzeri che hanno caratterizzato la mia infanzia mi rendo conto che, fatto strano, sul blog non ho ancora parlato del  Fleischkäse, una via di mezzo tra un polpettone ed un würstel gigante di cui da bambini venivamo spesso nutriti. Ma un episodio di vita vera me lo ha messo sotto il naso proprio l'altro giorno, ed eccomi qui con il mio reportage storico-familiare. Alcuni Svizzeri, come quelli di casa mia, vivono il   Fleischkäse come un salume, da comprare pronto, intero o affettato sottile in buste, da servire in tavola come fosse prosciutto cotto o da infilare nei panini per merenda con maionese, senape e cipolline sottaceto (Be'... che c'è?! Se mia mamma per evitare che noi figli mangiassimo troppa Nutella la teneva in frigo ad indurire, così era più difficile da spalmare e sul pane se ne metteva di meno, perché stupirsi di quella che lei invece considerava una merenda "sana"?!) Altri amanti del  Fleischkäse  lo compran

    MTC giugno 2011... verso Oriente!

    Continuo a pensare che le giudici  titolari  e aggiunte  dell'MTC fossero completamente fuori quando hanno passato a me il testimone e nessuno potrà convincermi del contrario, anche perchè potevano ben immaginare in che gorgo storico-etnico-confusionale avrei trascinato la sfida... ma si sono fidate lo stesso! No, è oggettivo: non possono essere completamente normali... Accertato questo, dichiaro anche di non essermi mai emozionata tanto nello scrivere un post e soprattutto nel proporre una ricetta, sentendo tanti occhi puntati addosso ed il fiato trattenuto di tanti MTC addicted... Ebbene sì, rilassatevi (o disperatevi) pure: come temevate, questa volta si va davvero tutti in Giappone! Niente succede per caso, si sa. Tanto è vero che l'eterno girovagare di Marco Polo (a cui faccio da qualche tempo da vivandiera ) l'ha portato proprio a questo punto del suo viaggio a confrontarsi con  Cipango , il Paese del Sol Levante... Come potevo non cogliere il suggerimento di un s

    una salsa di cipolle svizzera per würstel e per mamme lavoratrici

    Lo so: sono rimasta indietro di una puntata! Parlavo di  ricette svizzere  quando un'irrefrenabile tentazione di cibo americano  si è intrufolata in cucina ed ha avuto  la meglio. Riprendo ora il filo con un piatto che ho proposto pochi giorni fa anche alla mia cara mammina svizzera in occasione del suo compleanno: Bratwurst con salsa di cipolle. L'aspetto curioso non sta tanto nel tipo di würstel utilizzato, una salsiccia bianca di vitello il cui nome per alcuni significa "salsiccia di carne spezzettata" e per altri "salsiccia da arrostire". In Germania di solito viene speziata in modo deciso con pepe, noce moscata e/o cumino, mentre in Svizzera il suo sapore è molto più delicato. In Ticino ne esiste una versione mignon, una "collana" di micro-salsiccine detta cipollata  non perchè contenga cipolle ma perchè, appunto, di solito si serve in salsa di cipolle. Ma, a casa della mia mamma lavoratrice senza tempo ne' passione per la cucina,

    peperoni farciti alla croata: massaia batte bustina millemila a zero!

    Riprendere a parlare di cucina non è facilissimo, soprattutto con il tono scanzonato che avevo in mente per questo post. Mi limiterò all'aspetto "documentaristico" ed umano, che l'umore magari sa beneficiare della concentrazione e della dolcezza richieste da una simile impostazione. Dopo una lunga serie di articoli e ricette a base di riso penso di cambiare direzione dedicandomi ai peperoni bianchi croati che di solito si cucinano ripieni di carne, per scoprire poi che nella farcia è presente riso crudo. Quando si dice il caso... I peperoni bianchi, babura paprika, in Croazia sono reperibili facilmente proprio in questa stagione. Ne ho in frigo tre e decido di prepararli, appunto, come  punjene paprike , ovvero farciti e cotti nel pomodoro, ricetta tipica che con piccole varianti è diffusa anche in altri Paesi limitrofi e che ogni famiglia, ovviamente, prepara secondo i propri criteri. La versione più semplice prevede di profumare carne trita di manzo o m

    riso Otello: un nero integral(ista)

    Il primo giorno di autunno una ricetta con le ultime verdure estive, che sono ancora buone visto che sembra far più caldo ora che nei mesi trascorsi... Sollecitata da alcuni dubbi posti sulle modalità di cottura del riso integrale e sull'utilizzo di varietà di riso "esotiche", ho pensato di provare le risposte sul campo e chiarire soprattutto le idee a me stessa, la prima che ha tutto ancora da imparare. Così, per prendere due piccioni con una fava, ho scelto un riso sia nero che integrale. No, non famoso ed idolatrato riso Venere, fantastica varietà di nobile origine cinese che, grazie a opportune ibridazioni, ora è coltivato anche in Italia.  Ho pescato  invece una varietà tutta italiana: il riso Otello, che deriva anch'esso da varietà cinesi ma è di concezione e di coltivazione tutta nostrana. Chissà se il  nome è stato ispirato ispirato dal famoso personaggio shakespeariano, dalla sua pelle scura e dalla sua natura piuttosto integral ista... Si utilizz

    precisazione:

    Per carattere tendo a tenermi in disparte e so che un comportamento simile in rete rema contro la normale volontà di visibilità di un blog che si rispetti: ho ricevuto spesso critiche per questo.
    Mi hanno anche fatto notare che non sempre racconto le manifestazioni a cui sono invitata da aziende e che non polemizzo con chi ha utilizzato i miei testi o le mie foto senza citare il mio blog.
    Ringrazio con passione chi mi rivolge queste critiche per affetto e chi mi sopporta lo stesso, nonostante non segua i loro consigli!