Questa tappa di Inseguendo l'arte da mangiare ci porta non solo in epoche territori già noti, ma anche a riammirare, oggi con un occhio leggermente differente, uno stesso dipinto del medesimo autore.
Siamo infatti di nuovo al cospetto del grande Caravaggio, scelto dentro il percorso di Uffizi da Mangiare questa volta da una coppia di chef che lo interpretanco con una ricetta raffinatissima, legata auna interpretazione quasi mistica, diversa dai ragionamenti sul vino che il dipinto aveva ispirato la scorsa volta.
Si tratta di nuovo della rappresentazione merisiana del Bacco, la cui genesi e simbologia è meravigliosamente illustrata in questa lezione in video, e che Uffizi da Mangiare questa volta ha affidato alle mani ed alle menti di una coppia di chef davvero unica, che fonde l'immagine del dio pagano con divinità indiane arcaiche attraverso un mantra vedico di oltre 100.000 anni.
Si tratta di Pietro Leemann e Sauro Ricci: il primo è il mitico fautore in Italia della cucina vegetariana di alto livello, il secondo è il suo executive chef esperto di cucina macrobiotica. Propongono in omaggio al dipinto un cerchio (forma simbolica) di verdure con quenelle di caprino di mandorle, tempeh fermentato in casa, carciofi arrostiti e, immancabile omaggio al dipinto, salsa di vino rosso. Questo il video del loro affascinante, imperdibile racconto.
Per conoscere il viaggio mistico di Leemann nel mondo del cibo e la sua sensibilità nei confronti dell'armonia e della bellezza basta leggere la presentazione che fa di sé e della propria evoluzione personale. E se torniamo al nostro Caravaggio arricchiti da questa conoscenza non possiamo che inoltrarci nel senso simbolico di ogni dettaglio, e soprattutto nel messaggio di caducità che deriva dalla frutta raffigurata imperfetta, troppo matura e toccata.
Leemann dice che sarebbe adatta per farne marmellate e a me viene subito in mente la ricetta quattrocentesca delle chomposte de state de pere, in cui delle pere cotte si servivano a strati con una composta di frutta e verdura profumata di vino e senape.
Se nel XV secolo la distinzione tra dolce e salato era ancora molto in là da venire, vediamo che all'epoca di Caravaggio, che dipinse il Bacco a Roma attorno al 1598, lo zucchero era già arrivato in Italia ma era ancora costosissimo e dunque trattato alla stregue di una spezia. Così tra le ricette di Bartolomeo Scappi, cuoco segreto (personale) di vari cardinali e poi di due papi nell'arco del '500, scopriamo che l'abbinamento tra frutta e zucchero può prendere due strade differenti.
C'è ad esempio, tra le ricette da lui descritte, un sapore di mele-pere e cipolle in cui pesta al mortaio i frutti crudi con cipolle cotte nella brace, tuorli sodi e pane ammollato in aceto, come nelle salse più antiche, ma poi cuoce la miscela in succo d'arancia e zucchero e la serve come una crema, calda o fredda, spolverata con altro zucchero e cannella, ingentilendo dunque il piatto che vuole essere particolarmente gradevole al palato, oltre che testimone di elementi pregiati.
E poi ci sono anche le sue suppe, che spesso accostavano ancora indifferentemente frutta e verdura e ne coprivano sostanzialmente i gusti uniformandoli con le spezie, ma che cominciano con lui a dividersi in zuppe di verdura con erbe, a volte con anche pesce o carne, in cui lo zucchero non è sempre presente e comunque raramente dominante, e zuppe di frutta, sostanzialmente dolci, che si servivano versandole calde sul pane come si fa oggi per le nostre zuppe rustiche.
E di queste ci occupiamo oggi, utilizzando i fichi che fanno capolino nella canestra di Caravaggio e seguendo in modo pedissequo la ricetta dello Scappi, che terminava di scrivere il suo trattato di cucina nel 1570, l'anno prima che nascesse Caravaggio, ma che con lui condivise il destino di nascere lombardo ed operare a Roma. La ricetta rispetto ai palati odierni resta perfettamente attuale: provare per credere!
Per fare suppe di diuersi frutti secchi.
Piglinosi le prugne secche, faccianonsi stare in molle con acqua tiepida, dapoi si facciano cuocere con uin bianco, zuccaro, garofani, noci moscate, & cannella peste insieme, et come saranno cotte, habbianosi apparecchiate fette di pane brustolite in piatti, e ponganosi sopra le prugne con la decottione, e seruanosi calde con zuccaro sopra. In questo modo si può ancho fare delle uisciole
secche, delli datteri tagliati per mezzo, et de i fichi secchi.
Unica nota: se nei banchetti cinquecenteschi un piatto simile sulle tavole nobili poteva comparire indifferentemente in qualsiasi fase del servizio, che era un susseguirsi di serie di portate dolci, agrodolci e salate insieme, ora lo servirei come colazione o merenda oppure come dessert, in questo caso lasciando addensare un pochino di più il fondo e riducendo le dosi del pane.
rivoli affluenti: la citazione di Bartolomeo Scappi e tratta dalla sua Opera, stampata nel 1570 e parzialmente riprodotta in: Benporat Claudio, Storia della gastronomia italiana, 1990, Mursia (il brano citato è a pag. 99) Capatti Alberto, Montanari Massimo, La cucina italiana. Storia di una cultura, 1999, Laterza, ISBN 88-420-5884-X Faccioli Emilio (cura), L’arte della cucina in Italia. Libri di ricette e trattati sulla civiltà della tavola dal XIV al XIX secolo, Einaudi, 1987 e 1992, ISBN 88-06-59880-5 Firpo Luigi (cura), Gastronomia del Rinascimento, 1973, Utet la foto degli chef è presa qui; l'immagine del dipinto viene da qui un altro esempio di "suppa" dolcesalata totalmente attuale? Questi secenteschi gnocchi di formaggio in brodo di pere...
SUPPA DI FICHI CON CROSTINI
ingredienti per 4 persone:
20 fichi secchi, circa140 g
200 g vino bianco dolce
2 cucchiaini di zucchero (+ x decoro)
1 punta di cucchiaino cannella,
1 pizzico appena di garofano
1 grattatina noce moscata
2 fette pane, in tutto circa 120 g
Ammollare i fichi in circa 300 g di acqua calda per cica 20 minuti, senza prima sciacquarli perchè la polverina bianca che li ricopre è semplicemente amido, che qui conserviamo perchè ci aiuta a legare appena il brodo.
Unire il vino, lo zucchero e le spezie, mettere sul fuoco e dal bollore cuocere a fuoco basso semicoperto per circa 30 minuti, fino a che i fichi sono morbidi e gonfi e il fondo accenna a restringersi. Non deve diventare uno sciroppo ma restare un brodino appena addensato e molto profumato.
Ridurre intanto il pane in rettangoli larghi circa 2 dita, tostarli, distribuirli nei piatti individuali e
e spolverarli con un pizzico di zucchero.
Distribuire i fichi nei piatti, versarci sopra il loro fondo di cottura e servire.
Leggerti è una continua scoperta e fonte di stimoli..Grazie!
RispondiEliminasecondo me se ti vai a vedere la prima narrazione riferita a questo dipinto, che trattava delle qualità di vino diffuse in quell'epoca, ti diverti ancora di più: lo trovi qui nel post con il link "la scorsa volta", appena sopra il logo degli Uffizi.
EliminaM’incanta la suppa! Devo assolutamente farla, per le sere d’inverno, o per le merende dei giorni piovosi.
RispondiEliminaconcordo, è particolarmente confortante.
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RispondiEliminaCoucou ,!!!! merci bcp pour la recette ! ça à l'air bon ! Bisous.
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