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pranzo giapponese parte 5: tsukemono, zuppa e dolcetti

Ed eccomi alle ultime ricette del mio pranzo giapponese dalle stagioni fluide, di cui avevo raccontato qui l'aperitivo con stuzzichini, qui dei piattini di verdure, qui il riso ai 5colori e qui il piatto d'onore, tonno stufato con funghi enoki.

Questo ultimo capitolo è dedicato invece a due presenze immancabili in un pasto giapponese, comunque sia composto: la zuppa e lo tsukemono, 漬物, ovvero una verdura conservata che, se in passato fungeva da unica risorsa disponibile oltre al riso per tutto l'anno, oggi è un elegante modo di separare tra loro i sapori delle vivande che accompagna.

E come tsukemono non potevo che presentare ai miei ospiti il kohaku namasu, il cui nome è composto da antichi kanji, 紅白 kohaku, ovvero "rosso e bianco", e dai temporalmente successivi caratteri kana, なます, namasu, "condito con aceto". 

Se infatti l'accoppiamento di bianco e rosso è nella cultura giapponese un antichissimo simbolo di buon auspicio (e ci sarebbe da parlarne per ore), dunque esiste il carattere antico per definirlo, e la conservazione in aceto tramite fermentazione parte in Giappone già nel XIII secolo con i suzuke, 酢漬け, è solo secoli dopo che compaiono gli asazuke, 浅漬, cioè i sottaceti non fermentati, come questo, che hanno una durabilità di pochi giorni perchè non nascono più con lo scopo di conservare le verdure per tutto l'anno. 

Il kohaku namasu è immancabile sulle tavole di Capodanno e delle occasioni speciali, e l'amica giapponese che mi ha insegnato la sua ricetta personale dice che tenuto in frigo per 2 o 3 giorni diventa sempre più buono, anche se consiglia di non superare la settimana o si sentirà solo sapore di aceto.
紅白なます -KOHAKU NAMASU- MARINATA DI DAIKON BIANCA E ROSSA
ingredienti per 8 persone:
100 g di carote
200 g di daikon (lato del ciuffo o parte centrale)
50 ml di aceto di riso
40 ml di dashi
2 cucchiai di zucchero
¼ cucchiaino di sale

Scaldare in un pentolino aceto, zucchero, dashi e poco sale. Quando lo zucchero è ben sciolto, spegnere e far freddare.

Ridurre a bastoncini, lunghi 5 cm e il più possibile sottili, carote e daikon, sfregandoli a mano a mano che vengono pronti tra le mani con una manciatina di sale, prima delicatamente fino a che si inumidiscono e poi in modo più deciso fino a che sono morbidi.

Far riposare le verdure così salate per 15 minuti in un colino, poi sciacquarle e asciugarle bene.

Trasferire le verdure nella marinata e lasciarle riposare coperte a temperatura ambiente da 30 minuti a 24 ore. Se non si consumano subito tenerle poi in frigo fino a 3 giorni.

Servirle in mucchietti ordinati, in ciotoline individuali, scolate ma con mezzo cucchiaino di marinata sul fondo.
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Altro immancabile pilastro del pasto giapponese classico è la zuppa, che storicamente rappresentava la prima fonte di sostanze nutritive accanto al riso "riempi-pancia". Ancora oggi viene servita da sorseggiare durante il pasto e a volte ne rappresenta la chiusura, non l'apertura.

In questo caso non si tratta della conosciutissima zuppa di miso ma è un brodo chiaro, l'altra fondamentale famiglia di zuppe giapponesi. Mi spiace per la foto di fortuna, che non suggerisce minimamente la delicata bontà di questa versione, che anche solo a inizio '900 sarebbe stata considerata "ricca" perchè contiene gamberi, una proteina decisamente nobile.

Piccola nota: mi rendo conto con orrore di non aver mai raccontato bene qui sul blog come si prepara un dashi tradizionale! Rimando dunque qui provvisoriamente alla ricetta basica di questo link, ma mi impegno a scrivere un post apposito al più presto... questa mia mancanza è imperdonabile! E capirei se, in attesa di un mio minuzioso articolo in merito, si preferisse utilizzare semplicemente lo hondashi, ovvero il brodo granulare. Il quel caso vanno portati a bollore 1,5 lt di acqua per poi unirvi 2 cucchiai di preparato prima di proseguire con la ricetta.
海老すまし汁, EBI SUMASHI-JIRU - BRODO CHIARO CON GAMBERI
ingredienti per 6 persone (occidentali, per 10 giapponesi)
per il brodo:
1,5 lt di dashi
1 cucchiaio sake
½ cucchiaino di sale
1 cucchiaio salsa di soia

per completare:
3 gamberi a testa, con il guscio
3 striscette a testa di alga wakame grandi come un pollice
1 fettina di daikon
sale

Sgusciare i gamberi lasciando la codina e privarli dell'intestino. Scottarli 1 minuto in acqua bollente con poco sale, levandoli appena cambiano colore. Se non si utilizzano subito lasciar freddare separatamente acqua di cottura e gamberi, poi unirli e tenerli in frigo fino all'uso. 

Ritagliare con uno stampino da ogni fetta di daikon uno o tre motivi decorativi. Se non si usano subito tenere i daikon ritagliati a bagno in acqua fredda.
 
Preparare il dashi come descritto, unendo fin dall'inizio anche i gusci dei gamberi, e filtrarlo. Poco prima di servire ammollare un minuto i pezzetti di wakame in acqua fredda.

Riportare a bollore il brodo e sciogliervi sake, soia e sale.

Disporre in ogni ciotola 3 gamberi, 3 pezzettini di alga e 1-3 decori di daikon, tutti ben scolati, versarvi sopra il brodo e servire.
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Teoricamente un pasto giapponese si chiuderebbe così, con un bicchierino di sake e/o una tazza di tè speciale da degustare alla fine. Ma i miei ospiti erano occidentali, dunque per chiudere ho servito insieme al sake anche un piattino di frutta, cosa considerata molto elegante e perfino lussuosa in Giappone, dove i frutteti scarseggiano e la frutta è molto preziosa e costosa. Il tè è stato accompagnato invece da un moderno biscottino al sesamo nero, di cui magari parlerò in un apposito post sulla curiosa pasticceria giapponese contemporanea.

la frutta, "botanicamente" definita in giapponese 果実, kaijitsu, quando compare sulla tavola prende il nome di kudamono, 果物, letteralmente "cosa umida e succosa", per distinguerla da altri dolci, come quelli di pasticceria o dai biscotti secchi. Proprio perchè altamente considerata in se stessa, questo piatto di frutta avrebbe potuto essere servito in purezza, con i singoli frutti ben sbucciati e/o tagliati disposti con garbo nella loro ciotola.

L'aggiunta di kuromitsu,黒蜜, sciroppo giapponese di zucchero nero (letteralmente "miele nero"), è dunque una piccolissima cortesia per noi Occidentali, ma se penso a quando mio padre ora ultranovantenne gioiva a Natale per aver ricevuto in regalo un mandarino comprendo perfettamente che, in presenza di frutta shun, 旬,cioè perfettamente in stagione, avremmo tranquillamente potuto fare a meno di ulteriori ingredienti.

Qui compaiono frutti estivi perchè il pranzo era a fine maggio, ma in questo periodo si possono sostituire le nespole con piccoli kaki e le fragole con rondelle di fico o di kiwi. E in ogni caso, se si preferisce la frutta aromatizzata e non si trova lo sciroppo giapponese, lo si può sostituire con melassa leggermente allungata con acqua oppure con miele o sciroppo d'acero, magari di quelli un po' scuri. Il nome del dessert comunque non cambia:
黒蜜と果物 - KUROMITSU TO KUDAMONO - FRUTTA CON SCIROPPO NERO
ingredienti per 6 persone:
6 nespole
6 grosse fragole intere con foglie, al centro
50 g di kuromitsu 
sale

Levare il nocciolo alle nespole, sbucciarle e tagliarle in 5 o 7 spicchi; disporle poi, ciascuna aperta come petali di un fiore, in ciotole individuali.

Al centro di ogni nespola mettere una fragola intera, completa di foglioline e picciolo. Sciogliere un accenno di sale nello sciroppo, versare sopra la frutta e servire... evitando possibilmente di scomporre la composizione di frutta, come invece è capitato qui nel trasportare la ciotolina.
  • rivoli affluenti:
  • nella prima foto, che segna la chiusura definitiva del pasto, verso il sake nel bicchierino di vetro, fino a che si riversara all'interno del masu, 枡, la misura di legno usata anticamente per la dose giornaliera di riso pro capite, ora uno dei contenitori tradizionali da cui sorseggiare il sake. Altro argomento che meriterebbe pagine e pagine!
  •  se si utilizza salsa tamari certificata invece della salsa di soia normale tutti i cibi di questa puntata sono naturalmente gluten free. Ovviamente tranne il biscottino! 
  • un buon testo che spiega le basi delle tecniche di preparazione degli tsukemono, sia con aceto che di altro tipo, è: Ogawa Seiko, Easy Japanese Pickling, in Five Minutes to One Day, Graph-sha, 2008 (terza ristampa), ISBN 978-4-88996-113-3.

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