Quando Il Clan del risotto del venerdì ha proposto come tema il risotto d'epoca sono istintivamente partita con la ricerca del prima citazione di un piatto che potesse somigliare al risotto come lo intendiamo oggi. Se pure il riso era conosciuto dai Romani, coltivato in Italia, soprattutto a partire dal XVI secolo ed appariva come ingrediente sulle tavole dei ricchi, lo si è cominciato a cuocere con il metodo della risottatura solo verso metà '800, quindi non occorre andare poi così indietro nel tempo.
Poi mi sono detta: ma perchè complicarmi sempre la vita quando ho memoria diretta di piatti anni '80 tranquillamente citabili come "d'epoca" in risotti improbabili quanto gustosi? Vogliamo scordarci ingredienti iconici e onnipresenti come pompelmo, rucola, salmone affumicato, palmito o pepe verde? E che dire della panna, il cui utilizzo "in qualsiasi salsa" per la verità inizia nei primi anni '70 e scema solo con gli albori del 2000?
Poi ho pensato che mi interessavano in verità di più le mode specifiche legate al riso, quelle ancora timide nel dopoguerra ma poi dilagate negli anni '70 (per i precursori) e '80 (per gli emulatori) in quella voglia dell'osare in cucina che ricalcava la sensazione di potersi permettere di tutto che sava cominciando a permeare anche la vita quotidiana il generale.
Durante i dialoghi nel Clan ne ho già citato esempi di famiglia, come il risotto mele e salsa Worcestershire o quello al blue curacao, ma in quella fase avevano grande successo in famiglia anche i risotti fragole e panna o quello arance e taleggio, per non farsi mancar niente.
Più di tutto però, per chi non lo ricordasse, la vera moda dei più glamour in quegli anni per il riso era darsi all'esotico e cuocerlo pilaf. Ovviamente la mia discendenza svizzera non mi può far ignorare in tal senso il riso Kasimir con pollo curry e frutta, di cui ho raccontato già essere un piatto delle feste della mia adolescenza, ne' quei pranzi della domenica sul lago di Como con il riso pilaf dell'allora ristorante del cuore, rosso di pomodoro e colorato con piselli e mais!
Così ho deciso che la giusta via era quella di mezzo cercare un pilaf d'epoca tra quelli più curiosi e trasformarlo in un risotto. Sarà che l'abbinamento del curry con la frutta è per me, come dicevo, un sapore d'infanzia, ma ci ho messo un po' a capire che il Riso alla banana da pagina 256 del numero di marzo del 1973 de La Cucina Italiana poteva non apparire tanto normale a qualcun altro almeno quanto la ricetta a fianco, quella di un risotto nasello e mascarpone...
All'epoca con la parola "curry" si indicava quel misto inglese di spezie indiane in polvere che in realtà non c'entra nulla o quasi con il concetto indiano di curry (ne accennavo
qui); la miscela cominciava ad apparire nelle cucine italiane, spesso usata a sproposito, per quella voglia di evadere dai confini che ha decretato, negli stessi anni, i primi successi dei ristoranti cinesi. Ma nella cucina della mia mamma svizzera, abituata a cucinare con le bustine pronte, il curry era di casa.
Ecco perchè a me è pasta subito una ricetta "normale". Quando però l'ho proposta (quella volta in versione originale "da rivista") all'essere napoletano che mi vive a fianco, lui si è stranito parecchio. E ho capito che sono io quella anormale. Quindi questo è il risotto che presento per la categoria "d'epoca" ma probabilmente avrei dovuto inserirlo in quella "famolo strano" della settimana scorsa!
Sostanzialmente la ricetta del '73 era, appunto per la moda del momento, un riso cotto con il metodo pilaf, anche se ancora non veniva citato per nome e la presenza del vino bianco ad ammorbidire le banane era quantomeno singolare. Qui ne riporto solo l'elenco degli ingredienti, con alcuni piccoli ritocchi miei, che ho indicato tra parentesi, così come ho segnato le dosi mancanti nell'elenco originale che però erano riportate nel testo della ricetta.
Mi incuriosiva molto la nota aspra della guarnizione, che nell'esperimento con l'essere avevo evitato perchè lui non ama i sottaceti, così oggi decido di portarla anche all'interno del risotto, in cui inserisco anche un po' dei colori dei decori visto che mi ero ripromessa di smetterla con i risotti beige!
Altra variante, rispetto alla presentazione della rivista, opto per un impiattamento decisamente più "anni '70". Per ottenere un risotto stravolgo infine il procedimento di cottura ma non perdo l'occasione di riportare qui due chicche d'epoca: le ultime righe della ricetta ed il successivo commento della mitica signora Olga.
Al termine del procedimento si scriveva: Può essere servito anche tiepido o freddo. E’ altresì adatto quale accompagnamento a vari piatti di carne; in quest’ultimo caso le dosi saranno più che sufficienti per 6-8 persone. Mi piacerebbe capire a cosa ci si riferisse, dei "piatti di mezzo" proposti sullo stesso numero: manzo alla birra, coda ai peperoni, pollo coi piselli o forse bianco costato alle erbe?
Questo invece... Il parere della signora Olga: eliminando il curry e il decoro, questa prima portata diviene particolarmente adatta alle persone anziane ed i bambini, perché è un piatto “dolce” e molto nutriente. In verità il sapore finale non è affatto dolce. L'essere può confermare,
RISTOTTO ALLA BANANA (E PEPERONE) COME NEL 1973
ingredienti per 4 persone:
350 g riso Vialone (io Carnaroli Riserva San Massimo)
1 cipolla, circa 100 g
30 g burro (usato nel soffritto insieme all'olio, io invece solo per mantecare)
1 banana matura
(1) spicchio di aglio
(1 cucchiaio di) curry (raso, che carico qui con un pizzico aggiuntivo di curcuma, sempre per il colore)
(½ bicchiere di) vino bianco secco
750 ml brodo anche di dado (il mio vegetale vero di carota, cipolla, sedano e zucchina)
(2 cucchiai di) olio di oliva
(sale)
per guarnire:
½ peperone rosso sott’olio (che veniva sbollentato col cipollotto, io parto da 1/2 peperone fresco)
1 cipollotto (come tocco di verde ho preferito coriandolo fresco tritato, coerente con gli altri sapori)
(1 cucchiaino di aceto bianco e 1 pizzico di zucchero, per il mio peperone)
Ridurre una parte del di peperone in 12 listerelle e scottarle per 5 minuti in 5 o 6 cucchiai di acqua portati a bollore con aceto e zucchero. Quando i peperoni sono morbidi ed il liquido è ridotto ad una cucchiaiata levare i peperoni dal tegame, conservando il loro fondo.
Tritare finemente cipolla e aglio e grossolanamente il resto del peperone.
Lavare molto bene la banana intera con acqua e bicarbonato. Inciderne la buccia su un fianco lungo le coste di una delle sue falde, asportare il lembo tagliato come un coperchio e scavare fuori la polpa dalla "vaschetta" di banana, tritandola grossolanamente. Irrorare la polpa e l'interno della vaschetta con il liquido dei peperoni, in modo che non anneriscano e insieme si insaporiscano.
Appassire nell'olio cipolla, aglio e peperone tritato. Quando sono morbidi unire la banana tritata, insaporire un minuto, unire il vino e lasciar cuocere per 4 o 5 minuti, mescolando spesso, fino a che la banana si è quasi spappolata ed il liquido si è asciugato.
Unire il curry e il riso, crogiolare e unire un po' di brodo bollente, portando poi gradualmente a cottura con il resto del brodo, aggiunto poco per volta, mescolando spesso. Attenzione che lo zuccherino della banana tenderà ad attaccare sul fondo abbastanza facilmente.
Regolare di sale se serve, mantecare con il burro a dadini ben freddo, unire quasi tutto il coriandolo tritato e lasciar riposare un paio di minuti.
Disporre parte del risotto sul piatto e parte nella barchetta di buccia di banana (in verità: o si preparano 4 vaschette o si dispone una banana unica su un piatto unico da portata). Guarnire con le listerelle di peperone agrodolci e un'ultima spolverata di coriandolo e servire, magari su tovaglia d'epoca stampata con vari cibi, tra cui un risotto...
Assicuro che il risotto alla banana è migliore ben caldo. E che la banana, come suo solito, non si sente!
- rivoli affluenti:
- per chi fosse interessato alla storia del risotto (che, no, non ho ancora scritto, grazie!) qui un buon articolo.
Davvero particolare, non lo ricordo ma ad onor del vero mia mamma ha sempre cucinato pietanze tradizionali. Sarei curiosa di assaggiare
RispondiEliminaper la verità anche la mia di mamma cucinava tradizionale... però svizzero! I risotti erano il campo sperimentale di mio papà, ma questo alle banane devo dire che non l'ha mai osato nemmeno lui. Buttati, che la banana davvero lascia una traccia particolare ma non sa di banana!
EliminaMi sono divertita tantissimo a leggere la tua presentazione: in particolare mi hanno emozionato i riferimenti al risotto taleggio e arance, a quello alle fragole e, su tutti, a quello al curaçao! Ancora oggi, per dire, ogni tanto propongo come aperitivo una miscela di un verdastro indefinito di prosecco, pompelmo e curaçao che ha le sue radici proprio nella zona spazio temporale a cui ti riferisci tu. Mi stupisco ogni volta di quanto siamo tutti profondamente figli della nostra storia!
RispondiEliminaIl risotto alle banane non credo che lo farò ma la foto delle pagine della Cucina Italiana del 73 valgono da sole l'intero post! Bellissimo!
infatti: oggi si parla di risotti vintage ma se ci facessero aprire il capitolo dei cocktail anni '80...
EliminaPS: e pensa che qualcuno mi ha pure regalato una Cucina Italiana del mio mese e anno di nascita... E' la prima cosa che ho guardato, ma c'erano sono ricette poco rappresentative di un'epoca: risotto ai piselli e pancetta, risotto pomodori e acciughe e un minestrone col riso. In compenso già appariva il cocktail di scampi e con le banane c'erano delle crepes flambate al cognac, da servire su vassoio d'argento.
Mi ispira ma tanto, tanto, tanto.
RispondiEliminaFa venire voglia di mangiarlo; mi piacerebbe farlo ma dovrei mandare la Manu a fare un giretto mentre lo cucino-
Brava
bravo tu con il tuo risotto alle fragole, che mi ha tentato fino all'ultimo (se non che quello di mio padre era mantecato con frullato di fragole e panna e mi sembrava troppo "scorciatoia"). Per la Manu non ti preoccupare: il sapore che lascia la banana non è quello di banana e l'essere qui, a cui l'ho servito impiattato senza la "barchetta", ha prima apprezzato e poi si è sconvolto quando gli ho elencato gli ingredienti... ma glielo ho detto dopo che l'aveva mangiato! Comunque in questo caso contribuisce anche il curry a sviare, come nel risotto che ho linkato sopra aiutava il gorgonzola...
EliminaEffettivamente sarebbe stato più da "famolo strano" 😁😁😁 mai provata la banana nei piatti salati, con calma ci arriverò, devi studiarmi tutti i tuoi link!!
RispondiEliminaforse quando mi hai invitato in mezzo a tutti quegli chef non ti eri resa conto cosa ti stavi portando in casa e di che magre figure ti avrei fatto fare...
EliminaPer me non è terribile l’idea di banana nel riso, ha un suo senso in linea con l’idea dell’esotico più hawaiano e polinesiano che asiatico di moda in quegli anni tra club med e USA. Mi chiedo se la CI non abbia semplicemente usato una comoda banana al posto di un platano di difficile reperimento. L’entrata nel mercato europeo dei giganti USA del commercio alimentare aveva reso comuni prodotti un tempo carissimi come le banane appunto. Il marito di mia mamma ricorda quando in Francia da ragazzo aveva comprato un casco di banane che in Italia non c’erano, era l’inizio degli anni Cinquanta e le banane erano maturate troppo nel suo zaino mentre in bici tornava verso Firenze. Venti anni dopo le banane erano diventate una merenda o un fine pasto alla moda. Nel riso la banana poteva fare l’occhiolino ai piatti che in vacanza esotica i più ricchi tra gli italiani cominciavano a conoscere.
RispondiEliminaIn fin dei conti una fusion di zone diverse: meno Africa e più Polinesia.
Mi piacerebbe vedere tutta la ricetta originale, anche.